Il rapporto difficile e necessario tra democrazia e sicurezza

Lunedì 22 novembre abbiamo presentato in una conferenza virtuale il volume dal titolo “Democrazia e sicurezza. Società occidentali e violenza collettiva”, insieme al curatore, Angelo Panebianco, ed a Francesco Niccolò Moro e Chiara Ruffa, autori di saggi all’interno del contributo collettaneo.

Si tratta di una raccolta di saggi brevi di Scienza Politica aventi ad oggetto la più recente letteratura accademica relativa, come suggerisce il titolo, il rapporto tra democrazia e sicurezza. Un rapporto, come il saggio espone, che si articola in relazioni di necessaria fiducia tra gli agenti delle relazioni nazionali e internazionali: elettori ed eletti, governi e forze militari, perfino tra gli stessi stati nazionali. Un rapporto tanto prezioso per l’esistenza stessa della democrazia, quanto delicato e più volte messo alla prova dalle vicende storiche. Se di democrazia si vuole disquisire, in poche parole, bisogna valutare quanto gli individui cedano in cambio della sicurezza che ottengono dal sistema al quale offrono parte delle proprie libertà, e, da un punto di vista analitico, quali siano i fattori empiricamente più pericolosi per questo genere di sistema.

Il saggio accompagna il lettore nella meticolosa elaborazione delle risposte a queste domande, partendo dal (relativo) microsistema del rapporto elettore – eletto, per poi ampliare la propria prospettiva al ruolo dell’opinione pubblica e alla sua malleabilità, al monopolio della forza da parte dei parlamenti, all’organizzazione del forze armate, alle differenze tra sistemi multipolari e unipolari nelle relazioni internazionali, toccando temi annosi quali il terrorismo, la criminalità e i flussi migratori. Diventa quindi di cruciale importanza per la tutela del sistema democratico non solo la garanzia di un sano e libero dibattito pubblico, ma anche la salvaguardia di un sistema multipolare, che garantisca a stati per così dire “periferici” di scegliere da sé la propria organizzazione interna e che non si accodino, in questo senso, ad una superpotenza; così come la supervisione dell’operato delle forze armate non tanto da parte del legislatore o dell’esecutivo, quanto da parte dei cittadini, ricopre esso stesso un ruolo di primaria importanza.

Adoperando, inoltre, un sistema analitico differente dall’analisi scientifica, il saggio si avvale anche di strumenti delle discipline umanistiche: in nessuno dei saggi è presente alcuna tesi da dimostrare, non vi sono esperimenti ripetibili, eppure ogni conclusione raggiunta risulta aperta al dibattito accademico e quindi confutabile. Gli autori procedono, di volta in volta, interrogandosi circa una sfaccettatura del complesso rapporto democratico e articolando un’analisi completa quando accessibile al lettore, per restituire un quadro completo e composito dei molteplici contributi accademici e del proprio personale lavoro di analisi.

Ne consigliamo la lettura a più o meno attenti osservatori delle vicende nazionali e internazionali, che si sentano pronti ad intraprendere un percorso delineato da illustri conoscitori della materia politica, capace di arricchire la prospettiva del lettore circa le luci e le ombre della “Peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”, citando Churchill. Sebbene si tratti di un testo non esattamente accessibile ai più, l’abilità degli autori ha reso questo saggio dal valore accademico agilmente fruibile da chi sceglierà di investire il proprio tempo in un’occupazione tanto impegnativa quanto culturalmente rilevante.

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