Friedrich August von Hayek e l’essenza della libertà

Lunedì  17 maggio 2021, in occasione del centotrentesimo evento di Lodi Liberale, nell’ambito delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale, abbiamo presentato “La società libera”, di Friedrich August von Hayek.

Per illustrare questo libro di assoluto livello nel panorama delle opere imprescindibili dedicate alla tematica, abbiamo potuto contare su Lorenzo Infantino, professore di Filosofia delle Scienze Sociali presso l’Università LUISS Guido Carli di Roma, Stefano Moroni, professore di Pianificazione Urbana e Politiche Territoriali presso il Politecnico di Milano e Antonio Masala, professore di Filosofia Politica presso l’Università di Pisa.

Il contributo di Friedrich August von Hayek per il pensiero liberale è stato semplicemente impareggiabile. Insieme al suo maestro Ludwig von Mises, ha di fatto mantenuta accesa la fiamma intellettuale della riflessione intorno alla libertà individuale durante gli anni più duri e bui del XX secolo. Se le società del benessere impostate sul libero mercato, sulla proprietà privata, sulla sovranità della legge hanno potuto sopravvivere e prosperare, è stato anche grazie all’opera di questo formidabile pensatore, premio Nobel nel 1974 per l’economia, ma anche scienziato sociale pluriprospettico, con la capacità strabiliante di spaziare dall’analisi economica, appunto, alla filosofia politica, dalla psicologia sociale alla storia delle idee.

Appartenente alla quarta generazione di esponenti della Scuola Austriaca di economia, ha saputo fornire, nell’arco della sua lunga vita (1899-1992) e dei suoi quasi sessant’anni di produzione, una serie di risposte articolate ai “socialisti di tutti i partiti” (come recita significativamente la dedica da lui apposta ad uno dei suoi libri più famosi, “La via della schiavitu'”), oltre che a tutti coloro che chiedevano un apparato concettuale per riconoscersi nelle ragioni della libertà. Hayek ha saputo financo farsi promotore, nell’immediato secondo dopoguerra, di una rilevantissima associazione, la Mont Pèlerin Society, per la promozione e la difesa del mercato, della libertà, della proprietà.

Ora, non è qui il luogo per fornire un quadro inevitabilmente incompleto di quanto fatto ed elaborato da von Hayek lungo la sua esistenza. Ci basti delineare i tratti salienti dell’opera presentata, dove l’Autore, nel 1960, in un ciclo di lezioni memorabili, si occupa delle caratteristiche della “Società libera”, ossia di quel consorzio umano dove fossero tutelate fattivamente le libertà individuali di ciascuno, dove fosse rispettata la sovranità della legge e dove la libertà autentica potesse vivere nel contesto del modello ormai imperante di Welfare State.

In questo scritto troviamo alcuni grandi temi che sono peculiari della speculazione hayekiana, dal rigetto del perfettismo, con conseguente accettazione della limitatezza e della perfettibilità umane, alla necessaria sovranità delle leggi (quelle che tutelano l’individuo, la sua sfera, la sua libertà), dai motivi per i quali la libertà è tanto importante ad un preliminare diradamento degli equivoci teorici e terminologici, dai vantaggi anche pragmatici che conseguono in una civiltà di tipo liberale alla ricostruzione di una tradizione nella storia delle idee.

“La società libera”, il cui titolo originario è “The Constitution of Liberty”, ci descrive un ideale di libertà, ma contestualmente ne mostra come si può realizzare. Ora, Hayek vede chiaramente come il grande ideale di libertà che ha reso grande l’Occidente costituendone il cardine sia in crisi. Uno dei motivi, a suo modo di vedere, è intravisto, fin dalle prime righe, nel fatto che tale ideale non è stato riproposto nella lingua delle generazioni più prossime. Hayek, insomma, rileva una necessità: l’attualizzazione di una serie di principi che non ricevono più adeguata contestualizzazione. È la liberazione degli individui, la tutela del loro proprium qualitativo che deve informare la ricerca, mutando nelle esplicitazioni a seconda dei tempi, ma mai rinnegandone il senso profondo. Con amara quanto onesta ammissione, Hayek insiste a più riprese sulle responsabilità che tutti hanno avuto nel far affermare idee lontane da quelle di libertà. È indispensabile riaffermare i valori alla base della nostra civiltà ed è indispensabile farlo non tanto partendo dall’economia, una scienza con poderosi limiti, quanto da un insieme di assunti che troppo spesso riteniamo pletorici quando addirittura incompresi. Il meccanismo impersonale che regge il mercato opposto agli sforzi tanto titanici quanto destinati al fallimento di tutti i pianificatori è uno di questi assunti. Come pure un altro è quello di liberare le creatività individuali dal peso soffocante delle istituzioni statuali. 

Secondo Hayek, e questo libro ne è una dimostrazione plastica, la libertà è una componente necessaria dello sviluppo umano. In esso, le forze e le componenti che la rendono possibile, oltre che le istituzioni e i pilastri (legislativi e costituzionali) che ne garantiscono la dimensione individuale, vengono mostrati in tutto lo splendore che la prosa chiara ed immediata dell’Autore contribuiscono a rilucidare, per vivificare nuovamente il nostro cammino. In un passo nel quale, dopo aver indicato l’opportunità di una disamina razionale e non prevalentemente passionale a sostegno di ragioni fondate intorno a questo concetto tanto importante, Hayek afferma : “Dobbiamo dimostrare che la libertà non è solo un valore a se’ stante, ma la fonte e la condizione prima di quasi tutti i valori”. Per subito dopo aggiungere : “Quel che una società libera offre all’individuo è olio più di quanto egli sarebbe capace di fare per il solo fatto di essere libero”. Il che sancisce con grande efficacia come sicuramente l’obiettivo primario sia la tutela non tanto della libertà individuale atomisticamente intesa, quanto di una società libera di uomini e donne liberi.

Il libro è ricchissimo di tematiche, di angoli visuali entro i quali definire e discutere la questione, non escluso un’intera parte che si occupa delle applicazioni pratiche alla realtà ed ai problemi che l’Autore aveva davanti a sè quando scriveva. Inevitabilmente, in questa sintesi, dimenticheremo molto, e nella consapevolezza di ciò rimandiamo sicuramente all’esperienza della lettura di questo classico. Ci sia consentito, tuttavia, un accenno conclusivo al poscritto del testo, significativamente intitolato “Perché non sono un conservatore”. Dopo aver descritto la singolare situazione per cui il fronte progressista (radicale e socialista) si è caratterizzato per l’opposizione alla tutela della libertà individuale ed il liberalismo sembra essersi alleato al conservatorismo nella avversione al progressismo così inteso, Hayek precisa un aspetto decisivo (che facilmente possiamo trovare anche nei nostri tempi e nel nostro Paese) : il liberalismo non è mai stato nè per storia nè per vocazione, una dottrina statica, retrograda, ferma. Esso piuttosto è sempre stato la dottrina dell’evoluzione e del miglioramento oltre che della rimozione degli ostacoli al libero sviluppo

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