Tagliare la spesa per rilanciare il Paese

Lunedì 18 gennaio abbiamo avuto l’onore di presentare il libro di Carlo Cottarelli, “La lista della spesa”, insieme all’autore (oggi Direttore esecutivo del Fondo Monetario Internazionale e, da ottobre 2013 a novembre 2014, Commissario straordinario per la revisione della spesa) e ad Alessandro de Nicola (Presidente dell’Adam Smith Society). Il volume, che ha finora avuto un meritato e straordinario successo, si legge come un bel romanzo che ci fa fare un viaggio, numeri alla mano, nei meandri della spesa pubblica italiana. Crediamo che dovrebbe essere una lettura obbligatoria per qualunque cittadino consapevole del fatto che nel 2014 (ultimo anno in cui si hanno dati certi) le varie amministrazioni pubbliche in Italia hanno speso oltre 835 miliardi di euro di soldi dei contribuenti, il tutto essenzialmente per tre cose: acquisti, personale e trasferimenti, o – per usare il linguaggio dell’autore – “ lo stato che acquista”, “lo stato che impiega” e “lo stato che stacca assegni”. Questa cifra può essere ampiamente ridotta sia spendendo meglio, aumentando quindi l’efficienza e diminuendo sprechi e duplicazioni inutili, che delimitando in maniera più chiara il perimetro d’azione dello stato, ovvero decidendo che alcune spese devono essere lasciate al mercato o eliminate del tutto, essendo solo spese clientelari.

Con un linguaggio comprensibile al vasto pubblico, Cottarelli risponde alle domande che tutti si pongono: che fine fanno i soldi versati per le tasse, dove si spreca di più, qual è la situazione italiana rispetto agli altri paesi che hanno adottato l’euro, dove si può e si deve risparmiare. Al contempo smentisce anche le tante leggende metropolitane che circolano in proposito: ad esempio, non è vero che la spesa pubblica è incomprimibile senza tagliare servizi per i cittadini e non è vero che i comuni sono quelli che hanno fatto maggiori sacrifici nel corso degli anni. L’autore tratta poi il tema fondamentale delle società partecipate dagli enti locali che sono circa 10.000 di cui 1.300 senza dipendenti e 2.000 con un numero di dipendenti inferiori ai membri del consiglio di amministrazione. Nel volume emerge infine una costante per tutte le componenti della spesa pubblica, ovvero le lampanti discrepanze, con le dovute eccezioni, fra un’Italia del Nord vicina agli standard europei in termini di efficienza della spesa e un Sud che dilapida denaro in maniera costante.

In generale, Cottarelli spiega molto efficacemente che tagliare la spesa pubblica in Italia non solo è necessario e urgente per gli enormi sprechi esistenti e per la situazione pericolosa dei nostri conti pubblici, ma è anche giusto e utile per rilanciare la competitività del nostro paese, e quindi la crescita economica. Questo però dipende da una precisa scelta politica che deve essere compiuta e comunicata in maniera chiara a cittadini e mercati. Il taglio della spesa pubblica può essere infatti destinato a finanziare la riduzione di due cose: il deficit pubblico – ovvero la differenza annuale tra le uscite e le entrate del settore pubblico – o le imposte. Se si decide di destinarlo alla riduzione del deficit, il che è parzialmente inevitabile, si deve però essere consapevoli che ciò ha necessariamente un effetto recessivo, almeno nel breve periodo. Se invece la riduzione della spesa viene destinata, per la gran parte, a ridurre l’enorme pressione fiscale vigente nel nostro paese, ciò produrrà un effetto favorevole alla crescita economica per il banale e semplice motivo che i soldi lasciati in tasca a individui e imprese vengono utilizzati meglio rispetto a quelli intermediati dallo Stato. Infatti, come ricordava il Premio Nobel per l’economia Milton Friedman, esistono quattro modi di spendere i soldi classificabili secondo questi parametri: chi è il proprietario del denaro utilizzato e chi è il beneficiario della spesa. “Voi potete spendere i vostri soldi per voi stessi: quando lo fate, allora stare davvero attenti a cosa state facendo e cercherete di avere la massima resa per la vostra spesa. Oppure voi potete spendere i vostri soldi per qualcun altro: per esempio, io ho comprato un regalo di compleanno per una persona; ora, io non ho poi grande interesse per il contenuto del dono, ma sono stato molto attento al costo. Altra possibilità, io posso spendere i soldi di qualcun altro per me e allora… state sicuri che ci scapperà una bella mangiata al ristorante! Infine, io posso spendere i soldi di qualcun altro per un’altra persona ancora;… non sarò preoccupato a quanti siano, né sarò preoccupato a come li spendo. E questo è quel che fa il governo. E questo ha circa il 40% del prodotto interno”. Considerato che nel 2014 la spesa pubblica in Italia è stata il 51,2% del PIL, possiamo ben dire che quel livello per noi sarebbe quasi un sogno. Siamo quindi convinti che la direzione da prendere sia proprio quella di tagliare massicciamente la spesa pubblica, ridurre le imposte, liberalizzare l’economia e privatizzare le ancora troppe aziende statali e locali in mani pubbliche. Solo così potremo tornare a crescere costantemente sprigionando la straordinaria energia imprenditoriale, oggi ostacolata e soffocata, ma estremamente diffusa nel nostro paese.

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