Una riforma per la stabilità

In occasione della trecentotrentotrentunsima serata di Lodi Liberale abbiamo presentato il libro “Il premierato non è di destra. Perché cambiando la forma di governo (sempre che lo si faccia bene) si può aggiustare l’Italia”, pubblicato da UTET, insieme all’Autore, Nicola Drago (Fondatore di IoCambio e Vice Presidente De Agostini), Nicolò Zanon (Professore di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Milano) e Alessandro Sterpa (Professore di Diritto costituzionale all’Università degli Studi della Tuscia). Nicola Drago affronta con rigore e senza pregiudizi una questione che, in Italia, è diventata più ideologica che razionale: la possibilità di introdurre una forma di governo che garantisca stabilità e responsabilità politica, superando i limiti di un parlamentarismo nato in circostanze storiche eccezionali e mai adattato al tempo presente.

Drago parte da un dato che nessuno può ignorare: in quasi ottant’anni di Repubblica, l’Italia ha avuto sessantotto governi e trentuno presidenti del Consiglio. Questa cronica instabilità, scrive, non è un accidente, ma la conseguenza diretta di una Costituzione che, nel 1946-47, fu disegnata per evitare che chi vinceva le elezioni potesse davvero governare. I costituenti scelsero il parlamentarismo per prudenza, in un Paese appena uscito dal fascismo e dalla guerra civile. Ma oggi quella prudenza si è trasformata in paralisi.

Il libro, arricchito da una prefazione di Sabino Cassese, percorre con chiarezza i passaggi che hanno condotto all’attuale assetto istituzionale e spiega perché, nonostante il susseguirsi di leggi elettorali e coalizioni, nulla sia cambiato: il problema non è il sistema dei partiti, ma la forma di governo stessa. In un Paese dove il presidente del Consiglio non può nominare o revocare i ministri, e dove due Camere con uguali poteri possono rovesciare l’esecutivo in qualsiasi momento, la stabilità è un’eccezione, non la regola.

Da qui la tesi di fondo: introdurre un premierato “all’italiana” – cioè una riforma che consenta ai cittadini di eleggere direttamente il capo del governo, garantendogli per legge un mandato stabile e strumenti adeguati – non è una forzatura autoritaria, ma un passo di modernità. Non è, come suggerisce il titolo, una riforma “di destra”, ma una misura di buon senso istituzionale, già auspicata in passato da alcuni esponenti della sinistra democratica, da D’Alema a Renzi, da Salvi a Barbera.

Drago smonta con pazienza le paure e i pregiudizi che da decenni paralizzano ogni tentativo di riforma. La sinistra, osserva, continua a evocare lo spettro dell’“uomo solo al comando”, dimenticando che il rischio vero è quello opposto: la dispersione della responsabilità e l’irresponsabilità collettiva. In un sistema in cui nessuno decide, tutti sono colpevoli e nessuno risponde. Il premierato, invece, renderebbe chiaro il legame fra elettori e governo, rafforzando la democrazia rappresentativa.

Il libro è è un esercizio di razionalità liberale: Drago mostra come la riforma possa realizzarsi nel pieno rispetto dei contrappesi costituzionali, evitando qualsiasi deriva plebiscitaria. Il premier eletto resterebbe soggetto ai limiti dello Stato di diritto, ma disporrebbe finalmente dell’autorità necessaria per governare per l’intera legislatura. Come nei Comuni italiani – dove l’elezione diretta del sindaco ha prodotto stabilità e responsabilità – anche a livello nazionale il principio sarebbe lo stesso: sapere chi decide, e poterlo giudicare.

Nella parte finale, l’autore risponde punto per punto alle obiezioni più ricorrenti. A chi teme che un premier forte impoverisca il Parlamento, replica che è proprio la debolezza dell’esecutivo ad averlo svilito, costringendolo a vivere di decreti e voti di fiducia. A chi parla di “colpo di Stato costituzionale”, ricorda che la vera anomalia è l’immobilismo: un sistema che produce governi deboli, alleanze innaturali e compromessi infiniti non è più una democrazia matura, ma una macchina inceppata.

Il tono del libro è civile, pragmatico, lontano sia dal linguaggio accademico sia dalla propaganda. Drago non chiede poteri eccezionali per chi governa, ma semplicemente regole chiare, capaci di restituire agli italiani la certezza che il loro voto conti davvero. “Il premierato non è di destra” è, in questo senso, un testo profondamente liberale: perché lega la libertà politica alla responsabilità individuale, la stabilità del governo alla sovranità dei cittadini, e la riforma delle istituzioni alla fiducia nella ragione.

In un Paese in cui ogni tentativo di modernizzazione è stato trasformato in battaglia ideologica, il merito di Drago è quello di riportare la discussione sul terreno della logica e dell’efficienza. Cambiare si può e si deve, se vogliamo che la politica torni ad avere senso.

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