Libertà e potere: John Emerich Dalberg Acton

Lunedì 21 novembre, nell’ambito della presentazione dei Classici del pensiero liberale e libertario, l’associazione Lodi Liberale ha dedicato un evento al libro di John Emerich Dalberg Acton “Storia della libertà”. Erano presenti Eugenio Capozzi, curatore dell’edizione italiana e professore di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Napoli, Rocco Pezzimenti, professore di Filosofia Politica presso l’Università di Roma Lumsa e Markus Krienke, professore di Filosofia Moderna ed Etica sociale presso la Facoltà di Teologia di Lugano.

Con questo titolo, come noto, si intende un ciclo di lezioni e di scritti che hanno attraversato buona parte della vita dell’Autore. Un Autore che non ha mai dato alle stampe un libro compiutamente strutturato, ma che, piuttosto, nella sua non certo lineare esistenza, non fece corrispondere alla sua indubitabile erudizione un progetto di scrittura sistemico. Sarebbe, tuttavia, più giusto affermare che Acton fu uno scrittore che ebbe in mente solo un libro nella sua vita, un libro che, però, non portò a termine. Stiamo proprio parlando di questa cavalcata storica che il concetto e le idee di libertà assunsero e di come si incarnarono nella realtà. All’interno di questa “Storia della libertà”, che, come detto, rimase incompiuta, troviamo intuizioni, spunti e riflessioni interessantissimi, capaci di stagliarsi con la forza dell’universalità e con la chiarezza di una scrittura nitida e tersa. Non si ha la pretesa di citarle integralmente né di esaurirne le molteplici istanze o le stratificate conseguenze teoriche. Pertanto, verranno selezionati solo alcuni aspetti, sia per lasciare il piacere della lettura del resto agli auspicabili lettori che ancora non hanno avuto la fortuna di affrontarla sia per rimanere all’interno di un resoconto quanto più possibile agile e sintetico.

Per Acton, innanzitutto, la storia dell’uomo non coincide con la storia della libertà, e questo dovrebbe essere sempre tenuto in debito conto, oltre a rappresentare un salutare bagno di realismo. E’ opportuno ricordare sempre che la realtà storica non si è contraddistinta per essere dominata dalla libertà. La storia dell’umanità e degli uomini è una storia di potere, di dominazioni, di forza, di massificazioni, di violenza, mentre la libertà confligge con tutti questi aspetti, definendosi piuttosto come qualcosa adatto a periodi limitati, per minoranze, per contingenze difficili da mantenere. Questa idea della limitatezza della libertà (un periodo limitato, una fortunata serie di coordinate, un numero esiguo di creatori ed un gruppo minoritario di interpreti) sta alla base dell’analisi compiuta sulla sua fase aurorale, ossia l’Atene che, grazie a Solone, si batte contro il privilegio, instaura le riforme che gestiscono e limitano il potere attraverso lo strumento del consenso. Se all’età di Solone aggiungiamo quanto emerse dall’età di Pericle, abbiamo davvero una serie di epoche straordinarie. Straordinarie in quanto fuori dal consueto, incapace, peraltro, di perpetuarsi e, persino, trasformandosi in arbitrio. Le considerazioni che Acton compie sulla democrazia sono illuminanti : nemmeno la democrazia va considerata un assoluto. Essa è, anzi, da considerarsi al pari delle altre forme di governo se ritenuta, o autoproclamata, come al riparo dalle continue riforme e dalla tutela degli individui.

Quello che ogni forma di governo necessita è la presenza di istituzioni che le proteggano da se stesse. Al fondo di ogni società e di ogni forma di potere degli uomini sull’uomo deve stare un regno permanente del diritto. La ricerca di Acton lo porta alla rivalutazione del mondo medievale e delle sue istituzioni quali origine dei sistemi politici di tipo liberale. Questa altra intuizione è importantissima : non è l’età moderna, la creatrice dello Stato, ad aver generato i sistemi liberali, cioè quelli attenti alla libertà individuale, perchè l’età moderna è l’età della progressiva secolarizzazione, ossia dello sganciamento dell’uomo e della politica dall’ancoraggio sia con le leggi di natura che con l’orientamento cristiano. Acton fu un cristiano convinto, ed in quanto cattolico si ritrovò ad essere emarginato nella sua formazione in Inghilterra. Ma Acton fu anche un liberale, profondo sostenitore della necessità della libertà del singolo, ed inquanto tale sperimentò anche l’emarginazione negli ambienti cattolici. Egli riveste un ruolo decisamente tormentato nella vita intellettuale della seconda metà del XIX secolo, una connotazione anche scomoda, che ne fanno, per molti versi, una figura tragica. Ma una delle sue eredità ideali fu la convinzione che la libertàpolitica è anche figlia della concezione cristiana, ossia di quel forte convincimento per il quale la coscienza individuale sta al di sopra di ogni pretesa dello Stato. Autorità, maggioranza, potere, usanze, opinioni, ambiti pubblici sono secondari rispetto alla libertà individuale, che è primaria .

Per concludere una necessariamente incompleta rassegna come questa, serva ricordare una coppia di idee contenute in questo libro davvero significative. La prima afferma che un Paese è libero nella misura in cui e in virtù del fatto che siano tutelate tutte le sue minoranze. Un’idea tocquevilliana, se vogliamo, ma che non cessa di mostrare la sua attualità. La seconda, invece, si riferisce alla natura intrinsecamente corruttoria del potere, tanto più corruttoria tanto maggiore è il livello e la quantità di potere. L’auspicio è che queste ed altre idee di Acton servano da guida per l’agenda politica, sociale ed economica dei Paesi che ambiscono veramente alla libertà individuale. 

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