Equilibrio e libertà individuale. La lezione di Montesquieu

Lunedì 6 settembre scorso si è aperta la stagione 2021-2022 di Lodi Liberale. Abbiamo voluto sancire quello che, di fatto, è il nono anno di programmazione, con due novità significative. La prima è stata il ritorno, con tutte le cautele dovute alla contingenza pandemica perdurante, in presenza, con un evento programmato in Sala Rivolta e che ha visto l’ottima partecipazione degli spettatori. La seconda è stata la collaborazione, instaurata per questo e per almeno altre sei presentazioni fino al febbraio 2022, con l’Ordine degli Avvocati della Provincia di Lodi.

Abbiamo voluto inaugurare, perciò, l’anno con un grande classico, una pietra miliare della riflessione politologica e giuridica tout court, di un grande Autore come Charles Louis de Secondat, barone di La Brede e di Montesquieu, più semplicemente noto come Montesquieu. L’opera presentata è stata “Lo spirito delle leggi” ed erano presenti Nicolò Zanon, Giudice della Corte Costituzionale, Giovanni Giorgini, professore di Storia delle Dottrine politiche presso l’Università di Bologna ed Angela Maria Odescalchi, Presidente dell’Ordine degli Avvocati della Provincia di Lodi.
Pretendere di illustrare con completezza tutte le tematiche che Montesquieu offre ai suoi lettori durante il corso di questa “opera magna” (che consta, ricordiamolo, di sei parti per complessivi trenta libri con l’aggiunta, necessaria alla comprensione, di una “Difesa” articolata in tre parti e di molteplici “Chiarimenti”), sarebbe, oltre che vano, pretenzioso ed irragionevole. Rimandiamo senz’altro chi non lo avesse ancora fatto (o chi volesse riprenderlo) al piacere della lettura di un testo tanto articolato quanto appagante; perché non è solo la profondità delle idee (ed, oltre ad essere tante, sono idee molto importanti) che colpisce chi affronta “Lo spirito delle leggi”, ma anche una prosa lucida e chiara, capace di definire i problemi di teoria politica nel sapiente alternarsi di aforismi lapidari e di compiute esplicazioni. Nello spazio di questo intervento ci sia concesso, pertanto, non certo tentare una sintesi quanto porre l’accento su alcune considerazioni che partono da una doverosa rivendicazione.

Montesquieu, infatti, e con lui tutta la sua produzione, rappresenta certamente e compiutamente una grande figura di pensatore politico liberale le cui intuizioni hanno saputo rappresentare una delle grandi pietre angolari dello stato di diritto. Di una convivenza civile, cioè, dove la tutela e la garanzia della libertà individuale e dei diritti della persona in ogni suo esplicarsi vengono messi al centro e difesi dagli arbitri del potere. Quanto ci preme sottolineare, primariamente, è come l’analisi di Montesquieu (che è un’analisi stratificata, realistica, osservativa, storica ed erudita) si sviluppi proprio in questo senso : il raccoglimento dei dati dell’esperienza attraverso una visione anche sociologica di istituzioni e paesi lo porta a definire la forma auspicabile di governo all’insegna, soprattutto, della tutela della libertà dell’individuo di fronte ai sempre pressanti pericoli del potere. Questo ha sì reso la riflessione di Montesquieu uno dei cardini fondamentali del pensiero liberale, ma, soprattutto (e questo vorrebbe essere una delle considerazioni su cui vogliamo porre l’accento in quanto troppo spesso dimenticata o vilipesa) ha posto l’intera riflessione di filosofia politica, del diritto, delle istituzioni su un piano toto coelo differente rispetto al passato. Un piano che, non a caso, si congiunge con l’elaborazione di John Locke e che, sempre non a caso, costituirà uno dei grandi autori su cui rifletteranno i Padri Fondatori americani per elaborare i documenti costituzionali.

Tutto il costituzionalismo avente come direttiva fondante l’individuo e la persona garantiti rispetto al potere deve a Montesquieu ed a “Lo spirito delle leggi” il suo precursore ideologico. Vale a dire quel filosofo capace, riflettendo sia sugli esempi concreti, seppur non sovrapponibili fra loro, della monarchia moderata francese come, in particolare, della monarchia inglese, di mostrare una nuova via alla politica, una via rispettosa in primis della libertà del singolo. È bene, pertanto, evidenziare con risolutezza e con grande orgoglio da parte della speculazione liberale (un orgoglio legittimo, ma poco enfatizzato) che il complesso ed al contempo preciso impianto elaborato dal barone di La Brede si è riverberato nelle incarnazioni storiche più attente alla libertà dell’uomo, costituendo di fatto il nerbo della soluzione costituzionale occidentale moderna.

Senza ripercorrere le fasi e le interessanti articolazioni del testo, un classico gratificato da un universale successo e da un favore unanime al momento dell’uscita, anonima, nel 1748, crediamo non sia inopportuno rilevare almeno due punti che Montesquieu consegna alla posterità come fondanti in un’organizzazione politica e sociale che tuteli, lo ribadiamo sempre, la libertà di ognuno. Il primo è la separazione dei poteri, ossia la necessità che detta organizzazione osservi una rigorosa eterogeneità e non identità fra legislativo, esecutivo e giudiziario. Se i poteri restano separati, ossia se non vi sono sconfinamenti indebiti, attribuzioni illegittime, tentativi di esondazione, prove o atti di condizionamento di uno su un altro o su tutti, ebbene, noi avremo la garanzia del loro bilanciamento e, soprattutto, la garanzia del loro reciproco controllo. Viceversa, avremo il peggio che possa accadere ad una società: lo squilibrio, l’oppressione, l’arbitrio, la tirannide, il dispotismo. In una parola, la fine della libertà per ognuno.

Il secondo punto da tenere presente è inseribile nel primo come sua diretta conseguenza e già adombrato in quanto detto: Montesquieu distingue il governo moderato (vale a dire il governo che lui, dopo l’analisi di cui sopra, ritiene auspicabile per la tutela da esso compiuta alla libertà individuale) dal governo immoderato o tirannico/dispotico. Quando si compie un’effettiva separazione dei poteri, quando cioè viene salvaguardata la libertà delle istituzioni e dei singoli, noi avremo ipso facto un governo moderato. In caso contrario, avremo l’arbitrio di un governo immoderato, che può essere incarnato da uno o da pochi o da molti, ma che resta comunque un oppressore.

Ne “Lo spirito delle leggi” vi è moltissimo altro, tuttavia queste due formidabili intuizioni, nate dal ragionamento intorno all’osservazione, hanno contribuito a costituire il sostrato per una mutazione in senso liberale dell’Occidente. In un senso pieno ed autentico, a migliorare effettivamente la vita e la libertà di milioni di persone ed ad aprire gli spiragli per il superamento dell’ordine assolutistico.
Chiudiamo, una volta tanto, con una provocazione, invitando i lettori che si accosteranno per la prima volta all’opera a considerare il livello con il quale le sue coordinate più importanti siano attuate nel nostro Paese e quanto, di fatto, l’Italia sotto più rispetti si presenti con tutte le caratteristiche della mancata separazione dei poteri e, conseguentemente, del “governo immoderato”.

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