Per un’apologia del libero pensiero: il dissenso dall’estremismo vegano

lunedì 9 ottobre abbiamo presentato, nella 46esima serata di Lodi Liberale, il libro di Giuseppe Cruciani “I fasciovegani” insieme all’autore (giornalista e conduttore radiofonico) e a Luciano Capone (giornalista). Non si tratta di un volume sulle più recenti inclinazioni alimentari ma, piuttosto, come recita il sottotitolo, di un libro sulla libertà che ognuno di noi dovrebbe poter esercitare nella scelta della propria dieta. Inoltre, è anche un contributo critico verso chi tenta quotidianamente e a tutti i livelli di negare questo nostro diritto, in nome di argomentazioni il cui fondamento va attentamente considerato. L’agile volumetto, dunque, è la discesa di alcuni principi nel campo della realtà, è l’applicazione delle norme che innervano la sfera della libertà individuale a un settore importante del vivere civile. Al netto della nomea di provocatore interessato che accompagna l’autore, il contributo presentato si offre anche come spunto per una riflessione amara sulle derive dell’intolleranza e del fanatismo.

Le molte suggestioni suggerite nel libro possono sintetizzarsi brevemente secondo un semplice percorso: è incontestabile e riconosciuta in ogni società che voglia dirsi libera e democratica la facoltà di scegliere per sé; nelle scelte che possono essere compiute vi è, ovviamente, anche la legittima facoltà di scegliere cosa, quanto, quando e come mangiare. Negare questa facoltà significa semplicemente rinnegare un diritto universale. Sconfessarne l’applicazione, oppure tendere a restringerla oppure condizionarla significa compiere un passo nella direzione dello Stato etico ed aprire il campo a conseguenze davvero pericolose per la libertà di tutti.

La narrazione si snoda attraverso un’alternanza di tematiche generali e di richiami sia all’esperienza (e alle battaglie) dell’autore che all’esposizione delle posizioni del campo avverso, con una messe di particolari, dettagli, teorie e dichiarazioni che ci forniscono chiaramente il senso di una guerra in atto.

Potrebbe risultare facile ridurre l’intera questione a uno scontro tra opposte visioni o differenti modi di affrontare un argomento centrale della nostra vita come la nutrizione, ma non si farebbe giustizia del vero e profondo significato che si cela dietro questo conflitto e che Cruciani più volte cerca di far intendere. Non è una diatriba sul contenuto della dieta umana, è piuttosto il fronteggiarsi di due diverse modalità di intendere l’individuo e il suo posto nel mondo. Da una parte, una teoria complessa che, pur nelle sue molteplici sfaccettature e con tutte le sue possibili argomentazioni, tende alla deresponsabilizzazione, alla massificazione acritica, alla negazione della dimensione personale (stiamo parlando, nell’esposizione compiuta dall’autore, dell’ideologia vegana). Dall’altra, il tentativo di ricordare che non si può derogare la facoltà di scelta e che deve essere lasciata a ciascuno la possibilità di decidere cosa ingerire per il proprio sostentamento.

A ben vedere, tutta questa vicenda indica, ancora una volta, il carattere paradossale che talora sembra emergere dalle società complesse postmoderne, ossia il ribaltamento dei valori e dei diritti operato da gruppi che si pongono come superiori ad altri e, in virtù di questa supposta superiorità, si arrogano la pretesa di scegliere per tutti, anche per i dissenzienti. È indubitabile che non tutto l’universo vegano abbia questa volontà, ma è indicativo – e dovrebbe costituire fonte di riflessione – che alcuni settori estremistici la possiedano in sommo grado.

Talvolta ci si chiede, retoricamente e sapendo che non si potrà ottenere una risposta, come mai le molte lezioni della storia, finanche della storia recente, non riescano a costituire un ancoraggio per non ripetere più errori che il passato ha dimostrato come deleteri.

Commenta l'articolo

commenti