L’individuo come cardine del concetto di responsabilità: “Perché punire” di Vittorio Mathieu

Lunedì diciotto ottobre scorso, in occasione del nostro centoquarantasettesimo evento, concomitante con la seconda serata dedicata dall’Ordine degli Avvocati della Provincia di Lodi alla formazione, abbiamo presentato “Perché punire” di Vittorio Mathieu. Erano con noi Alberto Berardi, avvocato e professore di Diritto Giuresprudenziale presso l’Universita’ degli Studi di Padova, Iuri Maria Prado, avvocato e giornalista, e Giorgio Bottani, avvocato ed ex presidente dell’Ordine degli Avvocati di Lodi.

L’Autore, filosofo e accademico prestigioso oltre che insigne studioso, prese parte attiva nel dibattito politico e civile durante gli anni della sua lunga esistenza (1923-2020). In quest’opera, uscita in prima edizione nel 1977 e ristampata nel 2007, si occupa di alcune tematiche nodali nelle riflessioni sulla giustizia, sulla pena e sulla crisi del sistema penale nel nostro Paese. Lo fa con l’intelligenza acuta che gli era abituale, con un senso acuminato dell’ironia, con uno humour tagliente e con una preparazione vastissima, che gli consentiva di spaziare dalla Filosofia al Diritto alla riflessione politologica.

Quest’opera, che seppe agitare il dibattito culturale dell’epoca in cui uscì, deve necessariamente essere situata nel contesto che la produsse, ossia gli anni di piombo segnati dal terrorismo e, nella prospettiva dell’Autore, profondamente condizionati da un’involuzione nella concezione del diritto e della giustizia. Tuttavia, se il tempo in cui fu scritta, con tutte le sue derive extra legali e con una generale atmosfera culturale ed ideologica (che, di fatto, arrivò persino a modificare i tratti fondamentali dell’ordinamento legislativo) è essenziale per capire questo libro, ciò non di meno molte delle sue riflessioni mantengono intatto il loro valore ed il loro interesse. 

Sono davvero molteplici i punti che meriterebbero una trattazione analitica, e fatalmente questa sintesi deve operare una selezione. Una selezione che non ha la pretesa della completezza o dell’esaustivita’, ma che, ci auguriamo, possa indurre chi ancora non ne ha affrontato la lettura ed è interessato alle tematiche sopra dette a recuperare quest’opera. Un’opera, lo diciamo subito a scanso di equivoci, non semplice, ma in grado di dare moltissimo a chi volesse intraprenderne il cammino. Molto sicuramente resterebbe nel lettore, non necessariamente per condividerne ogni parte, ma per approcciare un punto di vista originale e perciò interessantissimo. 

Quanto Mathieu rileva è la crisi profonda del diritto in Italia. Del diritto in generale nelle sue fondamenta e nelle sue impalcature, ma anche del diritto penale in particolare, quale sintomo più evidente di un regresso nella stessa concezione giuridica. Ad essere ormai sulla via della dissoluzione, secondo l’Autore, è l’individuo come centro, fulcro e perno indivisibile e, quindi, il senso stesso della responsabilità personale. Il soggetto non è più il responsabile delle azioni, ad esso si affiancano altri attori quali la società, le istituzioni, il contesto, la cultura o altro, e comunque tutta una serie di fattori che esautorano il ruolo dell’individuo, relegandolo in un limbo grigio.Se si perde il ruolo primario dell’individuo, del soggetto, di fatto si apre la strada alla deresponsabilizzazione ed, in ultima analisi, ad una giustizia dove domina l’indifferenziato e l’impersonale. Infatti, se l’individuo non è più la fonte da cui scaturisce primariamente la responsabilità, di fatto si avvia un percorso che porta alla negazione della possibilità stessa della giustizia e quindi di una delle componenti necessarie al vivere associato. Ammettere la possibilità della giustizia, per l’individuo, è credere che esista una dimensione oggettiva entro cui inscrivere la possibilità per tutti di vivere una socialità autentica. In un passo estremamente significativo, Mathieu scrive : “La lotta contro l’individuo e quella contro la giustizia (tradizionale) vanno, perciò, di pari passo, come tentativi di scaricarsi il fardello della responsabilità”. Coloro che si impegnano per contrastare l’individuo ed il principio di individualità sono coloro che non sono disposti ad accettare il duro carico della responsabilità. E la lunga vita di Vittorio Mathieu, protrattasi fino ai nostri tempi, ha più volte avuto modo di incrociare simili nemici della centralità del singolo.

Sono molte le parti dedicate alla giustizia penale, ed ad esse rimandiamo per le molte riflessioni che lo scritto è in grado di evocare, anche quando tocca aspetti non propriamente di comune accettazione o quando contribuisce a suscitare una serie di domande urticanti su tematiche molto delicate. Basti qui ricordare come per Mathieu mettere in dubbio natura ed essenza stessa del diritto penale equivale a mettere in pericolo la possibilità strutturale della vita associata, con argomenti desunti dalla sua erudizione vastissima.

Il libro non manca di riportare quelle che sono le caratteristiche ineliminabili (tali, cioè, che venendo a mancare, di fatto crolla e si rende vano ogni tentativo di applicazione della giustizia) del Diritto, e fra queste vi è la simmetria. Un concetto che è complesso, che non si può configurare come un un puro automatismo, ma che è piuttosto il frutto di un’elaborazione stratificata. Ci sia consentito concludere ancora con una citazione dal testo, proprio in merito a questo aspetto. Una citazione che, come si vedrà, ci parla di quei tempi, ma anche del nostro quotidiano :

“È chiaro che il primo provvedimento da prendere, per ridare allo Stato entrambe le funzioni (la giustizia e la difesa, la prima inderogabile, la seconda molto opportuna), è mettere nell’impossibilità di nuocere chi si insedia nelle Procure della Repubblica con lo scopo dichiarato di impedire, sia la giustizia simmetrica, sia la difesa dello Stato”.

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