È davvero intelligente l’Intelligenza artificiale?

Lunedì 11 Settembre

“Io” sta per il pronome prima persona singolare, e “IA” sta per “Intelligenza Artificiale”.

“IO e IA – Mente, cervello & GPT” è il libro di Riccardo Manzotti (Professore di filosofia teoretica – IULM) e di Simone Rossi (Professore di neurologia – Università di Siena).

Siamo succubi di definizioni sommarie tipiche del sedicente giornalismo contemporaneo .

Sull’intelligenza ci si è messo il cinema con le “Vacanze intelligenti”, la pubblicità con la “Spesa intelligente”, gli elettrodomestici con la “lavatrice intelligente”, … che più intelligente non si può.

Intelligenza (Treccani): “Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere, spiegare fatti e/o azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, …”… Artificiale è forse la semplificazione degli stessi giornalisti. La digitalizzazione di dati e informazioni è in continuo aumento. In gergo: “Big data” (ahimè pronunciata “deta”, all’inglese … ma “data” è, in latino, il plurale di “datum” ( dire “ è un po’ come chiamare “vairus” il “virus”).

Il mondo digitale è come una immensa soffitta dove sono accumulate miliardate di ciarpame mescolato a cose serie e a ricordi vintage.

“Così tra questa immensità s’annega il pensier mio, e il naufragar m’è dolce in questo mare

Nel mare digitale, dove il muoversi si dice appunto: “navigare”. La tecnologia software offre:

motori di ricerca, motori inferenziali, logiche analitiche, per setacciare la fuffa e tenere il riusabile. Un gigantesco frugare e rovistare e scegliere e ricomporre in una infinità di briciole di informazione per rimetterle insieme in un modo plausibile (anche se non propriamente intelligente).

In altre parole: un “copia incolla di quel che esiste, per quanto immenso esso sia, ma non

creazione di quel che non esiste.

Qui sta il pericolo: scambiare per oro colato quel che esce dal setaccio. Ovvero: scambiare per intelligenza un pur sofisticato insieme di regole, di “if then” (se allora), “else” (altrimenti).

Ottimo per l’analisi di massa, ma potenzialmente fuorviante per il cosiddetto “ragionamento”, o anche del tutto fuorviante nel cosiddetto dialogo fra IO e IA.

Gli esempi banali sono Siri, Alexa , i vari assistenti digitali che si trovano in Internet (es.: Will nel sito di Wind Tre).

L’immaginario collettivo si lascia ingannare dalla parola “intelligenza” (artificiale), dimenticando concetti quali: apprendimento, sentimento, opinione, intuizione, invenzione, commozione, dolore, … ma anche: Il libro riporta conversazioni con G PT, che sta per Generative Pre-trained Transformer , un “chatbot” (o “chatterbot”)): un software basato sulla famigerata “intelligenza artificiale” progettato per simulare una conversazione con un essere umano. Risulta evidente una conversazione che ricorda un gioco in voga negli anni 80 chiamato “Tubolario”, ovvero un generatore di “frasi del tubo”: una costruzione dinamica (su basi statistiche) di porzioni di frasi, organizzate sotto forma di un discorso dall’apparenza logica, che di fatto non esprime un bel niente, ma dà la sensazione di volerlo esprimere.

La sensazione è che gli autori non ne siano entusiasti; sono  un neuroscienziato e un filosofo: “Chiaramente c’è qualcosa che ci sfugge e questo ci dovrebbe spingere al principio di cautela”. Appare evidente nel capitolo “Chat GPT va all’esame” che si tratta di un Copia-incolla, e risposte date a memoria o sbirciando una specie di “Bignami”; è mancato totalmente il pre-requisito: l’apprendimento.

Dicono gli autori: Chat GPT parla, ma non sa quello che dice (figurarsi il “capire”) lo dimostrano quando affermano: “ Riconosce ma non vede, ascolta ma non sente, parla ma non capisce, e nemmeno ha memoria. Però si esprime bene, e questo forse sarà sufficiente a rimpiazzarci. Chi o che cosa è?”

E anche: “ Abbiamo provato a chiedere a IA: «Come chiameresti, cara IA, il posto dove l’uomo, facendo tesoro delle facoltà cognitive che tu ancora non hai, potrebbe difendersi dal tuo assalto all’umanità?».

La sua risposta, che avremmo voluto copiare e incollare così come ci era stata fornita, non ci

ha soddisfatto per niente e così, almeno alla fine di queste pagine, non la citiamo nemmeno.

…. forse non si trova il nome perché non c’è niente da nominare.

La bella domanda degli autori: “Come penserebbe IA, se pensasse?”.

Ma IA non intende per nulla.

Cogito ergo sum, vale anche viceversa?

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