Lunedì 18 settembre abbiamo presentato il libro di Anna Bono “Migranti!? Migranti!? Migranti!?” insieme all’autrice (Ex Ricercatrice in Storia e Istituzioni dell’Africa presso l’Università degli Studi di Torino) e a Luca Servidati (Coordinatore dell’Equipe Rifugiati della Caritas di Lodi). Questo breve ma denso compendio, frutto dell’esperienza maturata in Africa dall’autrice, vuole essere un contributo per affrontare uno dei temi più complessi e dalle sfaccettature più articolate dei nostri tempi e sicuramente quello che viene definito, con una genericità che dovrebbe essere emendata, “questione migratoria”. È una tematica che interessa tutto il mondo e che ci vede fortemente coinvolti. L’intera area del Mediterraneo è lo scenario di percorsi che hanno assunto le cifre di un vero e proprio esodo, un fenomeno drammatico che deve essere conosciuto nelle sue dinamiche e origini.
Il libro è volutamente impostato in numerosi capitoli i cui titoli condensano il senso delle posizioni assunte nello specifico e che si caratterizzano per una precisa ricerca di scientificità. Il richiamo ai fatti, quindi a un approccio realistico e non ideologico o emotivo, il preciso attenersi ai numeri, quindi a dati inoppugnabili provenienti da fonti autorevoli e non schierate, la stigmatizzazione di un fenomeno tanto frequente quanto deleterio come la confusione linguistica e terminologica che caratterizza la trattazione della questione da parte dei media. Inoltre, il libro è orientato verso una lettura che potremmo definire controcorrente rispetto alle interpretazioni dominanti, una lettura che non ha mancato di suscitare polemiche durante la nostra serata. Tuttavia, il confronto, che è una condizione fondamentale di avanzamento intellettuale, dovrebbe partire da basi comuni e non dalla difesa di posizioni preconcette.
Dal libro emergono alcuni aspetti inoppugnabili: dal 2016 il fenomeno migratorio verso l’Europa è in diminuzione, mentre è in crescita esponenziale per quanto riguarda il nostro paese. Di questo flusso, solo una parte proviene da zone dove è in corso un conflitto o dove le condizioni sono quelle sancite dalla Convenzione di Ginevra per stabilire lo status di rifugiato. Il resto sono immigrati, provenienti per lo più dall’Africa Sub-sahariana. Nel volume sono doviziosamente presentati dati e statistiche, come pure vengono ricercate le cause del fenomeno migratorio che ovviamente sono molte e spesso persino spiazzanti (indicative, a proposito, le considerazioni, suffragate dalla ricerca e dai fatti, su una frequente condizione di relativo benessere e non di indigenza, in patria, da parte dei migranti). Tutto questo non nega gli aspetti più tragici e drammatici dell’immigrazione, a partire dallo sradicamento, dalla clandestinità, dall’entrata nell’illegalità, dal viaggio che quasi sempre è un inferno di tanti viaggi, di tante sofferenze e di tante violenze, perpetrate su uomini, donne e bambini da organizzazioni senza scrupoli o da istituzioni governative ben poco protettive.
Dietro ogni storia c’è un essere umano, con la sua dignità e i suoi diritti, che non dovrebbero mai essere calpestati. Il testo, tuttavia, pone anche delle questioni “scomode”, a partire da quelle della capacità di accoglienza da parte, per esempio, di un paese in grave crisi come l’Italia, o sulle possibilità di integrazione nel tessuto connettivo e lavorativo del continente europeo. Sono obiezioni che intendono prescindere dalle buone intenzioni o dalla volontà indiscriminata di far entrare quante più persone possibile; esse, infatti, vogliono essere un contributo a un esame veramente approfondito della questione, che è drammatica, ma alla cui soluzione non è utile la costruzione di steccati basati su posizioni ideologiche o politiche.
A tal proposito, il libro di Anna Bono intende precisare, dopo la parte di analisi della situazione in atto, anche una serie di proposte concrete fondate proprio su detta analisi, proposte che possono condensarsi nell’auspicio di un’intesa con i paesi che si posizionano al limitare del passaggio dell’immigrazione per regolare il flusso e di una maggiore consapevolezza governativa di come il fenomeno stia assumendo contorni incontrollabili. Inoltre, c’è l’auspicio di un ritorno al significato vero della distinzione fra emigrato e profugo (con quello che comporta), di una effettiva stima delle necessità lavorative del nostro paese e, di conseguenza, della modulazione degli ingressi, di un’informazione fondata e veritiera, soprattutto negli stati di partenza. Infine, si delinea il vero obiettivo finale, ossia la creazione di condizioni per la crescita dell’economia libera e di una società aperta e democratica negli stati africani, per far sì che l’immigrazione non sia più sentita come necessaria.