Ronald H.Coase, brillante analista e raffinato osservatore della realtà

Lunedì 15 maggio, nell’ambito degli eventi dedicati ai classici del pensiero liberale e libertario, abbiamo presentato “Sull’economia e gli economisti” di Ronald Harry Coase.

Erano con noi Nicola Giocoli, professore di Economia politica presso l’Università di Pisa, Giampaolo Garzarelli, professore di Scienza delle finanze presso “La Sapienza” Università di Roma e Carlo Stagnaro, Direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni. Il libro presentato riporta, all’inizio, il discorso pronunciato da Coase in occasione della consegna del Nobel per l’economia nel 1991.

A seguire, tre contributi di metodologia economica, dalle modalità della scelta alle discipline vicine ed afferenti fino alle politiche pubbliche. Quindi un raffronto estremamente stimolante, come del resto ogni riflessione compiuta dallo studioso inglese naturalizzato americano, fra il mercato dei beni e quello delle idee e, per concludere la prima parte dedicata alla trattazione di tematiche più squisitamente economiche, due contributi su quello che, nell’impostazione e nella produzione di Coase non può considerarsi come un semplice economista, ma come “l’economista” e scienziato sociale Adam Smith.

Nella seconda parte del volume, l’Autore passa in rassegna, attraverso una serie di ritratti, alcune figure di famosi esponenti della sua disciplina, e cioè Alfred Marshall, Arnold Plant, Duncan Black e George Stigler. Nell’ultimo capitolo, viene operato un ricordo della London School of Economics tra le due Guerre, in un periodo di eccezionale fervore intellettuale, che vide peraltro coinvolto anche il giovane e già molto promettente Ronald Coase. Verrebbe da partire, e non a caso, da Adam Smith; o meglio, dalla venerazione, motivata, argomentata e giustificata, che Coase nutre per la figura, l’opera e il rilievo intellettuale nella storia dell’economia, e non solo, avuti da Adam Smith e dal suo capolavoro, la “Ricchezza delle nazioni” (abbr.) del 1776. Con un’iperbole nemmeno troppo azzardata, nella prospettiva di Coase, il resto della storia economica è stato rappresentato da chiose o correzioni dello schema tracciato da Smith.

Si può tranquillamente dire che Coase fu uno degli artefici della “Smith Renaissance”, ossia della rinascita di interesse intorno al contributo fornito dal grande scozzese alla storia delle idee. Se uno dei motivi dell’ammirazione e dell’interesse nutrito da Coase per Smith risiede proprio nel fatto che questo grande analista seppe interpretare la realtà in quanto dalla visione della realtà seppe partire, ben si comprende come uno dei bersagli polemici del nostro Autore fu quella che lui definì, ossia quel sistema che vive nella mente degli economisti e non sulla terra. Un’elaborazione teorica, senza sostanza, fredda, incapace di capire la natura dell’impresa e del mercato nella sua concretezza e nella sua dinamica più autentica.

Mercato, impresa, contratti, accordi, sono tutti momenti che non possono essere cristallizzati, ma sono, piuttosto, caratterizzati da un’estrema fluidità, da una molteplicità di sfumature, da una serie di declinazioni che tengono conto delle situazioni piuttosto che degli schemi.

Nel mercato ci si scambiano diritti, e questo insieme di diritti e scambi è tutelato e regolato da un ordine giuridico. Questa istituzione diventa lo sfondo fondamentale entro il quale devono avvenire le singole azioni economiche, e la comprensione degli assetti istituzionali è un prerequisito essenziale per comprendere il contesto e delineare un quadro dei costi di transazione – necessità cui dover andare incontro per la soluzione dello scambio – e degli incentivi.

Alla luce del fatto che risulta molto difficile riassumere in poche righe i molti spunti che uno scritto pur non certo di accademia come questo porta con sé, preferiamo, anche in virtù dell’incontestabile divertimento arrecato dalla sua lettura, concentrare l’attenzione sull’articolo che compara il mercato dei beni con quello delle idee. Ora, può sembrare scandaloso a molti intellettuali almeno a parole, ma il mercato delle idee deve rimanere quanto più possibile libero.

Tutti ne gioveranno, comprese, a livello non certo secondario, le istituzioni democratiche. Ma qui assistiamo ad un gustoso e per certi versi indicativo paradosso, ossia che proprio fra le fila di molti intellettuali che invocano, correttamente, si intenda, la libera esplicazione delle idee, si assiste ad una parallela svalutazione nei confronti del libero scambio tra i beni quando non ad un’aperta ostilità.

Con grande acume, e con una precisione che ci consente di identificare molti dei protagonisti del dibattito nel suo come nel nostro Paese, Coase arriva a dire che quegli intellettuali che esaltano il valore della libera circolazione delle idee e che, in parallelo, invocano una regolamentazione per gli altri settori sono da una parte profondamente convinti della loro superiorità e dall’altra probabilmente vorrebbero essere gli artefici della regolamentazione che predicano. Abbiamo tutti bisogno di libertà, in tutti i campi, siano essi ideali o concreti.

Coase ci induce a riflettere su questa necessità quotidiana e la sua analisi per certi versi spietata di un certo mondo intellettuale, tanto attento alle proprie prerogative quanto poco incline a considerare quelle di tutti gli altri, è una denuncia tanto divertente quanto, sicuramente, attuale anche davanti ai nostri occhi, spesso offesi da spettacoli indecorosi di servitori interessati di cause ben precise.

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