Il libro è una rivisitazione degli eventi che hanno interessato l’Italia dal primo dopoguerra (1947) fino ai giorni nostri, alla fine del 2021, appena prima di andare in stampa, ad opera di due commentatori tra i più stimati e quasi coetanei. Amici da sempre, hanno vissuto e partecipato in prima persona ai fatti che hanno condizionato la nostra vita, e con questo libro intendono offrire una interpretazione non convenzionale della Repubblica.
Massimo Teodori, nato nel 1938, era appena adolescente quando iniziò il dopoguerra. Respirò da subito un clima liberale e antifascista in casa e partecipò agli eventi del dopoguerra. Più tardi, e trasferitosi a Roma, si laureò in Architettura (professione che abbandonò rapidamente) ma continuò ad interessarsi della sfera “politica”. Visse per quattro anni negli Stati Uniti, a Berkeley (California), nel campus dove si percepiva aria di beat generation. Tornò con una montagna di documenti che gli valsero una cattedra universitaria. Coinvolto nel Partito Radicale di Marco Pannella, fu parlamentare e senatore radicale.
Angelo Panebianco, di dieci anni più giovane (1948), nato e vissuto sempre a Bologna, laureato in Scienze Politiche, di area liberale, per un periodo si avvicinò al mondo radicale, ma sempre senza esserne coinvolto. Scelse per sé il ruolo del commentatore e editorialista per le testate più autorevoli, oltre che docente universitario e saggista.
Nello scrivere questo libro avrebbero potuto fondere i racconti e i giudizi, e certo ne sarebbe venuto una presentazione corretta e rigorosa perché le differenze di opinione fra loro non avrebbero intaccato la affidabilità e la qualità del racconto.
Invece ed in modo molto originale, hanno alternato i loro racconti e i loro giudizi senza smussare le differenze di punti di vista o opinioni. Quelle differenze, talvolta appena palpabili, rendono ancora più interessante la lettura.
Il risultato è un libro che, come un bel film, va letto due volte. La prima volta si è troppo attratti dagli eventi e dalle descrizioni, ma è solo con la seconda lettura che si colgono la miriade di particolari, giudizi e analisi che esaltano la profondità e la originalità ma anche le differenze delle esposizioni.
E a conferma che sia destinato ad essere studiato e non solo letto sulla spinta emotiva di un fatto contingente (come molti dei libri che escono in questi anni) è dotato di un indice de nomi e di una bibliografia esauriente.
Si presenta ripartito per decennio, dagli Anni Quaranta al Duemilaventuno, con una presentazione dei fatti rilevanti del decennio e a seguire l’intrigante punto di vista dei due, con il titolo “SOSTIENE PANEBIANCO” e “SOSTIENE TEODORI”.
Il libro si apre con un quesito capitale: “Perché furono assassinati su mandato di Mussolini quattro leader del liberalismo, sia di tendenza democratico-liberale sia social-riformista, Piero Gobetti, Giovanni Amendola, Carlo Rosselli e Giacomo Matteotti?” e una tesi sopra tutte: il pensiero e l’azione liberale, seppur largamente minoritaria, ha avuto un impatto rilevante sugli eventi del dopoguerra e fino a noi.
Il primo decennio, quello degli anni Quaranta, fu caratterizzato dalla elezione della Assemblea Costituente, e già in quella fase l’arco Liberale si dimostrò numericamente molto più piccolo dei 3 partiti di massa, la DC di De Gasperi, il PSIUP di Nenni, il PCI di Togliatti. Ma seppe esprimere personalità di rilievo capaci di incidere sugli eventi.
L’avvento della Guerra Fredda poi produsse una polarizzazione che rifletteva i due blocchi, con la DC schierata con gli USA e comunisti e socialisti schierati con la Unione Sovietica, mentre i cosiddetti partiti risorgimentali perdevano importanza.
Secondo Teodori la storiografia sottovalutò il contributo dei partigiani non comunisti, così come il contributo nel dopo guerra delle molte personalità liberali, anche se bruciò la sconfitta sul Concordato (Patti Lateranensi) che venne inserito nella Costituzione.
Fu il periodo che vide il giovane Teodori affacciarsi alla politica attiva nell’area liberaldemocratica, per assistere al continuo nascere di movimenti e iniziative, fino alla adesione dell’Italia alla Alleanza atlantica e alla Nato che segnò una scelta di campo strategica dell’Italia.
Di dieci anni più giovane, Panebianco non ha vissuto in prima persona gli avvenimenti del decennio, ma provenendo dalla stessa area laica, fu attratto dal mondo liberale (che, sostiene, viene classificato solo in Italia come liberista, termine che comunque Panebianco accetta).
E non si esime dal commentare criticamente la Costituzione. E a conferma del suo giudizio segnala la bocciatura da parte di Benedetto Croce e Gaetano Salvemini, due che pure non si amavano. La Costituzione uscì con una impronta socialisteggiante, sostiene Panebianco, che poteva essere interpretata e adattata secondo le convenienze. Significativa la scelta della definizione di “Repubblica fondata sul lavoro” e non “Repubblica fondata sulla libertà”
Secondo i due autori gli anni Cinquanta videro un ribollire di iniziative nell’area liberale. A partire da “Il Mondo” di Pannunzio che fu la palestra per molte menti dell’area liberale e l’humus che diede vita, nel 1955 al Partito Radicale, cui Teodori aderì per poi diventarne uno degli esponenti più quotati. Più tardi anche Panebianco si avvicinò al Partito Radicale, ma come redattore di “Argomenti Radicali”
Il quadro cambia sensibilmente, secondo i due autori, negli anni ‘60, con la affermazione dei diritti civili (Loris Fortuna con la Lid per il divorzio, primo e dirompente). Ma anche i primi segnali di un avvicinamento tra mondo cattolico e PCI, e la nascita della “strategia della tensione” con l’attentato di piazza Fontana, nel centro di Milano
Infine, il cosiddetto “Golpe De Lorenzo” del 1967 e la realtà di “Gladio”, e la teoria del Doppio Stato. Un periodo ed eventi ancora non del tutto chiariti e che gli autori approfondiscono dandone una interpretazione critica e interessante, per poi piombare nei decenni più recenti e più caldi, con il terrorismo, e l’immobilismo dei partiti con l’unica eccezione di Bettino Craxi che cercò di dare una impronta atlantista e socialdemocratica al PSI.
Definito “animale politico” da Panebianco, ebbe una colpa, gravissima e fatale: non impedì ai suoi di riempirsi le tasche, e così divenne il capro espiatorio di comunisti e democristiani, nonché della incombente magistratura.
Uno spazio rilevante i due autori lo dedicano alla crescita ed al successivo tracollo del Partito Radicale, con una tesi espressa da Teodori e condivisa da Panebianco che sostiene sia stata una scelta del leader Marco Pannella, che riteneva il gruppo non utile ai suoi obiettivi. Una tesi certamente condivisa da molti dei militanti di allora.
Gli scandali e le trasformazioni proseguirono negli anni 80, e crebbe il potere incontrollato della magistratura (caso Tortora). E la comparsa della P2 permise ai partiti e non solo, di scaricare sulla loggia massonica le responsabilità di tutto. Crebbero i teoremi e le iniziative della magistratura che accusava chi era iscritto negli elenchi della P2 di ogni nefandezza all’interno di un unico complotto (tesi adottata dalla Presidente della Commissione Tina Anselmi). Teodori, pur non condividendo la tesi, ritiene ci siano ancora molti dubbi e situazioni da chiarire.
Al contrario tutto è molto chiaro sul caso Tortora e la “vergognosa pagina della magistratura napoletana” e la posizione di Teodori e Panebianco è netta
Spazio rilevante anche per “Mani Pulite”. Secondo gli autori “l’ondata «anticasta», che risparmiò i partiti delle ali di sinistra e di destra, seminò i germi di quel populismo che anni dopo avrebbe portato al potere i cantori dell’antipolitica.”
Infine Berlusconi. Dopo una analisi che ne rileva i pro e i contro, Panebianco chiude con una affermazione netta: “Dal punto di vista di chi scrive il merito maggiore di Berlusconi fu quello di avere mantenuto ben salda l’appartenenza del Paese al mondo occidentale”.
Nel finale una divergenza esplicita tra Teodori e Panebianco sulla Chiesa. Teodori che sostiene che la Chiesa ha frenato su tutti i diritti civili, con la connivenza o inerzia dei parlamentari e dell’esecutivo che non ha imposto il rispetto delle leggi, dalle unioni al fine vita. Panebianco rileva come la Chiesa sia cosciente di rappresentare una minoranza, ma ancora importante in Italia, e ritiene ragionevole che i Partiti abbiano cercato il dialogo e la cooperazione con la Chiesa. La incapacità di superare un anticlericalismo anni ’50 Panebianco ritiene sia una delle principali cause dell’insuccesso liberale.
Una Chiesa per altro sempre più rivolta all’Africa e alla America Latina, e che tenderebbe a prendere connotati antioccidentali e anticapitalisti.
Il libro chiude con un epilogo e una speranza, il ritorno di un centro liberale. Che cosa accadrà non sappiamo. Sappiamo però che cosa bisognerebbe fare per assicurare alla democrazia liberale, anche in Italia, un futuro meno stentato e precario.