Maffeo Pantaleoni, ricercatore del senso del suo tempo
Martedì 29 ottobre, in occasione delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale e libertario, abbiamo presentato il libro di Maffeo Pantaleoni “Erotemi di economia”. Erano con noi Manuela Mosca, professore di Storia del pensiero economico presso l’Università del Salento, Piero Bini, professore di Economia e Storia del pensiero economico presso l’Università di Roma3 e Nicola Giocoli, professore di Economia politica presso l’Università di Pisa. Si tratta di un libro pubblicato, originariamente, presso i tipi di Laterza nel 1925 e successivamente ripubblicato presso la casa editrice Cedam di Padova nel 1963. Stiamo, pertanto, parlando di un libro ormai entrato nel secolo dalla prima pubblicazione, fatto uscire l’anno successivo rispetto alla morte del suo Autore, di cui, lo scorso anno, appunto, si ricordavano i cento anni dalla scomparsa. E’ comunque un’opera che, al netto di un inevitabile radicamento al contesto teorico-linguistico dell’epoca, mostra ancora la sua freschezza oltre a notevoli punti di interesse. E’ opportuno premettere sempre, quando si affrontano dei classici, che la questione della loro attualità non dovrebbe essere vista come un metro di giudizio fondamentale per la loro valutazione. Molti testi, se non tutti, vanno valutati primariamente per il loro radicamento contestuale, proprio in quanto espressione di una ben precisa cornice concettuale e di posizioni storicamente determinate, sulla quale ogni valutazione di merito, radicata ineluttabilmente su idee ancorate nel presente, si trasforma fatalmente in qualcosa di infondato e di anacronistico. Questa avvertenza metodologica è particolarmente applicabile per un caso come quello di Maffeo Pantaleoni, economista tenuto in alta considerazione ai suoi tempi, che va, tuttavia, compreso e letto all’interno di una parabola che ebbe sicuramente risvolti ed esiti quantomeno discutibili come pure una serie di posizioni teoriche di tutto rispetto. In questa sede si cercherà di analizzare proprio il Pantaleoni economista, ed in particolare lo studioso di vaglia che emerge da un’opera vasta come gli “Erotemi di economia”, una sorta di compendio e di sintesi delle principali posizioni dello studioso frascatano dall’inizio del Novecento alla morte. Ne emergerà un sostenitore non ideologico del liberismo, quanto, piuttosto, intimamente convinto, al punto da spendersi personalmente nella convinzione di poter convertire ad esso sia Mussolini che la politica economica del nascente regime fascista. Maffeo Pantaleoni fu una personalità molto complessa, difficile, per certi versi scontrosa e combattiva ai limiti dell’invettiva, un polemista per nulla incline alle mezze misure ed uno studioso di economia di valore assoluto, i cui indubbi meriti e le originalissime intuizioni stanno ricevendo ultimamente l’attenzione che uno studio non condizionato merita, al fine di restituire l’interezza anche intellettuale di un analista estremamente lucido. Seppe opporsi da par suo alle commistioni tra politica e mondo dell’imprenditoria, fu l’implacabile censore della corruzione, dei monopoli, del capitalismo assistito e compromesso dall’abbraccio soffocante dello stato, un abbraccio che ne snatura la funzione e la natura, Pantaleoni, inoltre, presagiva, come conseguenza inevitabile dell’allargamento del suffragio, uno spostamento dell’asse politico verso il socialismo e il cristianesimo sociale, due esiti che rigettò sempre decisamente. E, fra i due, in special modo il primo,vale a dire il socialismo, che fu il suo bersaglio costante e la sua continua fonte di preoccupazione. La sua comprensione delle dinamiche sociali, economiche e politiche, con le quali non esitava a misurarsi da diversi pulpiti, unita ad un temperamento per nulla incline al compromesso o al comodo accomodamento, ne fecero, spesso, un testimone scomodo della sua epoca e di un contesto storico che, al contrario, faceva del disinteresse per i principi e per accordi davvero “scandalosi” il perno attorno cui ruotare lo sviluppo delle istituzioni. Pantaleoni avvertì, come altri, il timore per una società appiattita e statalizzata e seppe comprendere perfettamente le ansie e le tensioni che pervasero l’Europa dei primi quindici anni del XX secolo, leggendo, di conseguenza, anche la Prima Guerra mondiale, e, soprattutto, la Rivoluzione bolscevica come inopinati allontanamenti – quando non palesi sconfessioni – da quel mondo democratico liberale guidato dall’economia libera di mercato. Un ordine che, faticosamente, ma con significativi progressi generalizzati, stava guidando l’Occidente e che si era dimostrato capace di condurre la civiltà verso strabilianti risultati. Si potrebbe, applicando un’analogia ardita, ma, probabilmente, non aliena da elementi di verità, accostare questi progressi e questi risultati della civiltà occidentale con quella metodologia evocata nel sostantivo, desueto e non certo di uso comune, del titolo. Ci riferiamo all’argomentare filosofico di ascendenza socratica che interroga incessantemente, ricerca, pone quesiti per giungere ad una serie di conclusioni fondate sulla razionalità. Maffeo Pantaleoni fu un instancabile “ricercatore”, in questo senso, un economista che interrogò il suo mondo e il suo tempo per comprenderne il senso e la tendenza