Il neoliberismo tra mito e realtà

Lo scorso lunedì 11 febbraio abbiamo presentato il libro di Alberto Mingardi “La verità, vi prego, sul neoliberismo. Il poco che c’è, il tanto che manca” insieme all’autore (Direttore Generale dell’Istituto Bruno Leoni), Alessandro Sallusti (Direttore de Il Giornale) e Sebastiano Barisoni (Vicedirettore Esecutivo di Radio 24).

Non è raro sentire additare il neoliberismo come uno dei principali responsabili dei mali che affligono la società e l’economia del mondo globalizzato. Tali affermazioni provengono spesso da persone che si ritrovano in schieramenti politicamente opposti. Assistiamo a una sorta di universale colpevolizzazione, un mantra che viene ripetuto e interpretato in tante declinazioni, ma con lo stesso spartito.

Tuttavia un approccio più attento e razionale ci rivela che la verità è ben lontana dalla vulgata comune. Se studiamo le tesi del fronte critico del neoliberismo notiamo che queste critiche confliggono con moltissimi dati e constatazioni che è molto difficile mettere in discussione.

Sono varie le definizioni di neoliberismo pronunciate da chi vi si scaglia contro: dittatura del mercato, frutto della superbia dei magnati della finanza nella loro pretesa di mantenere i privilegi. Insomma la ricchezza dei pochi, la predominanza di istituti sovrastatali (Unione Europea, Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale, associazioni e circoli globali di direzione strategica) che condizionerebbero le scelte politiche dei governi con la loro esclusività e potenza. Di fronte a questo marasma di voci, spesso in contraddizione fra loro e soprattutto con i dati forniti dalla realtà dei fatti, Mingardi ha voluto fare chiarezza.

Innanzitutto è fondamentale partire da una definizione terminologica corretta che deve necessariamente passare attraverso la sua storia e i suoi fraintendimenti. Dopo averne ripercorso la storia dai primordi agli sviluppi del neoliberismo, il volume tenta di esporne una dettagliata ed estesa definizione, evidenziandone i troppo spesso disconosciuti o dimenticati meriti. Con grande chiarezza espositiva, Mingardi spiega come le posizioni critiche alle teorie liberali in realtà costituiscano un attacco al fondamento stesso dell’evoluzione della nostra civiltà, che ha saputo compiere straordinari avanzamenti proprio grazie a tutte le componenti ideologiche e di mentalità che passano sotto i nomi generici quanto intimamente davvero poco conosciuti di “liberismo” o “neoliberismo”.

Quanto sta quotidianamente sotto i nostri occhi è l’allargamento progressivo dell’area di ingerenza dello Stato sulla sfera più propriamente individuale e intima di ogni persona. Ma lo Stato non è in grado di allocare correttamente le risorse, lo Stato non è in grado di stabilire i prezzi o di pianificare tutte le scelte, se non mediante un restringimento inaccettabile della nostra libertà quotidiana. Lo Stato, arrogandosi tutti i compiti, utilizzando tutti i mezzi e decidendo tutti i fini, non si può definire come un aiuto benevolo, ma come un despota dai connotati variabili, a seconda delle maggioranze parlamentari.

In questo senso, le considerazioni compiute nell’ultimo capitolo ci rivelano la fallacia di politiche economiche impostate su una sorta di protezionismo rivisitato e adattato alle mutate richieste populiste. La diversità, frutto della constatazione inoppugnabile che un sistema aperto è preferibile a un sistema chiuso, è sempre da sostenere, primariamente per motivazioni etiche, oltre che per le conseguenze dirette in un’economia che ormai, anche grazie a alcune istanze neoliberiste, è diventata globalizzata.

In buona sostanza il libro sostiene, con un vasto suffragio di dati, che nel mondo non regna affatto la libera concorrenza poiché, soprattutto in Italia, questa non vede nemmeno lontanamente una sua effettiva realizzazione. La presenza ingombrante di uno Stato illimitato e delle sue ingerenze collettiviste impedisce una vera libera concorrenza. Dove essa ha potuto operare attraverso le sue caratteristiche precipue abbiamo avuto prosperità e benessere di cui tutti beneficiamo, sia nel mondo così detto avanzato che nelle realtà in via di sviluppo e nel cosiddetto terzo mondo. Si tende troppo spesso a dimenticare questa prosperità e il conseguente benessere che hanno comportato un indubitabile avanzamento dei nostri standard di vita, preferendo invece concentrarsi su critiche tanto infondate quanto immeritate.

Una delle tesi espresse nel lavoro di Mingardi, condensata esplicitamente anche nel sottotitolo, è che di neoliberismo fecondo e autentico (non la caricatura o il capro espiatorio delineato da molti suoi nemici) ce ne sia in realtà troppo poco. Il liberismo non conduce a un universo senza regole o a una giungla dominata dalla violenza, quanto piuttosto esattamente al suo contrario, ossia a un sistema di libertà autoregolantesi, con al centro il rispetto per l’individuo, la sua sfera di proprietà e di diritti, protetti dall’arbitrio del potere politico e della volontà collettiva.

In un mondo come quello di oggi, e in un paese come l’Italia, non è il neoliberismo, creatore di benessere e prosperità, il vero problema. I veri problemi sono una legislazione opprimente e contraddittoria, una tassazione gravosa e pervasiva, una giustizia iniqua e kafkiana, una politica e uno Stato che in modo totalizzante si estendono sulle vite individuali.

Con umiltà e rispetto del reale, il libro si appella all’imperfezione del genere umano ma ribadisce, con forza e rispetto di ciò che è avvenuto nella storia, che la libertà, unita alla responsabilità individuale, consente l’avanzamento e il progresso dell’umanità. Insomma, siamo in presenza di un libro la cui lettura è imprescindibile per poter smontare tutta la serie di falsità e luoghi comuni su quello che viene spregiativamente definito neoliberismo.

Commenta l'articolo

commenti