David Hume, una mente libera

Lunedì 19 giugno, in occasione delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale e libertario, abbiamo presentato “Libertà e moderazione”, una raccolta di scritti politici ed economici di David Hume. Erano con noi Spartaco Pupo, professore di Storia delle dottrine politiche presso l’Università della Calabria, Alessandro Della Casa, assegnista di ricerca presso l’Università della Tuscia e Corrado Ocone, filosofo. David Hume rappresenta un autore la cui vastità non si pretende, in queste necessariamente sintetiche note, di esaurire. Egli rappresenta, infatti, uno di quei pensatori che, capaci di occuparsi di molti ambiti e dotati di una erudizione estremamente profonda unita ad un’originalità incontestabile, non può che essere solo superficialmente affrontato, per intuirne se non larvatamente l’importanza e le conclusioni riguardo chi lo ha preceduto oltre che il complesso contesto culturale che ha condiviso.

Hume, innanzitutto, è un rappresentante imprescindibile dell’illuminismo scozzese, una variante diversa e per certi versi antitetica rispetto a quella continentale, francese in particolare. In questa edizione, viene presentata una selezione dei suoi scritti politici ed economici, originariamente pubblicati tra 1741 e 1742, dopo lo scarso successo ottenuto con il più ambizioso ed impegnativo Trattato sulla natura umana del 1740. Ora, questi componimenti d’occasione, rappresentano, sotto alcuni aspetti, il riuscito tentativo di calare le intuizioni etico-morali contenute nel “Trattato” in scritti densi, ma accessibili e, soprattutto, inseriti nel vivo del dibattito intellettuale, politico ed economico di quegli anni.

Il risultato fu che il successo arrise al suo Autore, rendendolo noto, sebbene non certo amato.In essi, emerge il profilo di un uomo di cultura capace di mostrare invidiabili doti di equilibrio, lontananza dalle fazioni ed estraneità alla piaggeria ed al servilismo. Queste doti, che tanto ammiriamo, ottennero peraltro, in quegli anni, forti critiche, proprio a motivo del fatto che Hume non volle mai sottostare a compromessi o deroghe dalle sue posizioni, spesso decisamente in contrasto sia con l’establishment accademico che con quello religioso della Scozia  della prima metà del XVIII secolo. Leggendo questi articoli, l’impressione immediata e valevole per ciascuno di essi è l’acume con il quale vengono pòrti i contenuti, uniti alla forma ammirevole, non esente da ironia e spirito caustico, di cui sono intessuti.

Leggere questo Hume e addentrarsi nelle riflessioni da lui compiute intorno alle tematiche che, al suo tempo, egli riteneva essere meritevoli di attenzione è un esercizio oltre che profittevole non certo “minore”. A tal proposito, anche in questa sezione si ravvisa la medesima caratura, lo stesso spessore teorico ed espositivo, la medesima qualità espressiva e logica che contraddistinguono le grandi opere sia filosofiche che storiche, oltre alle quattro, celebri dissertazioni. In questa sede, verranno privilegiate solo alcune fra le linee che emergono da questi scritti, linee che concorrerebbero, da sole, a garantire a Hume un posto di notevole rilievo nella cultura moderna. Trattando della libertà, Hume, un autore che può configurarsi come un conservatore attento ad essa, ne delinea i tratti mediante una necessaria autonomia individuale, economica e religiosa, nella sicurezza conferita e assicurata alla proprietà privata e nella garanzia contro la tassazione arbitraria.

Le diverse componenti possono essere utilmente analizzate attraverso l’esposizione che ne fornisce Hume, ma cercheremo di privilegiare in particolare quella relativa alla libertà economica, che, ad avviso del pensatore scozzese, rappresenta uno dei fondamenti specifici ed irrinunciabili della modalità inglese di concepire il complesso sistema della libertà. Le sue opinioni economiche, i suoi punti di vista sulla centralità del commercio, sulla complementarietà con l’agricoltura, sul flusso monetario, sulla bilancia commerciale di importazioni ed esportazioni, sulla interrelazione tra arti, scienze e commercio, sull’importanza del libero mercato, della concorrenza, della comunicazione delle informazioni, sulla positività del lusso, sulla necessità che lo Stato sia quanto più possibile estraneo alla proprietà privata, sull’ostilità al protezionismo ne fanno un grande anticipatore delle posizioni di Adam Smith come pure uno dei più lucidi creatori del clima che fece da preludio ai primordi della Rivoluzione Industriale.

Come è noto, David Hume e Adam Smith erano amici, condividevano molte idee e sicuramente una stima reciproca, che portò il più giovane Smith ad assistere Hume durante l’agonia e la morte, avvenuta proprio in quel fatidico 1776, anno della pubblicazione della prima edizione della “Ricchezza delle nazioni”. E questa stima, che d’altro lato vide Hume fare il possibile per assicurare al più giovane Smith appoggi e contatti per la pubblicazione ed il successo delle sue opere, è anche testimoniata dalla ripresa, da parte di Smith, di molte linee portanti filosofiche, morali ed economiche, di Hume. Si pensi, in particolare, alla visione etico-morale humeana che vede l’uomo come bene-volente e simpatetico, non certo come un lupo per l’altro uomo, una lezione che lo Smith della “Teoria dei Sentimenti morali” del 1759 saprà far fruttare e costituirà il sostrato filosofico all’opera più nota ed influente del 1776. Molti sono gli aspetti che abbiamo tralasciato, consapevoli della grande profondità del pensiero humeano come pure dell’impossibilità di un elenco laconico quanto sterile. Crediamo che nulla valga tanto quanto l’esperienza incomparabile di accostare questi testi, che possono costituire una sicura guida ed un piacere estetico-letterario di grande valore.

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