Antonio Martino di fronte alla politica contemporanea

E’ stato un onore aver potuto ospitare lo scorso lunedì 17 giugno una personalità del calibro e della rilevanza di Antonio Martino insieme con il giornalista Giovanni Sallusti. La serata, dal titolo “Antonio Martino e i liberali in politica”, ha avuto come filo conduttore la brillantezza, l’ironia, l’intelligenza, lo humor, i ricordi e le analisi dell’illustre economista. Antonio Martino è stato docente universitario di Economia politica, Economia internazionale, Storia e politica monetaria, nel solco di una tradizione liberista, sicuramente minoritaria in Italia, fedele all’impostazione della Scuola di Chicago, cioè alla gloriosa linea di ricerca che ha assicurato tanti esponenti di rilievo nella storia della disciplina e tanti premi Nobel.

Ma la connotazione di docente universitario è, nel suo caso, sicuramente riduttiva, visto il suo percorso, la sua storia familiare e i suoi molteplici interessi.

Antonio Martino, infatti, è figlio di Gaetano Martino, uno degli artefici dell’Unione europea, Presidente del Parlamento europeo, Ministro degli Esteri e dell’Istruzione negli anni cinquanta del secolo scorso, Parlamentare dal 1948 al 1968, Presidente del Partito Liberale Italiano e Rettore all’Università La Sapienza. Dalla vicinanza con il padre assorbe la passione politica che esercita, tuttavia, solo dopo una solida formazione culturale culminata nella borsa di studio europea trascorsa proprio a Chicago. Qui conosce quella straordinaria serie di economisti ed esperti delle scienze sociali che, sulla linea tracciata da Frank H. Knight, si confrontano e si arricchiscono vicendevolmente delle rispettive riflessioni, portando il livello delle discipline trattate a un grado notevolissimo. I nomi di George Stigler e soprattutto di Milton Friedman, senza dimenticare Gary Becker – per citare solo i maggiori – esemplificano una grande stagione intellettuale che ebbe una considerevole, duratura e feconda influenza sulle politiche economiche di colossi quali la Gran Bretagna di Margaret Thatcher e gli Stati Uniti di Ronald Reagan. Al ritorno in Italia, Antonio Martino intraprese la carriera universitaria che divenne la solida base di partenza quando decise di accettare un diretto coinvolgimento politico. Furono gli anni della creazione di Forza Italia, della elezione a parlamentare, dal 1994 al 2018, dell’impegno nei governi, sia come ministro degli Esteri che come Ministro della Difesa, ma soprattutto del costante e prezioso contributo di idee al suo schieramento. Il tutto senza smettere di scrivere, sulla carta stampata periodica, su pubblicazioni o libri sia specialistici che di divulgazione. E sempre dimostrando la propria finezza intellettuale, la propria arguzia, la propria preparazione sulle tematiche economiche, giuridiche, di politica interna e internazionale.

Una grande figura, dunque, che ha portato avanti imperterrito la passione per la causa della libertà. La libertà senza aggettivi, ma che si può meglio esplicitare come difesa delle libertà individuali e della libertà economica – e quindi dell’ordine di mercato – oltre che dei valori più propriamente liberali. Antonio Martino è un liberista, fiero di esserlo e di definirsi tale, conscio che, senza l’ombrello del complesso di componenti che soggiacciono alla società aperta e al libero mercato, la nostra civiltà non potrebbe vantare il livello innanzitutto etico e poi di risultati che è sotto i nostri occhi, anche se troppo spesso dimenticato. Martino è consapevole che questo non sia il punto di vista prevalente nella considerazione intellettuale, così come sa che tesi come queste sono tanto ovvie quanto scandalose, perfino nel 2019. Soprattutto tra gli italiani, grandi amanti delle libertà, ma molto poco inclini a combattere per esse traendone tutte le dovute conseguenze. La pratica dell’idea liberale è invece un continuo esercizio e una continua vigilanza nei confronti del potere. Ogni tipo di potere che, in quanto tale, tende a esondare e a soffocare la libertà dell’individuo, in tutte le sue forme.

Durante la serata, in cui i gustosi aneddoti si sono alternati alla visione sempre originalissima di un padre nobile del liberalismo italiano, l’attualità politica si è utilmente congiunta con i ricordi della Prima e della Seconda Repubblica, nei resoconti di un liberale che ha vissuto la sua esperienza parlamentare anche come un servizio al proprio Paese, oltre che all’ideale rigoroso di libertà.

Per concludere, ricordiamo alcuni dei principali contributi con cui il professor Martino ha animato il dibattito sulle tematiche più rilevanti della nostra società. Tralasciando l’esame dei suoi studi più specialistici, citiamo “La rivolta liberale” del 1994 in cui vengono tracciate le coordinate fiscali, statuali, occupazionali e di politica estera del programma che caratterizzerà “Forza Italia”. A seguire “Economia e libertà” del 1996, una raccolta di interventi su liberalismo, statalismo, macroeconomia, informazione, prezzi, immigrazione e unificazione europea. Più esplicitamente dedicato al complesso nodo fiscale, all’intrico della spesa pubblica e in genere a una ridefinizione di ruoli e competenze è “Stato padrone” del 1997. Infine, in “Liberalismo quotidiano” del 2008 Antonio Martino fornisce ai lettori un complesso di ritratti e recensioni, di critiche al modello italiano di Welfare State e ai fondamenti della sua politica economica, di analisi profonde sull’Europa e un collegamento, operato con rigore di esempi e profondità di pensiero, tra statalismo e corruzione. La produzione del professor Martino è, ovviamente, molto più ricca, crediamo, tuttavia, che la lettura di queste pubblicazioni, oltre che estremamente utile per la causa stessa della libertà nella vita associata, possa costituire una valida introduzione alle posizioni del Nostro.

Commenta l'articolo

commenti