Il Minotauro, ovvero: come si gestisce il potere?

Quella che Castellani offre in questo libro è una disamina dettagliata, approfondita e documentata della storia dell’evoluzione dello Stato, ma soprattutto della sua gestione nel corso dei secoli.

Il libro è incentrato sui cambiamenti che sono avvenuti principalmente a partire dalla rivoluzione francese, che funge da spartiacque nella storia della nascita degli Stati moderni, fino ad arrivare alle più recenti evoluzioni dello Stato.

La storia della gestione statale ci viene raccontata tramite una figura che, a detta dell’autore, è centrale e fondamentale per capire ciò che è accaduto al Leviatano nel corso delle sue tante espressioni, affiancandolo a un’altra figura mitologica, quella del Minotauro, definito come “bestia intercambiabile tra un mezzo burocrate e un mezzo manager” che ha accompagnato lo Stato in tutte le sue evoluzioni riuscendo sempre a sopravvivere. Infatti “questo Minotauro […] ha attraversato ideologie, totalitarismi, crisi e trionfi uscendone sempre indenne e sempre rinnovato”.

Il Minotauro però, nel corso della sua storia, ha dovuto fare sempre di più i conti con l’evoluzione della società ed è finito inevitabilmente per essere influenzato da essa: insieme alla rivoluzione francese anche la rivoluzione industriale e l’avvento del capitalismo cambiarono i paradigmi su cui lo Stato aveva basato la sua interazione con la società, iniziarono a entrare prepotentemente nella gestione delle attività pubbliche criteri di efficienza tipicamente utilizzati nel settore privato. La produttività derivante dalla gestione manageriale unità al progresso economico e tecnologico aveva dimostrato alle società il miglioramento che si poteva ottenere e lo Stato, per non esserne spodestato, doveva adattarsi velocemente e introdurre anche al suo interno questo tipo di approccio.

Chiaramente le popolazioni e gli Stati (essendo questi ultimi in molteplici delle loro caratteristiche espressioni di esse) non sono omogenei, e nella loro eterogeneità di storie, identità ed eredità richiesero approcci diversi, in alcuni casi anche radicalmente, ma sostanzialmente tutti accomunati da una massiccia infiltrazione della gestione manageriale. Nel libro vengono descritti gli sviluppi di Stati Uniti (importantissimo e di grande influenza l’approccio tayloristico), Italia, Germania, Francia, Inghilterra e Unione Sovietica, mostrando come il management possa essere introdotto non solo in democrazie e in economie di mercato, ma riesca anche a sopravvivere e ad essere fortemente richiesto anche in dittature ed economie programmate.

Affrontare periodi pre, intra e post bellici richiese riconfigurazioni profonde delle mansioni dello stato, dalla gestione degli approvvigionamenti e infrastrutture militari a sistemi di welfare e infrastrutture pubbliche, il tutto in un conflitto costante e progressivamente accentuatosi con la politica, sia per visioni differenti ma soprattutto per ottenere indipendenza da essa.

Se inizialmente come per esempio descritto nel caso della Germania lo Stato ricorse a carriere specifiche con percorsi universitari e successivi concorsi per la formazione dei propri dirigenti pubblici (che rimanevano però ancora troppo burocrati), successivamente si ricorse massicciamente a figure di consulenti o all’assunzione di manager che venivano dal settore privato; tuttavia sembrerebbe che la figura che riassume in modo più significativo le peculiarità oggi richieste a chi deve gestire gli affari dello Stato è quella del “civil servant”, una figura che abbia il senso dello Stato e percepisca gli affari che esso deve gestire come di natura strategica per la società, ben sapendo però che verrà sottoposto alle stesse valutazioni di efficienza e produttività del settore privato.

Resta chiaramente da vedere come si evolverà adesso questa figura, sia per riuscire a stare al passo con una società sempre più dinamica e in cambiamento costante ma anche per affrontare problemi di natura secolare che hanno caratterizzato ogni epoca della storia umana e che sono riemersi violentemente negli ultimi due decenni, ricordandosi però di non mitizzare o demonizzare la figura del Minotauro. Come ci ricorda l’autore: “c’è una parte di luce e c’è una parte di oscurità. E come in tutte le cose umane si deve coltivare la forza morale per far prevalere la prima sulla seconda”.

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