L’anarchismo libertario di Murray Newton Rothbar

L’anarchismo libertario di Murray Newton Rothbar

Lunedì diciotto settembre abbiamo presentato, in occasione delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale e libertario, “Contro l’egalitarismo”, di Murray Newton Rothbard. Erano con noi, Roberta Adelaide Modugno, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi Roma Tre, Arianna Liuti, dottore di ricerca in Scienze politiche presso l’Università degli Studi Roma Tre e Greta Mastroianni Greco, dottore di ricerca in Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi Roma Tre. Questo volume raggruppa tre saggi che, in ordine cronologico, sono intitolati “La tutela dell’ambiente nel libero mercato” (1970), “Libertà, disuguaglianza, primitivismo e divisione del lavoro” (1971) e “L’egalitarismo come rivolta contro la natura” (1973). In questi anni, la società americana stava vivendo un periodo di profonde mutazioni, di notevoli cambiamenti, di incontestabili lacerazioni, di evidenti crisi e di altrettanto palesi tensioni. In questo contesto, che vede l’ampliarsi della spesa pubblica e, conseguentemente, del ruolo dello stato nella vita degli individui, che registra l’intensificarsi delle battaglie per i diritti civili, la contestazione studentesca, il conflitto in Vietnam e che, quindi, scava ulteriormente il fossato tra la politica e la società civile, si inserisce la parabola intellettuale di Murray Newton Rothbard e lo fa in una modalità di cui questi tre saggi possono costituire una validissima testimonianza. Infatti, essi giungono alla fine di quel periodo in cui l’Autore elabora e rende esplicite le proprie coordinate teoriche, quelle stesse che costituiranno i nuclei espressi in “Power and Market”, in “For a New Liberty. The libertarian Manifesto”, fino alla raccolta di saggi “Egalitarianism as a Revolt against Nature”, nuclei del pensiero libertario per come Rothbard li elaborò e pubblicò proprio tra 1970 e 1974. Inevitabilmente, anche nelle opere sistematiche più strutturate di Rothbard, o perlomeno in quelle che costituiscono il movimento di rinascita delle idee liberali rigorose, debitrici dell’eredità e del retaggio della tradizione americana dei Founding Fathers e di una visione tipicamente allergica al centralismo e alla presenza invasiva di governi che pervadono gli ambiti propri delle attività individuali, ebbene anche nelle opere più organiche di questo periodo troviamo i temi affrontati in questi saggi : l’ecologia di mercato, di fronte al sorgente ambientalismo, la questione del lavoro, inserito in un’ottica di libertà di impresa e di tutela, conseguentemente, della disuguaglianza, e il conflitto tra l’eguaglianza dei diritti, da un lato, e l’egualitarismo utopico ed antiumano dall’altro. Ma quello che, soprattutto, si può ravvisare, è l’intuizione che una società improntata sull’anarco-capitalismo possa cercare di risolvere il dilemma del potere. Ci riferiamo non solo ai problemi empirici e quotidiani connessi con l’esercizio della coercizione, ritenuta necessaria anche dal liberalismo classico, ma con la proposta di superamento della prospettiva stessa ricorrendo alla forza ed alla continua originalità propulsiva del libero mercato. Questi tre saggi, in questo inevitabili specchi della preoccupazione e della sensibilità del loro Autore in questo periodo, partono da un’analisi spietatamente critica delle logiche stataliste e delle ideologie loro soggiacenti, ma si aprono, di seguito, sulla possibilità di un loro superamento, basato, su un riorientamento, su un cambio totale di prospettiva, su un’inversione copernicana. Rothbard non si limita alla pars destruens, ma prova a fornire una pars construens, un’alternativa focalizzata su alcuni punti fermi ed imprescindibili : il rispetto assoluto della proprietà privata, di sé e dei beni legittimamente acquisiti, oltre che l’assioma di non aggressione (“nessuno può aggredire la persona o la proprietà altrui”), il tutto incardinato nello scrigno della visione giusnaturalistica rinnovata. Se a queste coordinate aggiungiamo la fiducia piena e completa nei valori e nelle virtù di un mercato autenticamente libero e nella parallela, necessaria, retrocessione dell’impianto statuale al rango di possibile preferenza fra molte e non di monopolista, otteniamo, seppur a livello di semplice accenno, il senso di una modalità diversa non solo dai suoi contemporanei, ma, ancora, dalla nostra vaga postmodernità. La lettura di Rothbard ha, anche, questo effetto, ossia quello di offrire davanti a noi la possibilità di una fuga dai lacci della coercizione. Nei suoi confronti si sono alzate, e continuano ad alzarsi, molte critiche, talvolta giustificate da un percorso non sempre lineare e tuttavia contro Rothbard non può sicuramente essere evocata l’accusa di essere freddo, asettico e convenzionale. Rothbard si staglia come chi sorregge un lume nella tempesta, e quindi rischia di veder spegnere la fiammella, o come chi tiene ben salda una luce nella notte, indicando generosamente il cammino pur attirando insetti molesti. read more

Dialoghi sul clima. Tra emergenza e conoscenza

Dialoghi sul clima. Tra emergenza e conoscenza

Il titolo è un invito al dialogo, rivolto a quei catastrofisti che pretendono di rappresentare il verbo della verità assoluta, dileggiando gli obiettori che essi chiamano negazionisti, deturpando e svilendo il termine usato per chi nega la shoah. Si tratta piuttosto di confrontare numeri e fatti e non ideologie preconcette.
Il libro è scritto a 40 mani … infatti gli autori sono 20 insigni scienziati che espongono valutazioni e precisazioni sui numeri sbandierati da chi prefigura imminenti catastrofi del nostro pianeta (n.d.r.: che con ogni probabilità sopravviverà ancora per qualche centinaio di milioni di anni).
Che il clima sia cambiato non è oggetto di discussione nè di negazione.
Il libro offre argomentazioni che sono più ampie della semplicistica sintesi che ha come bandiera la famigerata, e ormai inflazionata, Anidride Carbonica, detta anche CO2 che fa più figo e “scientificoso”.
L’obiettivo è quello di condividere l’essenza dei numeri misurati, per rimanere alla larga da interpretazioni arbitrarie o preconcette.
Ad esempio, il capitolo del Prof. Mario Giaccio offre un esempio dimensionale di uno dei fenomeni osservati: il Professore non nega le GigaTonnellate di anidride carbonica causate dall’uomo (22,3Gt nel 1990; 34,2 Gt nel 2019), ma le mette nel contesto del totale delle GigaTonnellate esistenti in atmosfera (3.000Gt) e negli oceani (3.600Gt).
Il tema meriterebbe freddezza e obiettività, o almeno impegno a mantenere l’una e l’altra. A titolo esemplificativo, si leggono prese di posizione orientate più al discredito degli obiettori o alle percentuali di “consenso” invece che al contenuto dei dati numerici; semmai alla loro rappresentazione o interpretazione.
Ferdinando Cotugno (giornalista di “Domani”) scrive di: Pseudoscienziati e media – La galassia dei negazionisti; la nuova frontiera del populismo climatico si alimenta di personaggi screditati dalla comunità scientifica. Il rischio è che questo atteggiamento si saldi con gli interessi di chi vorrebbe mantenere lo status quo …
Che insiste sull’uso inopportuno di negazionismo, mettendo in dubbio il valore degli autori, definiti arbitrariamente “pseudoscienziati”. read more

Il vecchio mondo è nel Mondo Nuovo

Il vecchio mondo è nel Mondo Nuovo

Lunedì quattro settembre scorso abbiamo presentato, in occasione delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale e libertario, “L’antico regime e la Rivoluzione” di Alexis de Tocqueville. Erano con noi Giovanni Giorgini, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Bologna, Mario Tesini, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi di Parma e Roberto Giannetti, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università di Pisa. Siamo di fronte ad uno dei testi più rilevanti ed originali della storiografia politica e sociale, un vero e proprio spartiacque sia nella trattazione intorno al macro evento “Rivoluzione francese” che nella storia del pensiero critico intorno ad un’intera età, con implicazioni dalla portata talmente significativa da uscire dai limiti pur ampi e profondi relativi all’oggetto del componimento. E pur trattandosi di un’opera non terminata causa l’aggravarsi delle condizioni di salute di Tocqueville e la morte sopraggiunta prematuramente, siamo comunque in presenza di una serie di intuizioni, oltre che di un ideale filo che lega le varie parti dell’opera, di valore assoluto. Questo libro, che cerca di studiare la Rivoluzione nelle sue componenti, nelle sue cause, nelle sue istanze interne e nelle sue ripetizioni, non si presenta come una cronaca di quel complesso di momenti, situazioni, accadimenti che sancirono della Rivoluzione quello stigma di frattura epocale tra un’epoca ed un’altra, tra un mondo ed un altro, quanto piuttosto uno studio della stessa mediante l’individuazione delle cause politiche, sociali e culturali che condussero i francesi e la nazione al tipo di esiti che, di fatto, si verificarono. L’opera presenta una complessità formale e sostanziale davvero rilevante e nello spazio di una necessariamente breve recensione, come l’uso e l’opportunità nello specifico chiede di fare, non si può certo pretendere di esaurire nemmeno lontanamente la sua ricchezza, vastità e  profondità. Ogni capitolo, infatti, di cui è composta l’opera può presentare spunti di indagine e motivi di riflessione di qualità tale da essere di per sé stessi oggetto di discussione. E le stesse tesi di fondo, come pure le coordinate critiche che al lavoro soggiacciono, potrebbero, per originalità e proprietà di esposizione, costituire a loro volta lo scenario di ulteriori riflessioni, quali sempre Tocqueville è in grado di suscitare. Ci limiteremo, allora, ad un resoconto di semplice commento dell’impianto strutturale dell’opera, per notare come, nel primo libro – dei tre di cui è costituito “L’antico regime e la Rivoluzione” – l’Autore rilevi la contraddizione dei giudizi iniziali sulla Rivoluzione e come essa sia stata impropriamente definita come un evento teso a distruggere il potere religioso, ma, anzi, come la Rivoluzione stessa abbia un’impronta marcatamente politica secondo modalità di tipo religioso. Solo questo basterebbe sia a ridefinire molte interpretazioni accettate anche ai nostri giorni che a presentarsi come uno strumento di indagine nuovo, ossia una categoria di lettura che mescola sapientemente piani interpretativi differenti per definirsi come una chiave ermeneutica nuova, feconda e capace di aprire orizzonti. Nel secondo capitolo si assiste alla disamina del periodo che ha preceduto la Rivoluzione come a quel  momento che, amministrativamente, politicamente, giuridicamente e socialmente, è in grado di spiegare la Rivoluzione stessa, che è un evento dalle caratteristiche molto meno “rivoluzionarie”, se si passa il gioco di parole, di quanto comunemente si ritenga. Il terzo libro si occupa del XVIII secolo, ossia dell’immediata prossimità dell’evento, e di esso vorremmo ricordare, fra le molte perle, la rilevanza data alla componente intellettuale nello svolgersi degli accadimenti.  read more

Thomas Jefferson, Padre Fondatore e interprete dello spirito statunitense

Thomas Jefferson, Padre Fondatore e interprete dello spirito statunitense

Lunedì 31 luglio abbiamo presentato, nell’ambito delle serate dedicate agli statisti che si sono ispirati o hanno avuto parte nel pensiero liberale, “Il pensiero politico di Thomas Jefferson” di Luigi Marco Bassani. Erano con noi, oltre all’Autore, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi di Milano, anche Dario Caroniti, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi di Messina e Giuseppe Martinico, professore di Diritto pubblico comparato presso la Scuola Superiore S.Anna di Pisa. read more

Le radici cristiane del concetto di ricchezza

Le radici cristiane del concetto di ricchezza

Friedrich von Hayek, uno dei massimi esponenti della scuola austriaca e Nobel per l’economia, disse: << se i socialisti capissero l’economia non sarebbero socialisti>>.
Questa affermazione non è una semplice massima riferita ai soli socialisti, ma perfettamente calzante anche per i meglio vestiti keynesiani.
In quest’opera dal titolo “Per Dio e per il profitto” di Samuel Greeg sarà, per l’ennesima volta, comprensibile la differenza di metodo scientifico di studio fra le due principali scuole di economia. Quella socialista, aprioristica, sorda e negazionista delle esigenze dell’uomo e la scuola austriaca frutto di una continua ricerca filosofica sui benefici dell’azione umana e pienamente consapevole dei diritti naturali dell’individuo.
E se utilizzassimo il titolo, evocativo, di una delle più importanti opere di Ludwig von Mises, “L’Azione Umana”, avremo una chiave di lettura illuminante per questa opera.
Lo scritto trattando la questione del prestito del denaro e se l’applicazione degli interessi sia moralmente accettabile, affronta 2500 anni di storia, a partire da Aristotele, per spiegare come il rapporto fra economia e morale cristiana sia stato profondamente e attentamente affrontato dalla teologia morale alla ricerca della ragionevolezza dell’azione umana.
È infatti al cristianesimo dell’Europa medievale e ad una delle sue massime espressioni, il monachesimo, cui si devono i meriti per il progresso e la ricchezza economica e morale, sebbene oggi in forte declino, dell’occidente.
Samuel Gregg evidenzia come nella ricerca del bene, del male, della libertà e del bene comune, la cura per la giustizia e la povertà siano argomenti costanti che permeano le riflessioni delle scritture, dei padri della chiesa dei teologi medioevali e dei pensatori cristiani.
Ed in questa ricerca critica sulla natura delle azioni dell’uomo, se siano moralmente accettabili gli strumenti che hanno consentito all’umanità la possibilità di aiutare milioni di persone a fuggire dalla povertà, dalla fame, dalle carestie, dalla scarsità di beni e ottenere straordinari successi sulla base del rispetto e della consapevolezza della proprietà privata e dei suoi inesauribili benefici.
Ed è proprio la produzione di ricchezza e l’eccesso di ricchezza, non utilizzabile per soddisfare i bisogni primari, che può essere utile e utilizzabile rendendola disponibile, anche con strumenti finanziari, per la creazione di nuova ricchezza.
Gregg dimostra come la fede cristiana e la ragione, lungi dall’essere destinate a produrre instabilità economica e crisi finanziarie, possano dar vita a istituzioni bancarie, pratiche e strumenti finanziari generatori di ricchezza e morali; come avvenuto durante il boom economico italiano degli anni 50 e 60 caratterizzato da una chiara identità cristiana nella volontà di sconfiggere la povertà attraverso la creazione di ricchezza