Il riarmo ci riguarda da vicino

L’autore offre una gigantesco mosaico, dove ha incastonato tessera dopo tessera un’immensa area geo / politico / militare. Lo scopo di affascinare il lettore viene, tuttavia, parzialmente rallentato dalla messe di dettagli che spaziano in oltre un quarto di secolo, di intrecci politico / militari complessi e inestricabili. L’autore sfoggia dimestichezza con scenari che al lettore richiedono concentrazione e analisi non facili nel corso della metabolizzazione del libro.

Insomma: c’è il concreto rischio di perdersi tra le  vicende di Lehman Brothers, Gheddafi, la Primavera Araba, Qatargate, la NATO prima e dopo, la Guerra Fredda, i PIL di tutto il mondo, missili balistici sparsi per il mondo, F16, F35, il ritiro dall’Afghanistan, cryptovalute, Elon Musk, Kim Jong-Un, blockchain, “big data”, la macchina di Turing, virus informatici, Mahsa Amini, Intelligenza Artificiale, il Chelsea di Abramovich, il bisht a Leo Messi, Alibaba di Jack Ma, Tik-Tok, il muro di Berlino, De Gasperi, e questa ricchezza di dettagli riflette la multiforme vastità del caleidoscopio che ritroviamo su tutti gli scacchieri. L’opera va dunque vista come un contributo alla conoscenza di molti scenari presenti nel globo e come essi presentino problematiche ed interconnessioni.

L’autore sottolinea quella che ritiene un’endemica mancanza di un esercito “europeo”; testualmente: “i Paesi europei non arrivano nemmeno al 10% delle capacità militari di Washington, un dato che può essere spiegato attraverso due fattori principali: frammentazione e mancanza di cooperazione”. Pesa il fatto che l’Europa è fatta di Nazioni che non molti decenni fa erano in guerra tra loro, sia in due conflitti mondiali che nella “guerra fredda” (meno cruenta ma non all’acqua di rose). In Serbia (in casa nostra), c’è voluta l’aviazione americana per avere la massa critica per venirne a capo.

L’autore osserva anche che l’Europa non fallisce da sola, ma in compagnia con gli USA, nella tragica storia della Libia e di Gheddafi. L’Italia cerca, poi, di limitare i danni delle polemiche ideologiche. L’Europa non ha un esercito, in quanto se lo avesse genererebbe conflitti politici su chi e quando e dove e come sia incaricato di produrre armamenti, col rischio di mettere in cantiere decine di varianti di carro armato, mentre gli USA ne hanno di un solo tipo, facile da condurre da parte di chiunque. La strada verso la conclusione è impervia; testualmente scrive Arditti: “Scrive Boris Johnson sul Wall Street Journal il 9 dicembre 2022: “Mr. Putin sa che non può usare armi nucleari o altre armi di distruzione di massa. Conosce le conseguenze. La verità̀ è che lui teme l’escalation.

Non è stata una minaccia della Nato a “provocarlo” a invadere. Sono stati decenni di stanchezza occidentale e irresolutezza sullo status dell’Ucraina che hanno indotto il bullo a commettere il suo errore. L’Occidente ha espiato questo fallimento con una straordinaria dimostrazione di coerenza e unità da febbraio. Dobbiamo essere più forti e audaci”.

Quanto esposto è di una complessità talmente intricata da sollevare non pochi problemi di analisi, anche in funzione della sua vastità. . Dice l’autore: “Il compito delle classi dirigenti europee e, più in generale, di stampo democratico è dunque tanto semplice quanto terribile. Si tratta di prendere atto di cosa c’è intorno a noi e di farlo per tempo, non quando è troppo tardi”.

La citazione finale del Machiavelli è emblematica: “Qualunque volta è tolto agli uomini il combattere per necessità, combattono per ambizione”.

Commenta l'articolo

commenti