Il malessere demografico italiano

Lunedì 13 luglio, in occasione del nostro novantaduesimo evento, abbiamo presentato il libro “Italiani poca gente. Il paese ai tempi del malessere demografico” insieme ai due autori, ovvero Antonio Golini (Professore Emerito di Demografia a La Sapienza Università di Roma) e Marco Valerio Lo Prete (Giornalista de “Il Foglio”), e a Guglielmo Piombini, scrittore ed editore. Il libro verte sulle questioni demografiche ed è bene precisare da subito quale tipo di scenario descriva, quali causalità vengano evocate e, soprattutto, quali possibili soluzioni definisca per tentare di uscire da una crisi realmente serissima e di proporzioni inusitate.

Corre, tuttavia, l’obbligo di una premessa: il libro vuole indurre a una consapevolezza della situazione, che è grave e può portare a conseguenze pesantissime sia sul nostro stile di vita che sulla sopravvivenza stessa dell’Occidente in generale e dell’Italia in particolare. Troppo spesso, infatti, assistiamo a una sottostima dei fattori demografici, sia per la mancata comprensione di quanto essi siano rilevanti nelle loro conseguenze su tutti i livelli della vita sociale, economica e politica sia per una sorta di voluta miopia verso le risultanti che emergono dall’analisi scientifica della raccolta di tutti i dati relativi alla popolazione, ai suoi flussi e ai suoi disequilibri. Il quadro è oggettivamente allarmante: il nostro Paese non solo non cresce, ma sta presentando un rapporto tra natalità e invecchiamento progressivo della popolazione che prefigura, uno scenario pieno di incognite e di pericoli. Mantenendo, infatti, questo trend, ossia la progressiva caduta del numero di nati e il parallelo aumento del numero delle persone in uscita dal mondo del lavoro, la conformazione stessa del sistema scolastico e sanitario, ma soprattutto pensionistico dovrà mutare perché insostenibile.

Lo scenario è pertanto cupo e, senza addentrarci nella precisazione delle cifre e delle analisi circa l’imponente messe di dati, basti sapere che, a memoria d’uomo, mai ci si era trovati dinnanzi a una situazione simile. Tuttavia è bene tenere presente alcune coordinate imprescindibili entro cui muovere la riflessione. Innanzitutto, il problema demografico, o per meglio dire la crisi di equilibrio cui assistiamo, è complesso e non può essere ridotto a un unico fattore causale a meno di non volerlo affrontare con superficialità. Un approccio scientifico alla demografia è consapevole che le variazioni della popolazione sono lente, complesse e graduali e non immediate, semplicistiche e improvvise. A seguire, si deve essere consapevoli che nessuno dispone di leve magiche dell’equilibrio demografico, neanche chi ha responsabilità di governo. La demografia, infatti, è l’effetto collettivo di comportamenti individuali che restano (e auspicabilmente devono sempre restare) frutto della libera scelta dei singoli. In buona sostanza, quindi, il quadro che abbiamo di fronte è altamente critico, complesso e stratificato per quanto riguarda i fattori ma, in una società che voglia dirsi autenticamente attenta alle libertà individuali, deve essere lasciato alle scelte e ai comportamenti individuali.

È lecito, quindi, chiedersi se sia possibile proporre delle soluzioni, fare leva su prospettive, creare condizioni che possano aprire a valide soluzioni. Il libro e i suoi autori pensano che sia possibile, ritenendo che la demografia e i suoi flussi non abbiano, né possano avere in Italia un destino segnato verso una negatività irreversibile. E le vie individuate passano attraverso una serie di misure che i governi e la politica dovrebbero implementare per consentire un alleggerimento del carico contributivo e fiscale, ma soprattutto una rimodulazione dell’intero orizzonte pubblico mettendo finalmente al centro chi vuole prendersi la splendida responsabilità di avere un bambino, per aiutare la coppia e non penalizzarla. Qui sta la vera e propria sfida che abbiamo davanti a noi e questo è anche il senso del nostro futuro.

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