Il liberalismo, la chiave del nostro benessere

Lunedì 8 gennaio abbiamo presentato, nel contesto delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale e libertario, il libro di Deirdre McCloskey “Il liberalismo funziona”. Erano con noi, l’Autrice, in un contributo video, Raimondo Cubeddu, Senior Fellow dell’Istituto Bruno Leoni, Alessandra Maglie, dottore di ricerca in mutamento sociale e politico presso l’Università degli Studi di Torino e Paolo Silvestri, ricercatore in Filosofia del Diritto presso l’Università di Catania. Il libro reca, come spesso avviene, un significativo sottotitolo, che recita “Come gli autentici valori liberali rendono il mondo più libero, equo e prospero per tutti”. Il che, con una modalità capovolta, sostiene esplicitamente che, laddove si sono registrate un incremento di libertà, uguaglianza e benessere per tutti, detti incrementi sono dovuti alle idee, ai valori e alle coordinate del pensiero liberale classico. E’ più che mai importante, soprattutto alla luce del pulviscolo interpretativo spesso contrastante che interessa particolarmente l’universo liberale, che vengano definiti gli ambiti, al fine di evidenziare con chiarezza quale prospettiva è stata adottata e quali strade imboccate per costruire un affresco quanto più possibile ampio e plausibile. L’Autrice, infatti, si misura niente meno che con una scommessa non da poco, che potremmo sintetizzare nel tentativo di attribuire agli ideali liberali che essa condivide i progressi, gli avanzamenti e ciò che di valido ed utile ha contraddistinto il cammino umano, almeno nei paesi che un tempo si sarebbero definiti “occidentali”. Ora, la sua prospettiva è quella per la quale è alla visione autenticamente liberale, risalente ad Adam Smith ed alla sua morale contenuta nella “Teoria dei sentimenti morali” (testo, peraltro, presentato da Lodi Liberale) che l’umanità deve i suoi incontestabili e documentabili progressi, una filosofia di vita e di pensiero che, unita al capitalismo (o, per usare il termine preferito dall’Autrice, all’ <<innovismo>>) ha indotto ciascun uomo a migliorare la propria condizione in termini e modalità sconosciuti e spettacolari ad un’analisi storica anche superficiale. Qui sta un punto che crediamo centrale nell’analisi del contributo in esame : esso si sostanzia e prende vita, ci sembra, anche dalla mancata o non adeguata considerazione che gli ideali liberali hanno significato e continuano a significare per ogni uomo o donna del nostro pianeta. E non solo in termini di benessere materiale, pur importante e non certo da disprezzare, ma in termini, principalmente etici (l’Autrice non teme di porre la questione principalmente su questo piano), laddove alcune significative conquiste che fanno parte ormai del bagaglio collettivo (si pensi alla parità delle opportunità, all’attenzione ai diritti, alla centralità dell’individuo, alla limitazione dell’ingerenza della sfera pubblica su quella privata, ma potremmo continuare …) sono state rese possibili o capaci di imporre la loro importanza grazie sia gli ideali di libertà e dignità personali coltivati e resi operanti dal liberalismo nelle società sia da quello che si può definire come la diretta conseguenza di tutto questo, ossia il “Grande Arricchimento” che tutto questo sostrato ha generato, ha portato con sè e, in definitiva, ha giustificato. Ciascuno può legittimamente interrogarsi sui limiti delle società liberali, sulle grandi problematiche che esse sollevano e sulle prospettive che esse dischiudono, ma è altrettanto indubitabile che è all’interno di un alveo di libertà, uguaglianza, progressiva limitazione delle disparità economiche e sociali, aumento delle opportunità, ricchezza più diffusa, sempre migliori condizioni di vita assicurate che ciascuno può muoversi per tutta una serie di atti che coinvolgono la sua facoltà individuale di operare sull’esistente. L’età liberale ha consentito alle singole persone di essere se stesse, di potersi esprimere, di rifiutare la coercizione, di capire il valore della responsabilità, dell’autonomia, dell’indipendenza. Deirdre McCloskey tratteggia, in questo libro come in pressoché tutta la sua opera, le lodi entusiaste ed orgogliose di un universo culturale a cui tutti dobbiamo tanto e lo fa con toni ed accenti sicuramente entusiasti. Lo fa anche, crediamo, per rispondere alla marea montante di disinteresse, indifferenza o incomprensioni che sorgono nel dibattito contemporaneo, sia esso accademico come pure giornalistico, mediatico o quotidiano. Viene in mente una famosa citazione del grande letterato argentino Jorge Luis Borges, laddove affermava che “detestiamo dovere qualcosa ai nostri contemporanei”. Qui questa idea potrebbe essere adattata dicendo che troppo spesso vediamo come si detesta dover tanto alle idee liberali, al peso che esse hanno avuto nella storia e nella formazione del nostro benessere individuale e generale come pure a ciò che esse comportano. Perché, e l’Autrice in tal senso è molto chiara, adottare queste idee, riconoscerne l’importanza e il peso, comporta da un lato l’abbandono di troppo facili o comode prospettive, dall’altro l’assunzione di una visione adulta, che faccia propria la responsabilità, la serena accettazione della diversità e di un mondo fatto di realtà, non di utopie.08

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