Il federalismo svizzero come alternativa al centralismo

Giovedì 23 marzo abbiamo presentato il libro di Carlo Lottieri “Un’idea elvetica di libertà” insieme all’autore (Professore di Filosofia Politica all’Università degli Studi di Siena) e a Paolo Pamini (Deputato al Parlamento del Canton Ticino). Si tratta di un contributo importante per capire la Svizzera, ma soprattutto per offrire un’alternativa agli Stati europei. Il sottotitolo del libro recita significativamente “Nella crisi della modernità europea”, il che significa che esso si pone come un Giano bifronte che, da un lato, illustra le peculiarità della Confederazione, e dall’altro, mostrandoci il fallimento dell’idea di Europa e la crisi dello Stato quale forma politica della modernità, ci indica come un altro modello sia possibile. Un libro quindi sulla Svizzera, ma soprattutto sull’Europa e gli Stati europei, per capirne gli sviluppi e per suggerirne linee di evoluzione.

Per procedere al meglio nell’analisi è opportuno partire dal quadro che Lottieri, con lucidità, ha tracciato dell’Europa (intesa come Unione Europea) e degli Stati che la compongono: è fallita l’idea stessa di Europa, visto che sotto i nostri occhi ci sono i pessimi risultati e il discredito di un progetto che coinvolge stancamente Stati fra loro in continua tensione, dominato da scelte non condivise (dalla moneta unica alla iper-regolamentazione, dalla ipertrofia legislativa fino a un fisco vessatorio).

Di fronte a queste rovine, di fronte a un quadro dal quale un’economia vitale come quella inglese si è sfilata per le scelte libere dei suoi attori unici, vale a dire i cittadini, abbiamo di converso il successo incarnato dalla Svizzera, dalla sua forza economica, ma soprattutto dalla solidità e dall’intelligenza rappresentate dalla sua morfologia politico-istituzionale.

Innanzitutto un localismo effettivo, un autogoverno reale e competitivo fin dal più basso livello. Di seguito, una neutralità che non è disarmo, ma difesa individuale del territorio. E ancora, forme frequenti di democrazia diretta. Fino a giungere a una relativamente bassa tassazione, semplice e intuitiva, oltre che una non invadente regolamentazione amministrativa e burocratica. Insomma, in sintesi, una limitata presenza dello Stato come garanzia di benessere e di tranquillità.

Al centro di questa struttura agile, l’idea di Federalismo, cioè una reale autonomia nel governo delle proprie comunità che è il frutto di una storia lunga cinquecento anni contraddistinta dall’autogoverno, per giungere a una concorrenza fra le istituzioni che regolano i territori. Questi territori, autonomi e sovrani, prosperano in una cornice di mercato concorrenziale dei servizi.

La Svizzera è davvero un’alternativa concreta allo Stato così come lo conosciamo. L’auspicio dell’Autore è che l’Europa riesca a capire la grande lezione elvetica, la quale rappresenta, nondimeno, il ritorno allo spirito più autentico del mondo pre-statuale.

Lo stimolante intervento di Paolo Pamini, che è anche consulente fiscale in ambito societario, ha fornito uno spaccato della Svizzera dal di dentro, un excursus della sua grande peculiarità, ossia il policentrismo, come pure della centralità, in un’autentica prospettiva federale, della questione fiscale. Una centralità che, però, non significa esclusività. La concorrenza fra i servizi nei vari territori fornisce un’offerta che viene valutata e scelta dai cittadini, i quali però non hanno solo la fiscalità come criterio discriminante per la scelta. La Svizzera non è il Paese di Bengodi o il Paradiso Terrestre. È una realtà che, di fronte ai problemi della contemporaneità, tiene ancora conto della sua storia, della sua identità e delle sue tradizioni.

I ventisei cantoni rappresentano ciascuno un organismo ben preciso, vivo e pulsante, capace di sviluppare una dialettica di confronto con le istituzioni confederali e di apertura nei confronti dei cittadini. Al riparo dalle idealizzazioni o dagli stereotipi, la Svizzera è un paese con un substrato ideale e un profilo identitario ancora visibile. Non crediamo che si possa sempre dire la stessa cosa degli Stati che lo attorniano.

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