Norme più semplici per la rinascita delle città

“Gli uomini non hanno altro limite che le opinioni”. Questa è la citazione di Novalis con cui inizia il volume “La città responsabile” del Professor Stefano Moroni che è denso di spunti che fanno riflettere sull’urbanistica in ottica liberale, quasi sempre affrontata con un’impostazione culturale molto lontana dai valori liberali classici.

Nel libro vengono trattate importanti tematiche concrete come il cosiddetto consumo di suolo, le infrastrutture per la mobilità, il trasporto pubblico e quello privato, la libera trasferibilità dei diritti edificatori, le comunità contrattuali, le associazioni residenziali, le città private e molte altre. Una parte stimolante riguarda la spiegazione della distinzione tra il bene (che è soggettivo e che non dovrebbe quindi riguardare la normativa urbanistica) e il giusto (che è in qualche modo definibile in maniera negativa – ovvero il dovere di vietare le azioni che comportino esternalità negative sugli individui – e che può quindi essere oggetto della legislazione urbanistica).

Moroni arriva a contestare l’idea stessa di pianificazione urbanistica novecentesca, proponendo invece di elaborare un vero e proprio codice urbanistico. In particolare, secondo l’autore, le regole urbanistiche dovrebbero essere aspecifiche, rigide, immediatamente operative, uniformi, limitate e non di carattere pianificatorio.

Ciò dimostra che i principi liberali classici che dovrebbero ispirare la legislazione in generale, al fine di garantire le libertà individuali (ossia norme astratte, generali, stabili, prevedibili e di carattere negativo), possono e debbono essere applicati anche a un campo fondamentale per l’esistenza degli uomini come l’urbanistica.

All’interno di questo quadro si riafferma prepotentemente l’idea della mano invisibile di Adam Smith relativamente al fatto che “l’uomo ha sempre bisogno dell’aiuto dei suoi simili, ma lo aspetterebbe invano dalla sola loro benevolenza; avrà invece molta più probabilità di ottenerlo se saprà toccare il loro interesse per loro stessi e dimostrare il vantaggio che essi otterrebbero facendo ciò che egli chiede.” E’ evidente che si parla non tanto di individui egoistici, ma bensì di individui auto-interessati che, perseguendo il proprio interesse, perseguono quello delle società.

Qual è dunque il rapporto ottimale tra pubblico e privato? E quali compiti deve perseguire lo Stato? Lo Stato italiano rastrella una quantità elevata di risorse e, se a fronte di tutto questo, continuano a mancare i fondi si potrebbe pensare da un lato che il soggetto pubblico non può fare tutto quel che pretende di fare e, dall’altro, che è un pessimo utilizzatore di fondi. Il pubblico deve predisporre le regole base della convivenza e fornire alcuni servizi fondamentali, mentre il privato deve perseguire qualunque obiettivo si ponga, rispettando leggi imparziali e pagando tasse predefinite. Quindi il miglior modo per avere una sana collaborazione tra soggetti pubblici e privati è che entrambi svolgano autonomamente i loro differenti e separati ruoli. Per citare Mises: “se uno ritiene che non sia opportuno affidare allo Stato il compito di gestire ferrovie, trattorie o miniere, non per questo è un nemico dello Stato. Lo è tanto poco quanto lo si può chiamare nemico dell’acido solforico perché ritiene che, per quanto esso possa essere utile per svariati scopi, non è certamente adatto a essere bevuto o usato per lavarsi le mani.”

All’interno del volume vengono analizzate capitolo per capitolo diverse parole importanti per un rinnovamento istituzionale e una rinascita civica: onestà, tempo, utilizzo del suolo (e non consumo), vivibilità, creatività, sussidiarietà, regole. Mettendole tutte insieme si capisce quanto sia importante riscoprire le responsabilità di ciascuno: non si può continuare ad urlare “ma qui lo Stato deve fare qualcosa!”, ma è in realtà l’individuo che deve ritornare ad agire in prima persona, visto che solo l’esercizio della responsabilità favorisce il progresso e la vera soluzione dei problemi.

Ciò spiega perché in tutto il libro ci sia una controintuitiva, ma corretta e continua invocazione alla semplicità delle norme e degli strumenti in ambito urbanistico per poter affrontare al meglio la crescente complessità urbana. Un po’ come accade in una dieta, per raggiungere l’obiettivo bisogna da una parte diminuire le quantità mangiate e selezionare meglio ingredienti genuini, ma dall’altra è fondamentale se non un impegno sportivo quantomeno una maggiore mobilità motoria, per avere delle città responsabili è dunque importante e decisivo l’impegno da parte di tutti i soggetti, pubblici e privati, che si riflettano in un vero e proprio rinnovamento istituzionale e in una rinascita civica.

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