Lunedì 15 novembre 2021 abbiamo presentato, nell’ambito del ciclo relativo ai classici del pensiero liberale e libertario, il libro di John Caldwell Calhoun “Disquisizione sul governo”. Erano presenti Luigi Marco Bassani, professore di Storia delle Dottrine politiche presso l’Università degli Studi di Milano, Luigi Curini, professore di Scienze politiche presso l’Università degli Studi di Milano ed Alessandro Vitale, professore di Geografia ed Economia politica presso l’Università degli Studi di Milano.
Di fronte a questo libro, ed al suo Autore, è più che legittimo introdurre di chi stiamo parlando e di quali tematiche, sia per contestualizzare riflessioni tanto interessanti quanto poco note sia per rendere conosciuto un formidabile pensatore politico che sconta, per vari motivi, una marginalizzazione del tutto ingiustificata. Ne vedremo i probabili motivi (provando a riflettere su di essi), ma è davvero ingeneroso che il pubblico italiano non abbia, anche nella cultura specialistica, quasi contezza di questo gioiello della scienza politica, prodotto da un grande (se non il più grande) ingegno teorico-politico dell’Ottocento americano. John Caldwell Calhoun ha avuto una rimarchevole e brillante carriera politica, che lo ha portato dal seggio parlamentare fino alla vice-presidenza degli Stati Uniti in due occasioni, con Adams e Jackson. Di seguito, senatore antiprotezionista e sostenitore della causa dell’autonomia decisionale dei singoli Stati dell’Unione. Da sempre paladino degli Stati del Sud, ha avversato ogni sconfinamento del governo federale centrale. Stiamo, quindi, parlando di un prestigioso e rispettato (da tutti gli schieramenti del suo tempo) uomo politico operante negli Stati Uniti della prima metà del XIX secolo, ma stiamo anche parlando di un grande pensatore politico le cui opere principali (“Disquisizione sul governo”, appunto, del 1851 e “Discorso sul governo e la Costituzione degli Stati Uniti”) sono state pubblicate all’indomani della sua morte, avvenuta nel marzo del 1850. La sua linea politica è quella che rimonta a Thomas Jefferson, alla Costituzione intesa come tutela degli Stati e non come centralizzazione coattiva, il suo punto di vista economico è un esplicito antiprotezionismo (quindi una posizione che avversa dazi, ostacoli all’entrata, protezioni commerciali), al punto da poterlo relazionare in aperto sostegno al libero mercato ed alla libera iniziativa.
Calhoun fu, inoltre, per completezza di informazione, un convinto sostenitore dello schiavismo, scontando, quindi, un pesante tributo al contesto del suo tempo e della sua Carolina. Questa grave tara probabilmente incise sulla sua fortuna critica, anche se reputiamo più probabile che i veri motivi dell’oblio di cui fu vittima sono da ricercarsi piuttosto nel merito delle sue posizioni teoriche. Posizioni molto lontane dagli sviluppi che ha preso, nel mondo occidentale, il milieu culturale, basato sull’esaltazione acritica della centralizzazione, dello stato unificato e del governo massimo, delle protezioni a merci e commerci. Calhoun, invece, fu una personalità dal carattere intransigente, capace di dimettersi per questioni di principio da una vicepresidenza, pronto a dare battaglia per questioni ideali, agguerrito contro l’eccessivo esondare dello stato nella vita privata ed economica degli individui (e, quindi, contro l’eccesso di tasse, apparati governativi, privilegi). Tutto questo non poteva piacere. Dei molti spunti che questo formidabile testo offre anche al lettore del XXI secolo, troviamo la trattazione di uno dei grandi temi del liberalismo, ossia la questione della necessaria limitazione del potere governativo. Secondo l’Autore, questa limitazione deve essere operata da una Costituzione scritta, dal diritto esteso di voto e dalla divisione dei poteri. Ma per Calhoun tutto questo non è ancora sufficiente per tutelare gli individui dagli abusi. Uno di essi, infatti, è sempre più presente ed è la tirannide della maggioranza. Ad essa viene contrapposto un potere di veto (maggioranze concorrenti) di tutte le componenti coinvolte nel processo decisionale, per ottenere un punto di accordo che sia un equilibrio ed un bilanciamento di tutti i fattori in gioco e di tutti gli interessi sul tavolo. Concludiamo con il richiamo ad un altro strumento per il contenimento del potere accentrato elaborato da Calhoun: la facoltà concessa ai singoli Stati di nullificare (vale a dire, di rendere vano o inoperante) un qualsiasi decreto proveniente da Washington ed in aperto contrasto con gli interessi dei singoli Stati. Ben si vede come tutto questo definisca la prospettiva di Calhoun come quella di un autore che cerca di riprendere e non perdere il vero spirito della Costitizione americana e dei Padri Fondatori, ossia la Confederazione.