L’educazione è libera? Domande alla nostra classe politica

Lunedì 4 maggio, nella nostra 82esima serata, abbiamo presentato il libro “Lettera ai politici sulla libertà di scuola” di Dario Antiseri e suor Anna Monia Alfieri insieme all’autrice, allo scrittore e giornalista Giancristiano Desiderio e a Yuri Coppi, dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale di Lodi.

La tematica è estremamente stimolante, trattandosi principalmente della libertà di scelta educativa nel nostro paese, oltre che della situazione della scuola pubblica paritaria oggi, in bilico tra una difficile sopravvivenza e il riconoscimento di uno statuto che è nella legge, ma non nei fatti.

Il libro affronta la problematica sia da un punto di vista oggettivo che da quello ideale, fondato su una prospettiva autenticamente liberale. L’apparente paradosso rappresentato dalla congiunzione tra le istanze delle scuole paritarie e quelle più genuinamente liberali è, per l’appunto, solo apparente e destinato a svanire agli occhi di una persona che non sia vittima di steccati ideologici o pregiudizi.

Condividere la battaglia delle scuole paritarie oggi significa, infatti, connotare con esattezza la natura precisa del nostro Stato di diritto. Significa opporsi a un monopolio, quello statale sulle scuole e sull’educazione, tanto lontano dalla teoria e dalla storia liberali quanto pericoloso. Significa mettersi d’accordo sulle corrette definizioni di “pubblico”, “statale” e “servizio” per capire che, nonostante le mille difficoltà, è esistita e continua ad esistere una scuola che effettua un vitale servizio, ma che si connota come pubblica e paritaria insieme, con programmi definiti dal ministero, producendo efficienza, ottimi risultati e contenimento dei costi. Significa essere consapevoli che instaurare e mantenere le condizioni di una reale concorrenza in questo campo eleva gli standard e fornisce uno stimolo a tutti gli attori del settore presenti sul territorio nazionale. Significa, aspetto non meno rilevante, garantire la diversità, rigettare l’omologazione e tutelare, soprattutto, la libertà di scelta educativa da parte delle famiglie.

I grandi pensatori liberali hanno sempre sottolineato l’importanza della tematica educativa, scolastica e formativa. Nei loro scritti si è avvertita sia la preoccupazione che la passione per questo grande fondamento del vivere civile. Da Alexis de Tocqueville ad Antonio Rosmini, dai passi più ispirati di John Stuart Mill a don Luigi Sturzo, da Karl Popper a Friedrich von Hayek, fino a Milton Friedman e Luigi Einaudi, sono molti i passi che vertono su una scuola libera in concorrenza, opposta al monopolio, capace di assicurare la diversità di impostazioni e il maggior numero possibile di scelte ai fruitori finali. In grado così di ingenerare processi di virtuoso superamento dell’esistente e di scoperta del nuovo.

I pensatori liberali hanno sempre avuto a cuore l’educazione, non come indottrinamento o come meccanismo di passiva acquisizione di nozioni simili a ordini, ma come sviluppo di capacità critiche, di discussione e messa in dubbio, per crescere uomini e donne maturi e consapevoli, autonomi e responsabili, non meri esecutori incasellati in meccanismi omogenei.

È doveroso fare un breve cenno a una proposta concreta che un pensatore liberale e premio Nobel per l’Economia, Milton Friedman, ha formulato e che è divenuta, variamente ripresa, ampliata e adattata a vari contesti, un punto fermo di molti seri progetti di riforma del sistema scolastico. Ci riferiamo naturalmente al cosiddetto “buono scuola”, un meccanismo con cui i fondi attualmente destinati all’istruzione vengono assegnati direttamente alle famiglie che decidono poi come e dove impiegarli nella scelta della scuola che preferiscono. Questi buoni scuola, o voucher, oltre che scatenare una sana concorrenza in questo settore, sarebbero poi una vera e propria carta di liberazione dei meno abbienti mettendoli finalmente nelle condizione di scegliere liberamente l’istruzione dei propri figli.

Il tema educativo rappresenta, nella situazione estremamente preoccupante della nostra spesa pubblica e del nostro debito, una voce su cui riflettere. A fronte di un costante evocare maggiori contributi e un maggiore indebitamento pubblico, varrebbe la pena di provare a scandagliare tutte quelle possibili soluzioni di stampo liberale che da noi non hanno mai avuto, se non marginalmente, ascolto. E scopriremmo così che restituire libertà di scelta educativa alle famiglie porta anche a un risparmio di denaro pubblico, visto il minore costo per alunno delle scuole paritarie. Ampliare la libertà, oltre che produrre concorrenza, creatività e imprenditorialità, farebbe quindi anche risparmiare e dunque cosa aspettiamo ancora?

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