A difesa della libertà di opinione

A difesa della libertà di opinione

Mercoledì 24 aprile abbiamo presentato, in occasione delle serate dedicate ai Classici del pensiero liberale e libertario, “Contro i demagoghi”, di James Fenimore Cooper. Erano con noi Alberto Giordano, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Genova, Maurizio Serio, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi ed Andrea Catanzaro, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Genova. Cooper, come sanno i più, è noto prevalentemente per la sua opera narrativa, per i suoi molti romanzi sulle tematiche della frontiera e dello spirito dei pionieri oltre ad essere legato alla fama che gli venne dal suo libro più noto, “L’ultimo dei Mohicani”, pubblicato nel 1826. Stiamo parlando di un Autore nato un paio di mesi dopo la presa della Bastiglia, ma in quegli Stati Uniti che già da oltre un decennio avevano avviato la loro Rivoluzione, con la loro Costituzione, la loro Proclamazione di Indipendenza ed i loro Emendamenti. Una Repubblica che era stata capace di vincere una guerra contro la potenza inglese, che si era affrancata dalla tutela degli ex dominatori, ma che stava cercando di trovare, con l’energia e la forza straordinaria che si potrà ravvisare in ogni frangente della storia del Nuovo Mondo, una propria dimensione, all’interno ed all’esterno. Dopo la grande stagione dei Padri Fondatori, gli Stati Uniti stavano cercando di capire quale dovesse essere la loro strada e, pur negli scontri e nelle grandi tensioni che stavano preparando le condizioni per lo scoppio, a metà del XIX secolo, della Guerra Civile, la formidabile vitalità della Nazione si stava ampliando ed aveva avviato una colonizzazione verso Ovest che aveva i connotati dell’epopea. Cooper seppe comprendere e cogliere le molte componenti che costituivano il complesso mosaico del suo eccezionale Paese e seppe dare loro voce nelle sue narrazioni, nelle sue storie, nelle sue ambientazioni. Ma James Fenimore Cooper seppe essere uno scrittore più ricco, un polemista ed un autore di saggi brevi e pamphlet per difendere le conquiste degli Stati Uniti e la forma repubblicana quando si trovò a viaggiare in Europa attorno agli anni Venti e Trenta dell’Ottocento. Ma non cessò di commentare la situazione politica e costituzionale americana nemmeno al suo rientro dal 1833, quando la sua voce seppe porsi all’attenzione del pubblico grazie ai suoi molti interventi, che ne fecero un riferimento culturale ed intellettuale. Questa volta, al posto degli Europei contro cui difendere il senso dei valori della Nazione Americana e della Repubblica uscita dalla Rivoluzione del 1776, le sue riflessioni erano dirette verso settori ben precisi della vita culturale e politica, per tenere sempre alte la centralità e la necessità della libertà di coscienza, per esempio. Ma sono le considerazioni intorno alla democrazia a rendere sicuramente ben più che stimolante lo studio delle posizioni di Cooper, che, al netto di un’indubitabile propensione per la democrazia, non manca, tuttavia, di segnalarne le problematiche ed i limiti. Mette conto, in questa sede, citare un passaggio di notevole rilevanza per capire come i timori pressoché contemporanei di un grande analista liberale come Alexis de Tocqueville fossero condivisi anche da Cooper : “[…] la democrazia porta con sé delle deficienze gravi, crescenti e peculiari della sua forma”. Se anche il romanziere del New England non aveva la capacità stilistica del grande pensatore politico normanno, ciò non di meno sapeva essere efficace e la citazione di sopra lo dimostra. Cooper espresse a più riprese le sue preoccupazioni di fronte a ciò che la forma democratica in sé sembrava avere come conseguenza. E se le istituzioni americane gli sembravano, parafrasando un altro suo passo, in marcia verso un allargamento dei diritti, questo non gli impediva di vedere delle gravi disfunzioni che potevano venire dalla centralità che nelle istituzioni democratiche è data all’opinione pubblica. Se essa è, come è dato essere dalla stessa struttura democratica, tanto importante, risultano incontestabili i pericoli che emergevano dal sorgere di manipolatori senza scrupoli, di corruttori del sentire comune per finalità che erano indirizzate ad interessi di parte, o, addirittura, a basse manovre egoistiche. I demagoghi, che tanto erano stati stigmatizzati e censurati fin dall’antichità, riemergevano nella loro valenza negativa in un contesto differente, ma sempre esposto ai rischi del condizionamento delle masse. In questo senso, la modernità e l’attualità di Cooper sono un portato incontestabile delle sue riflessioni, che sfida i decenni per presentarsi con freschezza a stimolare noi contemporanei di una nuova età demagogica, uno scenario dove potenti mezzi di persuasione cercano di condizionare le scelte e le idee. L’antidoto consigliato da opporre ai vecchi ed ai nuovi demagoghi è proprio la libertà di coscienza, la libertà di opinione, la libertà di scelta, tutti aspetti del pensiero liberale più autentico. Oggi come in passato, questo pensiero ha saputo e voluto difendere la libertà individuale in tutte le sue forme da tutti i condizionamenti. read more