Una visione del conflitto israelo-palestinese dal di dentro

Una visione del conflitto israelo-palestinese dal di dentro

Lunedi 22 luglio, è stato presentato il libro “7 ottobre. Israele brucia” alla presenza dell’autrice, Fiamma Nirenstein, (nota giornalista italiana e israeliana, che collabora con quotidiani, radio e tv, già docente per diversi anni di Storia di Israele e del Medio Oriente all’Università Luiss di Roma e membro del think-tank israeliano Jerusalem Center for Public Affair, parlamentare italiana dal 2008-2013), della giornalista Ludovica Iacovacci e del professor Giorgio Sacerdoti, giurista.
Il libro è un intenso grido di dolore, di indignazione e scandalo per quanto accaduto il 7 ottobre 2023 con il massacro compiuto da Hamas. Vi si raccolgono nella prima parte gli articoli che nei mesi precedenti l’eccidio erano un invito a prendere coscienza di quanto stava per accadere.
Vi si legge dell’antisemitismo montante nella classe dirigente del mondo occidentale, negli immigrati islamici, nel mondo della sinistra “dem” americana e europea, ma soprattutto dell’Onu, che con disinvoltura passa da difensore del “diritto umanitario” a supporter, se non complice, dei peggiori satrapi del mondo.
Come una novella Cassandra, Fiamma Nirenstein ha gridato più e più volte i suoi timori, spiegandone le ragioni, i campanelli d’allarme, invitando tutti noi a prenderne coscienza. Ovviamente inutilmente. E il 7 ottobre del 2023 la tragedia è puntualmente avvenuta! Milletrecento civili, donne, vecchi, ragazzi e bambini massacrati, stuprati, brutalizzati e vilipesi, quattromila feriti e quasi trecento rapiti.
Come se il mondo fosse tornato alla seconda metà degli anni trenta, il pogrom, che si pensava impossibile dopo la seconda guerra mondiale, si è ripresentato; in una nuova forma più spietata di allora, dove i mostri di Hamas si sono filmati, senza alcuna vergogna di quello che stavano facendo, gioendo e condividendo le immagini e i filmati del loro abominio, sui social network, con parenti e amici.
Dopo un iniziale sdegno ed una doverosa condanna da parte del mondo quasi intero, Abu Mazen dell’Anp non ne ha mai preso le distanze, Guterres, segretario Onu, solo in maniera pelosa. Fiamma Nirenstein racconta di come il mondo intero si è preparato, giorno per giorno a mettere in dubbio, fin da subito, la possibile risposta Israeliana che si è poi trasformata in una feroce critica al governo di Israele, soprattutto nella persona di Netanyahu, prendendo per oro colato quanto comunicavano i mostri di Hamas, nonostante le evidenze dicessero il contrario, a proposito di ogni tentativo di risposta israeliana per recuperare gli ostaggi e fermare l’organizzazione terroristica che, di fatto, sembra rappresentare la Palestina.
Fiamma Nirenstein continua dipingendo un drammatico quadro dei paesi occidentali. Descrive la diffusione dell’antisemitismo nelle università, nelle minoranze islamiche, sempre meno minoranze, nel mondo della sinistra ex comunista, del mondo LGBTQIA+. Rappresenta i dirigenti del mondo occidentale come degli ignavi colpevoli di non voler vedere il baratro in cui la nostra civiltà, libera, democratica sta pericolosamente sprofondando.
Il suo è un appello a tutti noi a fare attenzione, perché ogni volta che l’antisemitismo riprende a bruciare dalle sue ceneri, il mondo intero rischia di sprofondare nuovamente nell’abisso. Invita quindi a ricordare che gli ebrei rappresentano ciò che era il canarino per i minatori: quando il canarino, portato in miniera, moriva, tutto rischiava di esplodere! read more

Meglio la vecchia sinistra rispetto alla nuova

Meglio la vecchia sinistra rispetto alla nuova

Conoscendo l’attività e il pensiero di Giovanni Sallusti si resta inizialmente basiti! Il titolo dell’opera è molto forte : “Mi mancano i vecchi comunisti”, a cui segue, nel sottotitolo, “Confessione inaudita di un Libertario”, fa pensare ad un grande abbaglio, un abbaglio che riguardi personalmente il solo Giovanni Sallusti. Ma viene subito un dubbio. Perché le vetrine “Feltrinelli” non sono tappezzate da montagne di copie? Lo si capisce da due indizi. Il primo, la prefazione di Giuliano Ferrara, giornalista e scrittore con un passato di vetero comunista che ha nel DNA dinastico della sua famiglia anche elementi liberali che ne hanno completato la raffinatezza intellettuale. E questo di solito spaventa lo statalista ignorante e puro. Il secondo elemento, che toglie il dubbio e vi costringerà a cercare il libro nelle librerie di periferia, è la casa editrice Liberi Libri. Le cui pubblicazioni sono bandite o passate al setaccio del conformismo. Ogni dubbio iniziale è quindi tolto.
Dimostrare questa tesi, ossia che i vecchi com7nieti mancano non solo all’Autore, ma qnche al dibattito politico della cosiddetta Terza Repubblica, è stato sicuramente un lavoro improbo. Ed, effettivamente, solo un libertario poteva provarci. Essendo banalmente vero che un comunista che critica il fascismo e viceversa un fascista che critica il comunismo sono come due persone che parlano allo specchio, come due inquilini di una bivilla che criticano la bruttezza della casa dell’altro, quando l’unica differenza è che una sta a destra e l’altra a sinistra e se ti giri si invertono la destra e la sinistra.
L’idea di quest’opera pensiamo abbia avuto inizio con la necessaria constatazione delle assurdità propugnate per cambiare la società da parte dei movimenti ecologisti e wokisti, fatto da persone che, con tantissimo tempo libero a disposizione, si sono propagati per partenogenesi in tutto l’ occidente. Non crediamo che questi movimenti non coinvolgeranno i paesi del Africa, del Medio Oriente o i paesi comunisti e/o ex tali.
E nemmeno crediamo i loro Leader saranno ricevuti dai capi di stato per una consulenza sulle prossime attività meteo.
Sallusti definisce questa follia “oicofobia” ovvero odio di sé. Una volontà irrazionale di distruggere l’esistente, ovvero tutto ciò che rappresenta l’occidente. Financo la biologia dell’essere umano.
Ed è qui che per Sallusti evidenzia una differenza fra la sinistra comunista, quella per meglio comprendere, fino all’arrivo di Berlinguer, con una giovane sinistra, quella che fatica anche con geo-storia, per intenderci quella che grida “dal fiume al mare”. Appunto, wokista.
Le analisi storica, filosofica ed economica sono impietose.
Da una parte il vecchio comunista che riesce ad accettare e valutare positivamente i formidabili progressi della rivoluzione industriale in Occidente, l’unicità del progresso financo ammettendo i meriti della borghesia come fase necessaria della storia, ma comunque da superare, a cui vuole sostituirsi ritenendosi migliore. Dall’altra il movimento wokista, ecologista, “gretino”, incapace di realizzare alcunché se non manifestare in modo ossessivo-compulsivo idee irrazionali e sovvenzionate.
Incapaci, in questo confuso arrabattarsi, di qualsiasi ragionamento e argomentazione, con ideali così confusi che nemmeno il movimento nichilista russo poteva vantare.
Sallusti dimostra spietatamente la sua tesi. Cita precisamente tutte le fonti e gli autori. Marx , Engels, Gramsci , Gyorgy Lukaks e non da ultimo il realismo di Togliatti al ritorno da 20 anni trascorsi in Russia nell’accettare, anche furbescamente, che la soppressione violenta della borghesia produttiva avrebbe portato al disastro economico. read more

Lo sguardo dello scienziato politico Miglio sulla realtà del secondo dopoguerra

Lo sguardo dello scienziato politico Miglio sulla realtà del secondo dopoguerra

Lunedì primo luglio abbiamo presentato, in occasione delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale e libertario, “La lezione del realismo”, di Gianfranco Miglio. Erano con noi Damiano Palano, professore di Filosofia politica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Luigi Marco Bassani, professore di Storia del pensiero politico all’Università Telematica Pegaso e Carlo Marsonet, assegnista di ricerca presso l’Università di Torino. Siamo di fronte ad uno scritto che raduna interventi di Miglio dall’immediato secondo dopoguerra al 2000, ossia poco prima di morire, interventi che spaziano dalla politica internazionale alle complesse vicende che hanno contribuito alla creazione dell’Unione Europea fino al ruolo della storia e dei fatti che hanno avuto una rilevanza in un lasso di tempo tanto multiforme quanto significativo : l’Italia e l’Europa che escono dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale, che si posizionano nelle prime fasi della ricostruzione con il fondale spettrale del sorgere di una nuova contrapposizione in blocchi, la Guerra Fredda che dividerà il mondo fino al crollo del comunismo. E se questo crollo ha avviato inevitabilmente una nuova stagione a livello internazionale, generando scenari di speranza e di libertà, ciò non di meno la lucida analisi dell’Autore, che guarda con lo sguardo attento dello scienziato politico la realtà che gli si para dinnanzi, non manca di rilevare più le occasioni perse che le opportunità acquisite. Questa “lezione di realismo”, poco incline a concedere facili entusiasmi o, per meglio dire, attenta a mantenere una predisposizione scientifica e a non lasciare il più possibile che la propria facoltà analitica sia pregiudicata dal velame dei condizionamenti, si orienta indifferentemente sia sul contesto del Vecchio Continente che, particolarmente, su quell’Italia che, dopo il boom economico, non si dimostra capace di affrontare la giusta stagione delle riforme ed una rinnovata età di etica civile. È indicativo, in questo senso, come il nostro Paese, una nazione plurima, di per sé portata come poche altre ad una soluzione costituzionale di tipo federale per ragioni storiche, ideali e di costume, un Paese che avrebbe dovuto abbracciare Carlo Cattaneo e il suo federalismo, di fatto abbia consacrato il proprio Risorgimento al mito dell’unificazione, prima, e poi dell’accentramento burocratico, della statalizzazione, del nazionalismo. Le motivazioni sono state sviscerate con completezza e con notevole capacità critica anche nella lunga carriera politologica del professor Miglio, che ha messo a servizio della cultura la sua vasta erudizione, in grado di spaziare attraverso una miriade di autori per lo più sconosciuti alle nostre latitudini. In alcuni casi, poi, ne ha fornito le prime edizioni critiche, sdoganando per settori di spesso angusti interessi le riflessioni di Max Weber o di Carl Schmitt, per citarne solo un paio. read more

Per la libera coltivazione del dubbio

Per la libera coltivazione del dubbio

Il 25 giugno 2024 Lodi Liberale ha presentato il libro “La grande bugia verde”, di Nicola Porro, ospitando Roberto Graziano (Ricercatore di Geologia stratigrafica e sedimentologica all’Università di Napoli “Federico II”) e Arturo Raspini (Ricercatore all’Istituto di Scienze Marine del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche).
Nicola Porro è giornalista, saggista, vicedirettore de il Giornale,  conduttore di programmi televisivi di approfondimento giornalistico.
Il sottotitolo è chiaro: “scienziati smontano, con dati reali, i dogmi dell’allarmismo climatico”.
L’incipit del libro: “Usate questo libro per farvi delle domande; accendere il cervello, esercitare spirito critico. È ciò che stampa, politici, burocrati, amici al bar, hanno da tempo smesso di fare sulle questioni che riguardano il clima”. Cervelli in “stand by”: quella lucetta rossa che i climatisti vorrebbero spenta del tutto, in omaggio al talebano “risparmio di Watt”.
Con la complicità della pigrizia giornalistica (che privilegia il sensazionalismo) e della politica del gregge: oramai qualsiasi tipo di catastrofe è colpa dei cambiamenti climatici: una delle grandi “bufale” del terzo millennio.  A metà del 2024 tutti i principali giornali hanno raccontato in prima pagina dell’aumento del costo del caffè. La causa? Il riscaldamento climatico, ovviamente.
Beppe Sala ha impunemente sostenuto che la causa di un aumento delle buche per strada nella sua Milano, fosse il riscaldamento climatico.
Non c’è campo della nostra vita che non sia contagiato dalle “certezze” green. Si dovrebbe evitare di seguire il “sentito dire”, ma dubitare delle affermazioni catastrofiste di: Nazioni Unite, UE, Stati Uniti, e persino del Papa (?), come se fossero inattaccabili fonti di certezza scientifica. Il libro denuncia la “bufala” del 97% della comunità scientifica d’accordo che l’uomo abbia un impatto catastrofico sul clima … In realtà s’è trattato dell’invio di poco più di 10.000 e-mail a vari scienziati, a cui hanno risposto in poco più di 3.000; tra quelli fu scelto un campione di 79, di cui 76 (97,2%) hanno risposto “sì” a una domanda di disarmante genericità.  (ndr: secondo l’Università di Palermo ci sarebbero circa 185.000 scienziati e circa 8 milioni di ricercatori universitari nel mondo). Dal punto di vista scientifico, il “consenso” vale meno di nulla. Novità scientifiche si sono affermate contro  il consenso dell’epoca. “E pur si muove” …
Il libro chiede: Siamo certi che il riscaldamento climatico derivi dalla CO2 ? Siamo certi che l’aumento della concentrazione di CO2 sia davvero deleterio? Porsi domande è da “negazionista” ?. Inquinamento e cambiamento climatico sono sempre sovrapposti strumentalmente. Scrive Porro: Mai accettare dogmi, ma confrontarsi su dati e interpretazioni degli stessi. Il “metodo” adottato dalla prima all’ultima pagina è rigorosamente “scientifico”:  la scienza come struttura che procede per dubbi evitando i dogmi.
Nel 2010 fu incredibile lo svarione del rapporto dell’IPCC:  “entro il 2035 scompariranno tutti i ghiacci dell’Himalaya” …
A chi dare retta? Ci sono tanti libri sul clima; cos’ha questo di diverso dagli altri ? Ogni capitolo è stato scritto da uno scienziato / ricercatore di alto profilo.
«È vero che gli uragani, le inondazioni, gli incendi, stanno aumentando ?», «I ghiacci si stanno sciogliendo ?», «Le città costiere saranno cancellate dalle cartine ?».
Facciamoci domande:
I modelli climatici calcolano variabili fondamentali ?.
Qual è il ruolo della variabile umana sul clima?
Il numero di disastri naturali globali è in aumento?
Uragani, alluvioni, incendi: stanno crescendo?
I ghiacci si stanno sciogliendo?
Variazioni del livello marino: scompariranno le città costiere?
Le politiche green sono davvero green?
Quanto c’è di “non rinnovabile” nell’impiego delle tecnologie “verdi”?
Transizione energetica o transazioni finanziarie?
Sono domande lecite, o “negazioniste” ? read more

I moniti di Friedrich August von Hayek a suoi posteri

I moniti di Friedrich August von Hayek a suoi posteri

Lunedì 17 giugno abbiamo presentato, in occasione delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale e libertario, “La presunzione fatale”, di Friedrich August von Hayek. Erano con noi Alberto Mingardi, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università IULM di Milano, Gilberto Corbellini, professore di Storia della medicina presso la Sapienza Università di Roma e Andrea Bitetto, avvocato. Si tratta dell’ultimo libro pubblicato dall’Autore, nel 1988, quattro anni prima di morire, ormai novantaquattrenne, nel 1992. E’ un libro che, pur scritto da un Hayek ormai novantenne, mantiene inalterato il fascino del periodare hayekiano, talvolta involuto, ma capace di rendere con prepotente chiarezza il senso di quanto egli ha sostenuto lungo il corso di una formidabile esistenza. Questo libro, infatti, potrebbe essere letto anche come la presentazione che Hayek fa alla storia del proprio percorso : dopo aver a lungo combattuto il socialismo ed aver additato a tutti i pericoli in cui incorreva la nostra civiltà percorrendo <<la via verso la schiavitù>>, dopo aver espresso moniti contro tutte le forme di interventismo pubblico nella vita degli uomini, dopo essere divenuto il più prestigioso ed al contempo inascoltato rappresentante del pensiero liberale dell’intero XX secolo ed aver delineato con analisi raffinate le fondamenta economiche, gnoseologiche e morali delle società libere ed aperte, creatrici del nostro benessere diffuso, Hayek si apprestava, sulla soglia della caduta del Muro di Berlino e sull’onda di un suo ritorno in auge – ritorno che farà da sfondo intellettuale necessario alle esperienze di Margaret Thatcher e Ronald Reagan – a raccogliere i frutti delle sue intuizioni ed a vedere nei fatti e nella realtà quel cambio di paradigma che lo scienziato sociale viennese aveva più volte paventato ed auspicato. Ed è proprio questo il primo aspetto su cui si vuol porre l’attenzione, ossia che proprio Hayek, e proprio in questo libro, sintesi e testamento della sua lunga ricerca, ci ricorda come la confutazione del socialismo e di tutti i suoi portati, in tutti gli ambiti e in tutte le sue forme, avviene principalmente nei fatti e nella realtà. Indubitabilmente l’aspetto teorico era ritenuto vitale (del resto, era stato proprio Hayek nel 1949 a scrivere “se possiamo riguadagnare la credenza nel potere delle idee – che era il tratto distintivo del liberalismo al suo meglio – la battaglia non è persa”) ed Hayek non poteva certo essere additato di essersi risparmiato nella battaglia delle idee, a favore della libertà; tuttavia, qui, come in altri punti della sua vasta opera, Hayek ci ricorda di non dimenticare mai che la confutazione del socialismo, dell’interventismo, del presunto potere salvifico di organismi sovraindividuali sul singolo si concreta nella realtà, nei fatti, in ciò che vediamo quotidianamente, in ciò che la storia ha dimostrato. Chi sostiene che l’ordinamento delle interazioni umane debba essere deliberato, sovra diretto, razionalmente impostato dall’alto da un’autorità centrale e presuntamente onnisciente è destinato a creare danni, tragedie e dolori, e questo avviene proprio in quanto questo modo di vedere le cose, questa strategia adottata per provare a risolvere i problemi si imposta e si incardina su un errore nei fatti. Le conoscenze e le risorse, infatti, non possono essere utilizzate così, mediante, cioè, una pianificazione centralizzata da un organismo presuntamente capace di avere doti superiori. Sono i fatti e la realtà, lo ripetiamo, a dirlo. Sebbene le motivazioni per le quali conoscenze e risorse non possono essere utilizzate così siano complesse, contro-intuitive e generalmente contro le nostre molte, umane presunzioni, è al valore fattuale di evidenza e di palmare realtà inconfutabile che tutti dobbiamo guardare per dire che <<il socialismo non può fare ciò che promette>>. Hayek mostra molti altri errori del socialismo, certo. Esso si basa, per esempio, come si accennava, su una presunzione tipicamente umana, una tracotanza razionalistica, più che razionale, ossia la credenza che la ragione possa tutto e che tutto sia originato e spiegabile da essa. Tutta la vita di studioso di Hayek, nei molti campi in cui si trovò ad operare, in virtù della sua erudizione enciclopedica e dei suoi svariati interessi, fu mirata anche allo screditamento ed alla confutazione di questa presunzione. Che la storia ha dimostrato essere fatale per coloro che hanno dovuto subirne gli effetti. Fra costoro, non solo i moltissimi che si trovarono sotto le frequenti tirannidi presenti nei secoli della civilizzazione del nostro pianeta, ma anche i cittadini delle nostre democrazie, spesso angariati e brutalizzati dal peso di decisioni adottate e volute da governi e governanti che hanno fatto leva su  interpretazioni molto interessate di consenso e rappresentanza. Hayek ha voluto porre sotto l’attenzione di tutti che l’ordine esteso cui dobbiamo il nostro benessere e la nostra civiltà non si basa su un progetto deliberato, su una determinazione, ma su un processo per lo più spontaneo, inintenzionale, evolutivo, adattativo, ancorato spesso alla tradizione e a componenti morali. Un processo sul quale la razionalità è solo una delle tante componenti e spesso nemmeno la più rilevante. Un gigantesco e straordinario apparato che soggiace, per esempio, a regole di condotta umana che si sono gradualmente evolute lungo l’arco di generazioni. In campi quali il mercato, il linguaggio, il diritto, lo scambio, la moneta, non tutto può essere spiegato da considerazioni strettamente razionali, né nel loro svolgersi che nel loro dipanarsi storico. Hayek ha saputo dimostrare a tutti di essere un analista della società di formidabile acume e di grande preparazione, capace di inserirsi, consapevolmente, nel solco di una grande e multiforme tradizione; inoltre, ha saputo mostrare a tutti di aver avuto, con le sue riflessioni e le sue premonizioni, molte ragioni. La realtà ed i fatti, insieme alle idee a cui tanto teneva, sono state dalla sua parte. Ci auguriamo che possa rappresentare sempre per tutti quel classico che ha saputo essere e che, quindi, la sua lezione non sia dimenticata. read more

Per un’organizzazione diversa della giustizia

Per un’organizzazione diversa della giustizia

Lunedì 10 giugno 2024, Lodi Liberale presenta il libro di Ferdinando Cionti e Dario Fertilio: “Liberare la giustizia”. Presenti, con gli autori, Maurizio Romanelli (F.F. Procuratore di Lodi) e Angela Maria Odescalchi (Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Lodi).
Cionti è avvocato e giurista, docente universitario di diritto industriale alla Bicocca di Milano. Fertilio è giornalista e scrittore, docente universitario di comunicazione alla Statale di Milano. read more