Due reporter davanti alle guerre degli ultimi trent’anni

Il motivo principale che ci ha indotti a invitare Fausto Biloslavo e Gian Micalessin per presentare la loro ultima fatica editoriale (“Guerra, guerra, guerra”) è l’affermazione del diritto alla libertà di parola. Potrebbe sembrare incredibile che nel nostro Paese possa essere messo in discussione quello che dovrebbe essere un valore acclarato, oltre che dal comune sentire, anche dalla legislazione e dalla costituzione repubblicana. Tuttavia, non è senza fondamento che abbiamo evocato la difesa della libertà di espressione.

Fausto Biloslavo, infatti, in occasione di una sua conferenza sulla Libia all’Università di Trento, ha dovuto subire dure e talora persino violente contestazioni. Questo è avvenuto non tanto per l’argomento trattato – nemmeno in questo caso ci sarebbe stata una giustificazione all’intimidazione, intendiamoci – quanto per i suoi trascorsi di appartenenza politica al Fronte della Gioventù, movimento giovanile dell’allora Movimento Sociale Italiano.

Alla luce del fatto che il pensiero liberale si è sempre battuto per la libertà di opinione, di espressione, di parola e di stampa, ci è sembrato giusto invitarlo quindi a Lodi a presentare il libro che ha scritto con Gian Micalessin, ripercorrendo così le straordinarie esperienze sui fronti più caldi negli ultimi trent’anni di due fra i più apprezzati cronisti di guerra.

Invitiamo i lettori a partire dall’Appendice, vasta e preziosa galleria di testimonianze emozionanti: vi si troveranno tutte le guerre, dall’Afghanistan allo Zaire, nelle quali i due giornalisti si sono catapultati anima e corpo, in un rapporto di osmosi con la realtà durissima della prima linea. Si potranno leggere i resoconti giornalistici, le coordinate temporali e gli schieramenti, con i loro inizi e i loro termini. È bene partire da qui per due motivi.

Il primo è per rendersi pienamente conto di come, pur nella straordinaria assenza di conflitti che ci hanno coinvolto direttamente negli ultimi trent’anni, il mondo ha comunque sofferto continuamente la sanguinosa e mai estinta piaga della guerra. Su più teatri, lungo gli scacchieri dei continenti, la guerra ha dilaniato l’Asia, l’Africa, il centro e sud America e perfino la nostra Europa, con il conflitto nella ex Jugoslavia. Alcuni nostri contingenti sono stati inviati in alcuni scenari di guerra e molti italiani sono morti nell’adempimento delle loro missioni.

Il secondo motivo è dato dal contrasto brutale e palese tra la guerra asettica riportata nelle cronache e i resoconti diretti come quelli che l’opera dei due giornalisti triestini ci consegna. Nei loro reportage avvertiamo la durezza, la drammaticità e la tragedia di un evento spaventoso. Siamo posti davanti al sangue, al crepitare, delle armi, alle brutalità, alla spietatezza e all’odio. Biloslavo e Micalessin non riescono ad abituarsi all’orrore e, proprio per questo, ce lo pongono di fronte nella sua acuta durezza. I molti scatti che accompagnano i loro “pezzi” sono angosciose testimonianze di un’epoca che non riesce a fare a meno, come quelle che l’hanno preceduta, della pulsione alla violenza. Di fronte alle loro parole le riflessioni sono inevitabili e coinvolgono la nostra stessa essenza. Questi articoli, queste istantanee sono una scossa salutare rivolta alla nostra quotidiana indifferenza. Sono un monito a non cadere in un’apatia da tranquillità, ma a considerare, piuttosto, quanto per l’uomo sia ancora lunga la strada verso la pace universale. Essa è difficile da ottenere, ma il nostro dovere di perseguirla deve essere continuo.

I resoconti delle esperienze dei due giornalisti sono davvero coinvolgenti. Siamo condotti in luoghi lontani, ma anche a poche miglia marine dalle nostre coste, come nel caso del non ancora cessato conflitto libico o nella guerra che ha dilaniato l’ex Jugoslavia. Entriamo nella giungla birmana o nei deserti mediorientali, nel Nicaragua o nelle diverse realtà africane, in una Kabul liberata o nella cupezza degli scontri in Cecenia. Attraverso queste cronache ci vengono presentate le multiformi cause delle varie guerre, i drammatici disagi della post-colonizzazione, le divisioni etniche, tribali, religiose, politiche e ideologiche. Entriamo in contatto con uomini, donne, bambini, vittime di massacri o di stermini e ritorniamo a considerare il nostro stesso ruolo di occidentali coinvolti a titolo più o meno ampio in vari teatri di guerra.

Tuttavia, ad ogni latitudine ciò che colpisce, al di là della brutalità delle cifre o dei particolari, è la riflessione intorno alla natura umana che sempre, sinistramente, affascinata dalla violenza.

Il libro è utile per ragionare intorno a questa costante della storia umana che è la guerra e le foto che lo corredano hanno il valore plastico dell’immagine che suggella e sintetizza. Siamo orgogliosi di aver ospitato la presentazione di questo libro, anche per testimoniare che ad ogni contributo deve essere data la possibilità di esprimersi e che ogni censura o ogni tentativo di soffocare la libertà di espressione vanno condannati con fermezza.

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