Biografia di un giornalista fuori dal coro

Biografia di un giornalista fuori dal coro

Alessandro Sallusti ha lavorato per “il Giornale” di Indro Montanelli, poi per “Il Messaggero”, “Avvenire” e per il “Corriere della Sera”. Ha diretto “Libero” e dal 2010 è direttore responsabile del “Giornale”. È stato arrestato per un reato, l’omesso controllo, che inevitabilmente commettono tutti i direttori di giornale (che però in galera non ci sono andati).
Ha conosciuto molto da vicino i protagonisti della politica, dell’economia, della società degli ultimi quarant’anni. A partire dagli episodi della sua vita famigliare, personale e professionale e con lo sguardo attento ai cambiamenti che stanno stravolgendo la nostra immagine del mondo, Sallusti mostra in questo libro il punto di vista “eretico” di un liberal-conservatore abituato a sentirsi minoranza – spesso irrisa – nei “salotti buoni”; tuttavia consapevole di essere in sintonia con la maggioranza delle persone in Europa e in Occidente, come dimostrano i risultati elettorali. Contro la “cancel culture” difende le libertà che costituiscono l’orgoglio dell’Occidente. Contro le utopie buoniste, rappresenta la voce del buonsenso in accordo con la realtà. Il libro non è un romanzo né un racconto né una tesi: Sallusti racconta da par suo episodi della sua vita personale e professionale. Un breviario.
Ci chiarisce lui stesso nella prefazione che ci sono quatto cose importanti:
– La legittimità del “punto di vista” di ciascuno.
Un conservatore liberale non ha diritto di «amare il suo punto di vista», pena l’essere scomunicato in quanto eretico che si contrappone al pensiero dell’unica verità possibile, quella rivelata e proposta dalla sinistra, che affonda le radici nella piaga del comunismo novecentesco. I conservatori in Italia non sono ritenuti degni di governare il Paese tanto da essere messi al rogo, come accade con i manichini durante le manifestazioni di piazza.
– La libertà, come descritta dal filosofo Gustave Thibon, «il filosofo contadino», per aver scelto di vivere in campagna anziché nei salotti parigini: «L’uomo non è libero perché non dipende da nulla o da nessuno: è libero nella misura in cui dipende da ciò che ama».
– Il modo di comunicare: «Le cose principali che sono state dette all’umanità sono sempre state delle cose semplici».
– Che cosa sia una minoranza, come detto da Ayn Rand, filosofa che ha fondato la corrente dell’oggettivismo: «La più piccola minoranza al mondo» sostenne «è il singolo individuo».
Dati ISTAT alla mano, la fotografia degli italiani è impietosa: depressi, scarso curriculum scolastico, “terrapiattisti”, negazionisti, rivoluzionari, refrattari alla scienza, …
Per i motivi più disparati quasi un italiano su tre ragiona, e vota, in preda a ideologie estreme, suggestioni, fascinazioni e tentazioni avventuristiche o utilitariste. E a volte non ragiona per nulla. Dice ancora Sallusti: “Questa è la storia di una presunta eresia: essere di destra; ma è sufficiente non essere omologati alla sinistra, figlia di un grande imbroglio con cui da cinquant’anni mi ritrovo quotidianamente a fare i conti, nella professione e nella vita privata. Una storia di pregiudizi culturali e politici che si trasformano in giudizi carichi di odio e disprezzo fino alle minacce. Ma mi è bastato pescare nella memoria fatti e vicende personali per smascherare menzogne e documentare che le cose sono andate in maniera diversa”.
Già: “fatti e vicende” raccontati senza fronzoli. Quadri illuminanti nella piatta e grigia foschia del “politicamente corretto”. Disarmanti spiegazioni a fantomatici misteri che han portato la sinistra a stracciarsi le vesti o a gridare “attenti al lupo”. Sistematica demolizione di ricostruzioni fantasmagoriche della dietrologia sinistra. Fatti e vicende che conducono il lettore, con garbo e chiarezza, fino alle “sorprese” dell’avvento di Giorgia Meloni e Donald Trump: incubi dei talk show che Tom Wolfe avrebbe confermato appartenere al “radical-chic”.
Sul «caso Meloni» si è acceso un faro. Solo la sinistra, vittima della novità, ripete il disco rotto dell’antifascismo. Pur di esistere preferisce stare nel cono di luce di Meloni invece di cercare le cause della sconfitta. Ecco l’eretico Sallusti: Eresia significa “scelta”: che si oppone a una verità “rivelata”, proposta come tale dal pensiero unico. read more

Luigi Einaudi e l’Europa

Luigi Einaudi e l’Europa

Lunedì 5 maggio, in occasione delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale e libertario, abbiamo presentato “I problemi economici della Federazione europea” di Luigi Einaudi. Erano con noi Paolo Silvestri, ricercatore di Filosofia del Diritto presso l’Università di Catania, Luca Einaudi, Dirigente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e Giuseppe Vegas, professore di Storia Economica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Luigi Einaudi ha dedicato alle complesse problematiche di una auspicabile, nei suoi intenti e nelle sue analisi, unione europea un’attenzione profonda e duratura, attenzione che lo ha impegnato lungo tutto il corso della propria esistenza di studioso e di uomo politico. Nato in un’epoca in cui la prospettiva era unicamente orientata verso la dimensione nazionale, Luigi Einaudi ha sempre sostenuto la necessità, da parte del Vecchio Continente, di superare proprio quello che lui riteneva il ristretto orizzonte delle patrie, dei confini statali e degli interessi particolaristici, mascherati spesso da quelle retoriche che avrebbero precluso, di lì a non molto, agli scontri della Prima e della Seconda Guerra Mondiale. Il suo auspicio, motivato da riflessioni stratificate e da analisi molto serie sugli aspetti economici, politici e legislativi cui tale superamento poteva condurre, era una Federazione europea, cioè l’istituzione di un organismo che andasse al di là e al di sopra delle Nazioni e a cui proprio le Nazioni avrebbero dovuto demandare la propria sovranità territoriale. Vedremo in seguito la centralità di questo richiamo, quasi assillante negli interventi einaudiani, ossia la rinuncia alla sovranità nazionale cui doveva fare da contrappasso l’acquisizione di un’identità europea. Cerchiamo, ora, di ripercorre le tappe principali di questa sentita convinzione europea di Einaudi partendo da un suo fondo su “La Stampa” del 20 agosto del 1897, fondo intitolato “Di una biografia avanti lettera degli Stati Uniti Europei”. Si trattava di una recensione al libro di W.T.Stead <<Stati Uniti d’Europa>>, dove veniva analizzato quel complesso percorso che aveva portato le Potenze Europee al passaggio da un sistema di veti (dove bastava il parere contrario di una di esse per precludere ogni azione) ad un sistema incentrato sul parere e sulla decisione della maggioranza. In questa prospettiva, si inserivano tutta una serie di considerazioni einaudiane che mostrano già in nuce il suo convinto europeismo e il suo fervente federalismo. In quest’ottica vanno lette le sue decise obiezioni e la sua essenziale contrarietà alla “Società delle Nazioni, cioè a quello strumento calato dall’alto dopo la fine della Prima Guerra Mondiale con il quale il concerto delle Nazioni pensava di orientare, dirigere e mantenere la pace in Europa. Verso la “Società delle Nazioni”, la critica di Einaudi è esplicita e radicale : si trattava, infatti, a suo parere, di un semplice conglomerato di Stati che mantenevano di fatto intatta ed integra la loro sovranità. Così impostata, la “Società delle Nazioni” era destinata al fallimento, cosa che, peraltro, avvenne puntualmente. Secondo una visione molto simile, Luigi Einaudi criticò aspramente anche la politica dei “14 punti” del presidente americano Woodrow Wilson in un articolo sul “Corriere della Sera” del 5 gennaio 1918 dove, richiamando proprio la storia degli Stati Uniti d’America. Einaudi sosteneva nell’articolo che proprio il passaggio dalla Costituzione del 1776 a quella del 1787 aveva reso grande il Paese, definendo la sua struttura da un accordo tra Stati ad un nuovo Stato federale. Il 28 dicembre dello stesso anno, sempre in un articolo sul “Corriere della Sera”, Einaudi indica nella ossessione per la sovranità la base per tutte le tragedie europee ed auspica, parallelamente, un’epoca di pace improntata alla creazione di un organismo sovranazionale al quale le singole sovranità nazionali fossero spontaneamente demandate. E’ estremamente significativo che questi due articoli del 1918, ripubblicati sotto lo pseudonimo di “Julius” dalla Laterza nel 1920 finissero per diventare tra le coordinate ispiratrici del progetto di unificazione europea che i redattori del “Manifesto di Ventotene” estesero durante il confino negli anni Quaranta. Durante l’esilio in Svizzera che Einaudi fu costretto a intraprendere negli anni della Seconda Guerra Mondiale, l’economista piemontese scrisse “I problemi economici della Federazione europea”, dove, in un contesto ben preciso (l’esilio, la Svizzera, l’ormai imminente fine del conflitto, la necessità di un preciso ripensamento delle direttrici di politica continentale) Einaudi sembrava voler definire un mondo nuovo al di là dei totalitarismi e dominato dalla pace, dalla libertà e dalle regole. Dopo il termine della Seconda Guerra Mondiale e nella fase che portò alla formazione della Repubblica, Einaudi pronunciò, il 29 luglio 1947, un famoso discorso all’Assemblea Costituente contro la sovranità statale e a favore di un Parlamento Federato dei Rappresentanti delle Nazioni. Poco prima di assumere la carica di Presidente della Repubblica, poi, nel 1948, Einaudi fece una una chiarissima ed esplicita connessione trav la libertà (ed il futuro) dell’Europa e le deroghe delle sovranità statali, echeggiando, in un qualche modo, ciò che aveva fatto cent’anni prima Carlo Cattaneo con il suo richiamo agli Stati Uniti d’Europa. L’Europa comparve, poi, nei suoi interventi laddove espresse con grande spirito profetico i guasti e i sovvertimenti della burocrazia, come pure la necessità di un’educazione orientata allo spirito europeo piuttosto che all’istruzione nazionalistica fine a se stessa. read more