Il personalismo liberale di Antonio Rosmini-Serbati

Lunedì 6 dicembre 2021 abbiamo presentato, in occasione del ciclo di incontri dedicato ai classici del pensiero liberale e libertario, il “Saggio sul comunismo e socialismo” di Antonio Rosmini-Serbati. Erano con noi Rocco Buttiglione, professore di Filosofia presso l’Istituto Edith Stein di Granada, Markus Krienke, professore di Filosofia moderna e d Etica sociale presso l’Universita’ di Lugano e Salvatore Muscolino, professore di Filosofia Politica presso l’Università degli Studi di Palermo.

Questo testo del 1849 rappresenta la modalità con la quale il sacerdote trentino, dal 2007 Beato per la Chiesa cattolica, ha criticato moralmente, filosoficamente e teologicamente il comunismo e il socialismo. Per comprendere questo scritto, dagli indubbi echi agostiniani, dobbiamo sinteticamente ricostruire la struttura fondante ed i punti nevralgici dell’edificio intellettuale del pensatore roveretano. Nella sua riflessione, che è complessa, ricca e molto articolata, ci limiteremo ad evidenziare quelli che sono i portati etico-politico-morali delle sue posizioni, che, nella loro originarieta’ e nella loro preminenza, sono essenzialmente filosofico-teologici. La sua formazione si può configurare come contrassegnata da un conservatorismo di fondo, opposto agli esiti più drammatici della Rivoluzione Francese, al Terrore e, principalmente, a Jean Jacques Rousseau. Fin da subito, e proprio contro questi oppositori della libertà e della proprietà, Rosmini difese la necessità della proprietà e la difese anche attraverso la critica verso il sovvertimento operato contro di essa da parte della redistribuzione operata dalle frange giacobine, ridistribuzione e sovvertimento che segnano un indebito intervento della politica nell’assegnazione della proprietà stessa. Al sommo sta Dio, mentre le persone (individui, uomini e donne, singoli), che stanno in posizione mediana, guardano ad Esso, e le cose, tra cui la proprietà, assumono un loro valore ed un loro significato nel loro rapporto con l’umano e con la naturalità. La proprietà diventa, allora, un diritto naturale, in un contesto dove sono le persone che si rivolgono a Dio, ed alle sue leggi eterne, ad essere il fulcro del creato.

Questo è ciò che qualcuno ha potuto definire “personalismo liberale rosminiano”, cioè una prospettiva che tiene conto di tre elementi cardine : Dio, la persona, le cose. Pertanto, ben si capisce, nell’ottica testé precisata, le critiche che l’Autore rivolge alle ideologie prese di mira nell’opera cui ci siamo riferiti, ossia il loro rifiuto della centralità e dell’importanza di Dio, della persona umana nella sua singolarità ed individualità e della proprietà come promanazione piena e completa della naturalità umana.

Socialismo e comunismo non sono criticati da un punto di vista economico, quanto da una prospettiva che esalta il radicamento dell’umano nel divino e dell’oggettualità in una pura funzionalità umana. Le due ideologie sono forme utopiche, irrealistiche, orientate ad una visione impossibile in quanto presupponente la perfezione nella dimensione terrena, in una parola anti-umane. Ogni giorno abbiamo la conferma della lungimiranza e della acutezza di analisi con la quale Rosmini ha saputo soppesare il socialismo ed il comunismo. Nella grande figura di Antonio Rosmini ha potuto albergare una riflessione intensissima che ci pone di fronte alla possibilità di un connubio tra pensiero liberale e cattolicesimo. Il senso di questo grande tentativo ne misura l’inattualità, ma anche la “sfida”, per una analisi che vede come necessario, per un recupero del senso e delle conquiste della libertà individuale, un solido ancoraggio metafisico e morale.

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