Il fantasma del fascismo
Uno sfogo disperato. Non se ne può più. E’ più di un libro. I libri sono almeno due: il primo è quello proprio del titolo, e si svolge nei primi capitoli. Poi l’altro libro parla di: cancel culture, supercasta mediatica, free speech, mondo al contrario, intelligenza artificiale (pilotata pure quella), talebani del clima, manipolazione delle masse, “dirittismo”, … e sopra tutto: mistificazioni.
Il “pericolo fascista” viene sbandierato come se fosse l’unica preoccupazione degli italiani; anzi, come amano millantare i nipoti dei “trinariciuti” (copyright Giovannino Guareschi) “la stragrande maggioranza” degli italiani. Sembra che Capezzone abbia letto con mesi d’anticipo i risultati di un sondaggio pubblicato in gennaio 2024 dal Corriere della Sera sulle cause principali della preoccupazione degli italiani, dove la preoccupazione del fascismo non compare, nemmeno in percentuale che in certi esami di laboratorio, per esempio del sangue o dell’urina, viene definita come “tracce” … Bah. Capezzone ribadisce il sottotitolo del libro: “Cari compagni, ci avete rotto… “. Insomma: c’è o non c’è “ ‘sto fascismo” ? Si registra un esercizio di fascistizzazione oggettivamente insopportabile. L’universo progressista lo usa come arma in ogni talk-show televisivo o lo affida all’intellighenzia chic (o “radical chic” come coniato da Tom Wolfe nel suo libro “Il regno della parola”, peraltro citato in questo libro).
“Da mesi gira sui social un meme strepitoso: si vede un Sigmund Freud corrucciato che, rivolgendosi a un paziente malridotto, gli sussurra: «Ma questi fascisti li vede spesso? Sono nella stanza qui con noi adesso?». Quel paziente con i nervi a pezzi siete voi “compagni”) … Tra gli esempi della patologia “fascistite”: la mano alzata dell’ufficiale che alla parata militare del 2 giugno ordina ai soldati, al passaggio davanti alle Autorità, “Attenti a … sinist ! ” (dato che le Autorità si trovano alla sinistra del corteo) viene tragicamente (come direbbe Fantozzi) scambiata da Michela Murgia (recentemente prematuramente scomparsa) come saluto fascista. Roberto Saviano ha rincarato la dose sostenendo spudoratamente che quella della Murgia fosse nientemeno che “un’interpretazione semantica”.
Ecco: all’intellighenzia manca, oltre al buon senso e al senso della misura, anche il senso del ridicolo. Una ossessione scolpita nella retina, che fa da schermo interfaccia a tutto ciò che sta intorno; non c’è talk televisivo, dibattito pubblico, convegno, … che non trovi altro argomento se non accusare di fascismo qualsiasi interlocutore indipendentemente dal contenuto del dibattito. “L’impennarsi del rischio fascismo è direttamente proporzionale all’avvicinarsi di una campagna elettorale, di qualunque ordine e grado.” Capezzone interpreta in prima persona il ruolo che raccomanda al lettore: quello del “Freedom fighter”. E’ il ruolo che viene auspicato nella seconda parte del libro. Qui si argomenta su woke, cancel culture, politically correct, … insomma quelle strampalate invenzioni che per la sinistra sarebbero condivise dalla “stragrande maggioranza degli italiani” (scandalosa contraffazione dei risultati elettorali). Si trovano alcune citazioni, ma anche riferimenti a “concetti” (NB: similitudini concettuali, anche se talvolta non condivise in toto) con libri, ad esempio, di Tom Wolfe (Il regno della parola), Luca Ricolfi (Il danno scolastico, La società signorile di massa, Manifesto del libero pensiero), Federico Rampini (Suicidio Occidentale), Roberto Vannacci (Il mondo al contrario), di 25 autori (Dialoghi sul clima); e basta anche con la tiritera del clima, dice l’autore.
Ci si chiede se la fascistizzazione e queste mistificazioni siano frutto di preconcetti, o di malafede, o di opportunismo dei divulgatori: spesso impettiti di presenzialismo, come se amassero ascoltarsi. L’autore si scaglia contro la censura del free speech: preconcetta e ideologizzata; e propone il defund censors; ecco: “togliere i fondi ai censori”, agli imbavagliatori, a chi vuole precludere una discussione libera e aperta. Chissà … magari funzionerebbe. Per convincersi o meno della proposta: conviene leggere il libro, tenendo a freno l’indignazione; e trattenendosi (?) dall’andare alla finestra, come nel film di Lumet “Quinto potere”, a sfogarsi gridando “Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più !”.