Le mancanze della Costituzione su cui fanno leva le ingiustizie della legislazione

Quando si parla di riforme costituzionali normalmente ci si concentra sulle modifiche alla seconda parte della nostra Carta (“Ordinamento della Repubblica”), che servirebbero per rendere più efficiente, efficace e veloce l’operato del nostro sistema istituzionale, il che è sicuramente necessario e auspicabile, ma ci si dimentica spesso che molti dei problemi e delle difficolta che viviamo hanno la loro radice nella prima parte della Costituzione (“Principi fondamentali” e “Diritti e doveri dei cittadini”).

Il 20 ottobre scorso abbiamo presentato a Lodi, insieme all’autore e al Presidente dell’Ordine degli Avvocati della Provincia di Lodi Giorgio Bottani, il libro di Pietro Di Muccio, “Orazione per la Repubblica”. Il volume, nonostante sia stato scritto nel 1990, spicca per la sua incredibile attualità ed è unico nel suo genere: si occupa appunto della prima parte della Costituzione, che quasi tutti considerano “sacra” e intoccabile, dimostrando invece che essa è un pasticcio frutto di un compromesso che tentò di conciliare l’inconciliabile. Non pone rigidi limiti all’attività dello Stato, e quindi non tutela adeguatamente i diritti individuali, ed è impregnata di una visione che trasuda paura e disprezzo nei confronti di concetti come mercato, concorrenza, profitto, impresa e proprietà privata, lasciando in questo modo mano libera all’oppressione fiscale, burocratica e giudiziaria che abbiamo in Italia.

Il libro scritto sotto la veste di un’orazione agli onorevoli e ai senatori è una predica che rivendica un diritto dimenticato, quello di far giungere ai governanti la voce dei governati. Siamo in presenza di un piccolo gioiello editoriale assolutamente attuale, nonostante sia stato pubblicato ormai 24 anni fa, che affronta di petto il tabù di quella che da molti è considerata “la Costituzione più bella del mondo”. Per un liberale le cose non stanno naturalmente così per vari motivi, ma principalmente perché la nostra Carta è un ibrido ideologico frutto del compromesso con esponenti che si ispiravano all’ideologia comunista, totalmente incompatibile con i principi di una vera costituzione liberaldemocratica. Il tutto è ampiamente esemplificato dalla lunghezza degli articoli della nostra Costituzione e dal fatto che spesso essi contengono al loro interno principi contrapposti. Il libro di Di Muccio è una dura e circostanziata critica alla prima parte della nostra legge fondamentale, con una sua demolizione articolo dopo articolo. Vi è quindi una contestazione di quanto è previsto nella nostra Costituzione, ma soprattutto di quanto non è previsto: non viene garantita pienamente la liberta dei cittadini contro i soprusi dello Stato e non c’è, come invece dovrebbe esserci, la protezione sostanziale e assoluta degli individui e delle loro proprietà. Al contrario, la nostra Carta è stata concepita e utilizzata come uno strumento prescrittivo dei caratteri della pervasiva azione pubblica (utile per ottenere qualsiasi risultato in qualsiasi campo), il che evidentemente limita e impoverisce le libertà dei singoli.

Ma oltre alla parte di critica e di demolizione, l’autore espone anche alcune interessanti proposte costituzionali come l’introduzione del diritto alla libertà su cauzione, il divieto delle trattenute alla fonte, l’introduzione di un tetto massimo di leggi da approvare ogni anno e l’ineleggibilità dei magistrati, a meno di dimissioni definitive. In particolare però spiccano due proposte per la loro chiara e netta impronta liberale. La prima è la previsione del principio di PROTEZIONE DELLA LIBERTA’ DI CONTRATTO: “Nessuna legge può modificare le obbligazioni derivanti da contratti tra adulti consapevoli. Nessuna legge può rendere inefficaci i contratti e modificare le prestazioni contrattuali in corso”. Ciò eliminerebbe la possibilità per lo Stato di intromettersi negli atti stipulati tra privati vietando e vincolando l’autonomia contrattuale in alcuni campi. La seconda proposta è emblematica di uno spirito europeista realmente liberale, tanto utile in questo periodo in cui l’Unione Europea viene vista solo in negativo, ovvero la CLAUSOLA DELLA LIBERTA’ PREFERITA: “Ogni cittadino di uno Stato dell’Unione Europea potrà invocare davanti a un giudice, in qualsiasi situazione e senza restrizioni, nel proprio Stato e nei rimanenti Stati, i diritti più favorevoli riconosciuti da ciascun altro Stato ai suoi cittadini”. Se questa clausola fosse applicata a livello europeo, ci sarebbe una sana concorrenza verso l’alto dei sistemi giuridici europei per la tutela dei diritti individuali. E, come sempre, emergerebbe evolutivamente il sistema migliore, che verrebbe probabilmente “copiato” dagli altri Stati nel corso del tempo. Per arrivare a proporre e ad approvare un articolo di questo tipo bisogna però avere fede nella concorrenza in ogni campo e non invece auspicare di arrivare in sede europea a una deleteria e pericolosa armonizzazione imposta dall’alto. Bisogna cioè condividere con l’autore la fede nella libertà e fare proprie le parole di Barry Goldwater (candidato repubblicano sconfitto alle presidenziali del 1964) con cui si apre il libro: “L’estremismo in difesa della libertà non è un vizio. La moderazione nella ricerca della giustizia non è una virtù”.

Non basta quindi riformare la Costituzione ma, per usare le parole di Di Muccio, essa sarebbe completamente da riscrivere con l’inchiostro della libertà. Insomma, altro che “la Costituzione più bella del mondo”.

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