La grande lezione di John Locke sulla tolleranza

La grande lezione di John Locke sulla tolleranza

Lunedì primo dicembre, in occasione delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale e libertario, abbiamo presentato la “Lettera sulla tolleranza”, di John Locke. Erano con noi Roberta Sala, professore di Filosofia politica presso l’UniversitĂ  Vita-Salute San Raffaele di Milano, Elisabetta Galeotti, professore doi Filosofia politica presso l’UniversitĂ  del Piemonte orientale, Claudio Martinelli, professore di Diritto pubblico comparato presso l’UniversitĂ  degli Studi di Milano-Bicocca e Cristina Cassina, professore di Storia del pensiero politico presso l’UniversitĂ  di Pisa. L’Epistola de Tolerantia, composta in latino da Locke, fu pubblicata ad Gouda, in Olanda, anonima, nel 1689 e dedicata all’amico Philip Limborch, professore di teologia, che si era prodigato per aiutare l’Autore nel suo esilio nei Paesi Bassi e con cui si era spesso confrontato, sulla tolleranza e su altre tematiche. Il libro ebbe la sua gestazione dal 1685 al 1688, negli stessi anni che lo videro attendere alla composizione del “Saggio sull’intelletto umano”, a cui deve, necessariamente, correlarsi per capire le interrelazioni e le attinenze che possono emergere dal confronto fra le due opere. Nello stesso 1689, William Popple fece uscire una traduzione in inglese dell’Epistola, con sostanziali differenze e senza il beneplacito dell’Autore. Questa traduzione, tuttavia, ebbe uno straordinario successo e sarĂ  solo verso il termine della sua vita che Locke rivelerĂ  esplicitamente di essere l’autore dell’originale in latino. John Locke scrisse, e riflettĂ©, intorno alla tolleranza durante tutta la sua vita di studioso, prima della pubblicazione dell’Epistola come pure dopo, ma questo testo riassume e, in un certo qual modo, condensa con chiarezza e precisione le sue posizioni in materia come pure della tradizione che lo aveva preceduto. Se il cono di luce intorno al quale si sviluppa l’articolazione dello scritto è la tolleranza religiosa, di fatto è sia intorno al concetto stesso di tolleranza che nella necessitĂ  di distinguere nettamente e precisamente le funzioni civili da quelle religiose il gruppo di meriti piĂą importanti di questo contributo. Un contributo che intima e spiega come la pacificazione politica e l’autonomia religiosa possano darsi nella reciproca cautela a non sovrapporre i piani o ad evitare gli sconfinamenti. L’Epistola de Tolerantia, allora, è un chiaro messaggio a comprendere i limiti, a vedere con chiarezza i confini, in un clima di reciproco rispetto che fa da sfondo alla mutua consapevolezza dei rispettivi campi di influenza. E’ evidente e quasi immediato il richiamo alla lezione metodologica del “Saggio”, la grande opera elaborata nel medesimo periodo, dove il senso del limite e la riflessione intorno ai confini gnoseologici domina tutta la trattazione. E se nel “Saggio”, in particolare in alcune sue parti, possiamo trovare echi espliciti della grande tematica della tolleranza, nell’Epistola possiamo trovare la saldatura con alcune posizioni giĂ  sostenute da Locke o inserite nel “Saggio”, pubblicato nel 1690. Il filosofo inglese mostra nella “Lettera sulla tolleranza” quella strabiliante chiarezza espositiva cui deve tanta parte della sua fortuna e l’aver saputo rendere in modo esplicito e palese buona parte dell’iter intellettuale sulla tolleranza lungo i due secoli che lo hanno preceduto in una trattazione accessibile e comprensibile è sicuramente tra i suoi grandi meriti. La lezione che se ne trae non è, allora, solo quella che, di fatto, porta ad un avanzamento indubbio della discussione intorno a questi argomenti, ma anche ad un importantissimo insegnamento per la storia teoretica e pratica della libertĂ , di culto, certo, ma anche di espressione. La soluzione che Locke suggerisce alla apparente insanabile impossibilitĂ  di superare i contrasti è, dunque, la definizione precisa degli ambiti e il divieto a superarli, tra religione e politica, tra Chiesa e Stato. Troppo spesso sono accaduti sconfinamenti simili, in un senso o in un altro, e Locke invita tutti a comprendere dapprima il proprio status e, di conseguenza, a non andare oltre, da parte di nessuna delle parti in conflitto. Solo così il conflitto verrĂ  estinto e ciascun ambito potrĂ  tornare ad esplicitare se stesso nelle funzioni che piĂą gli sono proprie, in pace e in un’atmosfera di rispetto generale. Sono molto interessanti, altresì, le problematiche che Locke non si nasconde e che stanno sempre dietro ad un concetto tanto alto quanto difficile da applicare come quello della piena tolleranza. L’incapacitĂ , per esempio, che talune espressioni religiose mostrano nell’applicare la tolleranza, caratteristica, invece, secondo Locke di ciascuna vera osservanza; o, ancora, il contrasto che talora si evidenzia tra le leggi morali, le leggi razionali, le cosiddette “leggi di natura” e talune applicazioni degli interessi religiosi; o il presupposto della necessitĂ  della cogenza come strumento inevitabile nell’azione del magistrato civile per l’applicazione del ristretto novero di leggi che devono tutelare la sicurezza dei beni civili dei singoli cittadini; o, di nuovo, la mancata applicazione del valore della tolleranza a quei gruppi che minano la conservazione dei valori civili, come i papisti (cattolici apostolici romani, ritenuti fedeli ad un altro Sovrano, il Papa) o gli atei. Il cammino della compiuta tolleranza è stato molto lungo, sicuramente accidentato e possiamo senza tema di smentita dire che nemmeno i nostri giorni lo vedano pienamente realizzato, anzi. E tuttavia, l’Epistola de Tolerantia rappresenta una pietra miliare cui guardare per una convivenza piĂą aperta e libera. read more