“A scuola di declino. La mentalità anticapitalista nei manuali scolastici”, scritto a sei mani da Andrea Atzeni, Luigi Marco Bassani, Carlo Lottieri ed edito da Liberilibri nel 2024, è un pamphlet che documenta e analizza i contenuti di alcuni manuali scolastici utilizzati in diversi istituti italiani, portando alla luce quello che sembra essere un denominatore comune: temi economici, storici e sociali vengono trattati mettendo sempre sotto accusa e cattiva luce le varie rivoluzioni industriali e i sistemi di libertà economiche e politiche che le hanno accompagnate e succedute.
Ciò che ha spinto gli autori a interessarsi di questo tema è l’intrinseca importanza che risiede nella scelta di quelli che sono i manuali scolastici, soprattutto quelli delle scuole medie e superiori in Italia, che finiscono inevitabilmente per plasmare il substrato culturale di una società.
Nel caso dell’Italia gli autori non possono fare a meno di far notare come essa rappresenti, per quanto riguarda la crescita e lo sviluppo economico, un’anomalia non solo all’interno dei paesi industrializzati, ma anche se confrontata sostanzialmente con tutte le economie mondiali.
Il libro è diviso in tre macroargomenti, il primo è quello della rivoluzione industriale, che viene presentata in modo estremamente negativo, le fabbriche come luoghi infernali in cui operai, donne e bambini erano costretti a lavorare per turni estenuanti e una paga misera, strappati a forza dalla paradisiaca vita rurale. Giustamente viene evidenziato come condizioni di vita dure e spesso contraddistinte dalla miseria siano state la costante che ha caratterizzato la vita per la maggior parte degli esseri umani per migliaia di anni, sottolineando inoltre che non c’era nulla che costringeva le persone ad emigrare dalle campagne per andare a lavorare nelle città, evidentemente se erano spinte a farlo era perché potevano ottenere maggiori guadagni e condizioni di vita migliori lavorando nelle fabbriche; paradossalmente l’unica autorità che avrebbe potuto forzare le persone a lavorare nelle fabbriche era quella statale, che ovviamente all’interno dei manuali viene presentata come la panacea di tutti i mali.
Nella seconda parte ad essere analizzato è l’impianto ideologico che fa da sfondo ai vari testi: quello marxista. Marx è utile per spiegare ogni fenomeno sociale e ogni evento storico, nondimeno lo sviluppo delle società capitalistiche e occidentali.
Questa volta ad essere paradisiache sono le società illiberali e socialiste, dove all’individuo viene riservato uno spazio minimo se non nullo. Importante sottolineare come ciò che preoccupa gli autori non siano solo le precedenti conclusioni, ma il fatto che queste conclusioni siano considerate verità assolute e non venga lasciato agli studenti nessuno spazio per poter sviluppare una visione critica delle tesi presentate, nonostante esistano in ogni ambito in cui viene utilizzato il metodo marxista diversi studiosi e intellettuali che hanno ampiamente e dettagliatamente criticato le conclusioni a cui Marx arriva.
Nella parte finale viene posto sotto esame l’impatto che le idee presentate in precedenza hanno sulla visione attuale del mondo: visioni anti-occidentali, catastrofiste e pauperistiche portano tutte alla conclusione che il mondo occidentale é oggi non solo profondamente sbagliato ma anche colpevole e per questo vada radicalmente cambiato.
Le soluzioni presentate sono chiaramente di derivazione marxista accompagnate sempre da una visione della società e delle istituzioni che vede ciò che emerge dal settore privato come negativo e ciò che viene prodotto dal settore pubblico come salvifico e atto a contrastare le disuguaglianze e gli squilibri creati dal temibile settore privato.
Così secondo gli autori sarebbero queste le condizioni in cui i giovani ragazzi e ragazze da generazioni costruiscono le proprie idee di come funziona il modo e di come vada cambiato.
Nonostante i libri di scuola vengono presentanti più come un “sintomo” che come una “malattia”, che sarebbe da imputarsi a livello generale alla classe intellettuale che ha contraddistinto e influenzato il dibattito culturale dal dopoguerra sino a oggi, non tutte le speranze sono perdute.
Occorre, per risollevare il paese, una seria battaglia culturale che riporti le idee liberali nel dibattito intellettuale e le proponga come una valida alternativa a quelle che fino ad ora sono state quelle egemoni, solo così potrà avvenire un’inversione e i giovani studenti potranno formarsi e essere in grado di valutare autonomamente e con spirito critico le idee che vengono loro presentate.