Lunedì 3 settembre abbiamo presentato il libro di Elsa Fornero “Chi ha paura delle riforme?” insieme all’autrice (Professoressa di Economia Politica presso l’Università degli Studi di Torino) e a Giuliano Cazzola (Ex Docente di Diritto del Lavoro presso l’Università eCampus). La professoressa Fornero, ex Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del governo Monti, afferma di essersi cimentata nella stesura del volume con l’intenzione di motivare il senso delle sue riforme e fornire il proprio punto di vista relativamente alla situazione politica attuale, caratterizzata da una coalizione al governo che concorda sulla necessità di abolire la riforma pensionistica.
Nel merito, l’autrice invita a non cadere in illusioni, luoghi comuni e presunte verità (come recita il sottotitolo) sul tema delle pensioni, per affrontare invece l’intera questione da un punto di vista scientifico e documentato. Senza cedere ai populismi, è necessario prendere di petto la necessità, anche in un paese piuttosto refrattario come l’Italia, di operare quelle riforme che consentano alla nazione di mantenersi al passo dei suoi competitor nello scacchiere europeo e mondiale. La situazione di pesante crisi in cui versa il paese implica interventi strutturali che permettano una strategia di rientro di credibilità e di contenimento della spesa. Di fronte a queste necessità, i governi precedenti a quello presieduto da Monti non seppero reagire e lo scomodo ruolo dovette essere assunto da un esecutivo tecnico. Tale governo, con l’appoggio esterno delle maggiori forze politiche, dovette farsi carico di scongiurare il pericolo di un default dei conti pubblici, assumendo scelte impopolari, ma necessarie, evitando al paese una deriva dagli esiti imprevedibili. In particolare, l’allora ministro Fornero che assunse un dicastero decisivo, non esitò a proporre e a far approvare, a suo nome, un complesso di misure volte alla revisione della spesa pubblica. Va precisato che non furono solo le contingenze economiche e le emergenze finanziarie del momento a suggerire queste manovre, ma la necessità di una riforma del settore pensionistico, in particolare, che tenesse conto di tutti gli aspetti strutturali di un sistema ormai insostenibile.
Il libro tratta tematiche anche tecniche ma, per facilitarne la fruizione, non manca di fornire tutta una serie di nozioni propedeutiche, quali il concetto di rischio, sicurezza, consumo, flessibilità, aspettativa di vita, pensione, patrimonio e alla trattazione di esse rimandiamo sicuramente per avere un quadro d’insieme di una problematica complessa e articolata. Secondo l’autrice, lo Stato deve ricoprire un ruolo fondamentale nel sistema pensionistico poiché il rischio condiviso socialmente diviene più accettabile e, sebbene non si possa mai parlare di schemi perfetti per qualsiasi situazioni, né di pensioni al riparo da ogni rischio (sistemico, finanziario), secondo la Fornero la copertura offerta dal welfare statale offre più garanzie di un sistema privato.
Il libro è pervaso, oltre che da analisi specialistiche, anche da una serie di considerazioni frutto della stagione di governo dell’autrice, considerazioni che toccano anche i delicati campi della sostenibilità economica di ogni riforma, della necessità di un livello di educazione finanziaria di base per tutti, di un’informazione che sia obiettiva e oggettiva. Come è lecito attendersi, le riforme previdenziali e del lavoro vengono difese a spada tratta e anzi, ne vengono esaltati i punti di forza (sostenibilità finanziaria, rispetto del patto intergenerazionale, mantenimento del livello dei benefici), pur non nascondendo le difficoltà ancora evidenti: fra tutte, la permanenza di alcuni privilegi, un rischio di pensioni troppo basse per i più giovani, una inadeguata trasparenza, un’ancora scarsa conoscenza, un diffuso risentimento sociale.
La parte più autenticamente liberale del libro è lo sconcerto che esprime l’autrice di fronte alla situazione finanziaria e redistributiva risultante dal sistema retributivo italiano, per cui il passaggio a un sistema contributivo è senz’altro d’obbligo. Oltre a ciò, vanno combattute quelle sacche di resistenza al cambiamento che ancora permangono in Italia, forti di alcuni gruppi di interesse ben radicati: la difesa di alcuni privilegi, la totale noncuranza per le coperture finanziarie, la demagogia di talune posizioni e la volontà di esasperare il clima sociale sono solo alcune fra le componenti che, secondo l’autrice, non consentono di affrontare con serietà un settore verso cui ogni italiano si sente, giustamente, coinvolto.
Al netto di una riforma compiuta di necessità, con un percorso accidentato e sicuramente imperfetto, in condizioni oggettivamente difficili e in tempi ristrettissimi, le linee fondanti del lavoro compiuto sono sicuramente la base di un buon lavoro, da mantenere nelle linee essenziali e da non stravolgere. Ed è questo uno dei tanti motivi per leggere questo interessante e quanto mai attuale volume.