La tutela dell’individualita’ come garanzia della libertà
Lunedì 15 aprile abbiamo presentato, in occasione delle serate dedicate ai Classici del Pensiero liberale e libertario, “L’eutanasia dello Stato”, di William Godwin. Erano con noi Pietro Adamo, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Torino, Paolo Luca Bernardini, professore di Storia moderna presso l’Università degli Studi dell’Insubria e Flavia Monceri, professore di Scienze sociali e della formazione presso l’Università degli Studi del Molise. Pensiamo sia legittimo chiedersi come uno scrittore di non certo vasta notorietà, nato pochi anni dopo la metà del XVIII secolo in Inghilterra in una famiglia di Dissenzienti, cresciuto in un ambiente religioso e sociale perseguitato, conosciuto ad alcuni per la relazione tormentata con la scrittrice protofemminista Mary Wollstonecraft, incline ad un anarchismo che non abbandonerà, di fatto, mai per tutta la sua vita, ebbene riteniamo sia corretto chiedersi come un autore di questo tipo possa avere un posto all’interno della storia del pensiero liberale, negli anni di Montesquieu, David Hume, Adam Smith e Benjamin Constant, per non citare che alcuni esponenti di quel periodo. Proviamo a suggerire che le motivazioni siano più di una. Innanzitutto. proprio perché Godwin rappresenta e definisce i caratteri di un nascente anarchismo, orientato alla valorizzazione piena e per certi versi esclusiva dell’esperienza individuale oltre che alla critica ed alla polemica talora estrema verso le forme di autoritarismo statuale che oltre passassero i limiti dell’autonomia interiore ed esteriore di ogni singola persona. In quest’ottica, l’anarchismo di Godwin, particolarmente attento alla tutela delle linee di rispetto dei domini individuali e rigoroso nel definire una serie di colonne d’Ercole oltre le quali le istituzioni sovra personali non potessero spingersi, può costituire ancora oggi per la filosofia politica liberale sia un valido monito cui guardare che un’esperienza intellettuale capace di fare da riferimento in presenza dei tentativi sempre più ampi di sconfinamenti da parte dello Stato, soprattutto per questa nostra contemporaneità, L’anarchismo di Godwin assume, allora, il valore di un antidoto e di un promemoria, per non dimenticare mai che le istituzioni devono essere a servizio dell’uomo e della donna e non viceversa. A seguire, le considerazioni espresse da questo autore per molti versi au debord dei suoi anni, così come espresse lungo tutto l’arco della sua attività, dall’opera sua più famosa del 1793 (“An Enquiry Concerning Political Justice”) passando per la sua attività di romanziere (su tutti, “Le avventure di Caleb Williams”, del 1794) e per la sua attività di polemista (celeberrimo lo scontro che ebbe con il Reverendo Thomas Malthus) fino ad arrivare alla sua ultima fatica, i “Thoughts on Man” del 1831, ebbene l’insieme delle sue riflessioni ci consegna una prospettiva insolita e affascinante di un periodo che sta vedendo il compimento pieno dello Stato moderno. Tra 1756, anno della sua nascita, e 1836, anno della sua morte, si definisce un arco temporale che consegna l’Europa dall’Ancien-Régime alla piena attuazione di un nuovo, differente scenario. In mezzo, la Rivoluzione Industriale, quella Americana, le grandi contraddizioni di quella francese, Napoleone, la Restaurazione ed i fermenti di un’età di crisi, di immani difficoltà, ma anche di allargamento delle opportunità. In tutto questo caleidoscopico spettro di contrasti e di conquiste, le idee di Godwin possono risultare insensate, ma non è così, come ben si può capire. In un’età che ai suoi occhi sembra orientarsi verso l’uniformità e l’obbedienza, Godwin, Dissenziente per formazione e vocazione, lancia un messaggio ad ogni essere umano, per far sì che ognuno non si dimentichi di se stesso. Godwin, come detto, indica i limiti e ci mette in guardia di fronte alla marea montante di istituzioni che, nate nelle intenzioni per tutelare gli uomini e le donne, sfuggono loro di mano seguendo un moto perverso e pericoloso per la loro libertà. In questo senso, ben si comprendono i moniti che Godwin lancia alla politica affinché non si dimentichi mai che essa è e deve continuare ad essere una parte della morale ed, allo stesso modo, nello spirito della più classica tradizione del liberalismo classico, si intendono i due esclusivi scopi legittimi del governo, ossia l’eliminazione dell’ingiustizia e la difesa comune contro le invasioni. In buona sostanza, la salvaguardia della sicurezza, la presa sul serio del concetto di “stato come guardiano notturno”, ossia come arbitro e giudice, oltre che sorvegliante per l’incolumità di ciascuno. Questo programma, insieme, definisce con maggior precisione le idee di Godwin e le pone in un contesto dove era ancora possibile un dialogo fattivo tra ciò che si riteneva come conseguente all’elaborazione liberale e una prospettiva in cui l’individuo, nelle sue scelte, era ritenuto sovrano intangibile. A rigore, è più per ciò che queste idee presuppongono che per quanto queste idee affermano che si deve ravvisare il loro valore e la loro profondità. Godwin ha saputo pronunciare parole molto forti a favore della centralità dell’indipendenza ed ha saputo essere molto deciso nel difendere la libertà, facendo tutto questo in nome della tutela dell’individualità.