Anders Chydenius : la libertà agli estremi confini dell’Europa

Lunedì 17 luglio scorso abbiamo presentato, nell’ambito delle serate dedicate ai classici del pensiero liberale e libertario, “La ricchezza della nazione” di Anders Chydenius. Erano con noi Paolo Luca Bernardini, professore di Storia moderna presso l’Università degli Studi dell’Insubria, Elisa Bianco, professore di Storia moderna presso l’Università degli Studi dell’Insubria e Matteo Salonia, professore di Storia europea ed internazionale presso l’Università degli Studi di Nottingham Ningbo.

Abbiamo voluto presentare questo, relativamente, denso pamphlet per mostrare, oltre agli indubbi meriti dell’opera, anche alcuni aspetti che talora, nella storia delle idee, possono presentarsi e che, nello specifico, conferiscono una serie di interessi aggiuntivi. Innanzitutto la presunta marginalità del contesto, quello della attuale Finlandia sottoposta, nel XVIII secolo, al Regno di Svezia, rispetto a quello dei più noti e centrali presenti nell’Europa continentale e nel Regno Unito. Inoltre, quello della singolarità della figura dell’Autore, un pastore protestante dalla multiforme formazione e dall’eccezionale capacità osservativa e di intuizione, capace di godere della stima dei suoi concittadini anche in virtù delle sue abilità diplomatiche, politiche, oratorie. Non tutti possono vantare come Anders Chydenius, infatti, un tale incontrastato favore, tanto più rilevante se si pensa che egli lo ottenne in relazione alle sue azioni presso il parlamento centrale in favore del libero commercio delle città della cerchia a lui vicina oltre che della causa da lui condotta in merito alla ridotta ingerenza del potere accentrato rispetto a quella presa dagli organi locali o comunque più vicini.

L’interesse di questo scritto, tuttavia, non si esaurisce nelle sue anomalie rispetto agli esempi cui il 1700 ci ha abituati. Questo scritto, infatti, è del 1765, pubblicato, dunque, ben undici anni prima della celeberrima – ed a ragione – “Ricchezza delle nazioni” di Adam Smith, e in esso si possono ravvisare tematiche, soluzioni e indirizzi presenti nel capolavoro smithiano. Questo senza che i due autori si conoscessero, almeno allo stato attuale di quanto si sa. Leggendo questo piccolo libro, e facendo i necessari distinguo di tempo e luogo, a volte si ha l’impressione di leggere un’opera di economia classica, con la sua fiducia nel libero mercato.

Se a questo aggiungiamo la sua condanna degli intralci legislativi che possono gravare sullo spirito di impresa, la sua critica pervasiva alle barriere protezionistiche, ai premi , ai privilegi statali, ad agevolazioni ed incentivi delle autorità, ossia a tutte quelle misure istituzionali che di fatto alterano il libero corso del mercato, otterremo una lettura dalle caratteristiche ben più orientata alla tutela della libertà economica personale di moltissime altre contemporanee e successive.

Tanto più che a Chydenius era ben chiara una verità oggettiva che nemmeno oggi è chiara a tutti (verrebbe da dire, anzi che non è chiara quasi a nessuno…), ossia che ogni governante ed ogni governo non possono possedere la conoscenza completa di ogni aspetto relativo al mercato ed alle azioni economiche per prevedere, programmare e intervenire con successo su un ambito sul quale, per le miriadi di interconnessioni di fatto infinite di cui è composto, un’autorità umana, necessariamente finita e fallibile, non ha completa contezza. Su questo aspetto, come si sa, ha insistito la Scuola Austriaca e Friedrich August von Hayek in particolare, ma è stato presentito, lungo il corso della storia, da molti osservatori acuti e critici intelligenti dell’azione eccessiva dello Stato.

E’ evidente che è a Montesquieu ed alla cultura economica fisiocratica che Chydenius ha potuto attingere, a Mirabeau, a Quesnay, a Turgot, ma Chydenius ha saputo andare oltre, polemizzando contro le misure protezionistiche e sostenendo la fecondità generale di un libero scambio attuato con pienezza. ed ha saputo sostenere l’eticità della libera concorrenza, perché la cifra dell’uomo, egli ne è profondamente convinto, è proprio la libertà.

La personalità di Anders Chydenius, ancorché lontana alle comuni conoscenze di noi europei, continentali o mediterranei, rischia di risultare ostica o difficile da intendere; ma quando si sarà compiuto uno sforzo che è agevole e non comporta i disagi che pregiudizialmente sembrerebbe porsi, il premio sarà molto superiore a quanto noi stessi ci aspetteremmo : conosceremo un uomo che fu il principale discepolo di Linneo e quindi un formidabile osservatore, oltre che della natura, anche della società, ci imbatteremo in una personalità affascinante, animata dal fervore religioso e dalla volontà di portare un benessere concreto, tangibile e visibile ai suoi connazionali. Il modo con il quale Chydenius tentò di portare a termine questo suo obiettivo fu la sua battaglia per un mercato libero nelle sue terre, per commerciare ed ottenere il miglioramento delle condizioni di tutti principalmente dagli sforzi di ciascuno su quella formidabile arena che è il libero mercato.

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