Sogno, un eroe liberale dimenticato

lo scorso 23 novembre abbiamo presentato il libro “Il golpe bianco di Edgardo Sogno” di Pietro Di Muccio insieme all’autore e a Dario Fertilio. Il volume narra le vicende umane, politiche e giudiziarie di una delle personalità più illuminate e controverse del panorama italiano del Novecento: Edgardo Sogno Rata del Vallino di Ponzone.

Nato nel 1915 da una famiglia di antica nobiltà sabauda, a Camandona, nel 1933 entrò nel Regio Esercito e prese parte alla guerra civile spagnola tra i filo franchisti, senza mai essere fascista in quanto, come confessò all’amico Gianni Agnelli “È compito di un militare vincolato al Re d’Italia combattere con il Regio Esercito e non con gli anarchici e i comunisti”.  Nel 1938, per protesta contro le leggi razziali, si appuntò sul petto una stella di David e si mostrò coraggiosamente in pubblico. Nel 1940 iniziò la carriera diplomatica e nel 1942 venne richiamato alle armi e rispose presente, nonostante si fosse proclamato anti interventista. Nel 1943 fu arrestato con l’accusa di alto tradimento, per aver auspicato la vittoria degli Alleati. Scarcerato il 25 luglio dello stesso anno, nello stesso giorno delle dimissioni di Mussolini da Primo Ministro, si ritrovò anche lui, dopo l’otto settembre, in un paese diventato fertile terreno di conquista da parte di tutti i contendenti del conflitto. L’Italia devastata era contesa dall’alleanza anglo-americana sbarcata in Sicilia, dai soldati della Wehrmacht accorsi in massa dopo l’armistizio firmato da Badoglio, dalle truppe della Repubblica Sociale Italiana, voluta da Hitler e capitanata da uno stanco e depotenziato Mussolini, e dai reparti partigiani che avevano coagulato tutte le forze italiane antifasciste. È da questo momento in avanti che la storia di Edgardo Sogno entra nella leggenda prima, e nella tragedia (giudiziaria) poi. Durante l’ultima parte della guerra il comandante Franchi (questo il suo pseudonimo durante la Resistenza) si rese protagonista di azioni temerarie e di tali atti di eroismo da meritare la Medaglia d’oro al Valor Militare da parte del governo Italiano e la Bronze Star Medal da parte di quello statunitense, per la sua lotta al nazifascismo. Fu tra i padri fondatori della Repubblica, seppur di fede monarchica, essendo stato eletto deputato all’Assemblea Costituente tra le fila del Partito Liberale. 

La sua appartenenza al ramo liberale, badogliano e monarchico dell’organizzazione partigiana (i partigiani bianchi) non gli fu mai perdonata da chi pretendeva di identificare la lotta di liberazione solo ed esclusivamente con l’azione delle squadre partigiane di matrice comunista (i partigiani rossi). Il PCI, del resto, non aveva altri argomenti per giustificare la propria partecipazione al tavolo della ricostruzione italiana in quanto, se la sua matrice antifascista era indiscussa, era altrettanto indiscusso il suo legame con una nazione, l’URSS, che di democratico non aveva neppure l’apparenza. Ad oggi, durante le manifestazioni del 25 aprile si vedono più bandiere rosse che bandiere italiane o bandiere di partiti che come il Partito Liberale o la Democrazia Cristiana o altri, parteciparono a quegli avvenimenti. È storicamente provato che senza l’intervento degli anglo-americani e senza la desistenza di oltre 600.000 soldati italiani internati nei lager tedeschi, che rifiutarono il collaborazionismo a rischio della vita, la guerra sarebbe terminata anni dopo e solo Dio sa chi ne sarebbe uscito vincitore. 

Terminata la guerra mondiale iniziò la cosiddetta Guerra Fredda, ma “non fu per un mostruoso paradosso post-bellico, ma per una naturale conseguenza di due sistemi antitetici” che già si erano scontrati, seppur alleati, durante la guerra in quanto “l’Unione Sovietica voleva vincere per affermare il comunismo in Europa, mentre gli Alleati volevano vincer per far cessare quella strage di innocenti”.

Fu proprio in questo periodo di tensioni internazionali che Sogno proseguì la sua attività di fervente anticomunista, facendo nascere organizzazioni nazionali e sovranazionali di origine liberale e gollista allo scopo di fermare l’avanzata di quello che lui vedeva come il nemico del libero pensiero. Con il passare degli anni, la sua passione per il gollismo lo spinse all’abiura delle fede monarchica, per abbracciare una dottrina presidenzialista di tipo francese. Ormai siamo negli anni ’70 e la contrapposizione fascismo comunismo non si è ancora sopita in Italia, ma Sogno intuisce che il pericolo per la democrazia, ormai, non può più arrivare dagli sparuti nostalgici del Duce, ma dalla sinistra comunista. Perciò si espone pubblicamente, talmente tanto che nel 1974 dopo il sequestro del giudice Sossi a Genova, le Brigate Rosse irrompono nello studio di Sogno a Milano per un tentativo di sequestro. Nello stesso anno il giudice istruttore di Torino Luciano Violante (diventato poi deputato nelle fila del PCI, PDS, DS, PD) promuove un’azione penale nei confronti di Sogno che, dopo varie fasi, porterà al suo arresto il 5 di maggio 1976 con la seguente accusa: tentativo di colpo di stato. Questo capo d’imputazione piacque non solo ai dirigenti del PCI ma, incredibilmente, anche ai capi della DC che stavano lavorando con i comunisti per approntare il famoso compromesso storico. Dopo anni di battaglie legali venne totalmente assolto “perché il fatto non sussiste”. D’altronde lo stesso Sogno considerò “paradossale” l’espressione usata contro di lui di “colpo di stato liberale”, in quanto “costituisce una contraddizione in termini, un ossimoro, a cui attribuisco una valenza provocatoria e utopistica. Accusare qualcuno di golpe liberale è come accusarlo del furto della propria macchina o dell’omicidio di un cadavere”.

Ci siamo concentrati maggiormente sull’inquadramento storico del personaggio, piuttosto che sul contenuto del libro, per due motivi: innanzitutto per non togliere al lettore la soddisfazione di scoprire le sorprendenti notizie ivi contenute e in secondo luogo per cercare di risvegliare una certa curiosità storica, che ad alcuni però potrebbe anche risultare indigesta.

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