Adam Smith e l’etica del libero mercato

Lunedì 5 settembre ha avuto inizio la nuova stagione di Lodi Liberale. In occasione delle serata sui “Classici” del pensiero liberale e libertario, abbiamo presentato “Teoria dei sentimenti morali”, di Adam Smith.

Erano con noi Alessandro de Nicola, presidente della “Adam Smith Society”, Carlo Scognamiglio, Presidente emerito del Senato della Repubblica italiana e Adelino Zanini, professore di Storia del pensiero economico presso l’Università Politecnica delle Marche. Questo libro, uscito in prima edizione nel 1759, ebbe un grande successo di vendite quando ancora era vivente l’Autore (ricordiamo che Adam Smith nacque nel 1723 e morì nel 1790) e questo è tanto più notevole se si considera che si tratta di un’opera di filosofia morale, di etica, di riflessioni sull’antropologia e sul comportamento; un testo di non facile approccio, quindi, caratterizzato dall’eloquenza e dallo stile non proprio abbordabili di Smith; un testo che, però, mosse le corde dei suoi molti lettori, attraendone le attenzioni, i favori e l’interesse per molti anni, persino in presenza dell’altra grandeopera del suo Autore, ossia la celeberrima e rilevantissima “Indagine sopra la natura e le cause della ricchezza delle Nazioni” del 1776. E con ragione, sia detto subito. 

Promettiamo che è da rigettare come infondata ogni interpretazione preliminare dei due grandi contributi smithiani come antitetici o opposti nei fondamenti di partenza e nei punti di arrivo. Piuttosto, la “Teoria” e la “Ricchezza” devono essere viste come la grande riflessione di uno scienziato secondo gli angoli visuali (etico-morali, giuridici, filosofici, economici, istituzionali, politici) con i quali questo formidabile osservatore osservò la sua società. Una società in eccezionale trasformazione, nel passaggio verso la Rivoluzione Industriale e il nuovo mondo mercantile e finanziario di libero mercato. Smith non fu , come una vulgata errata ed ancora oggi in auge sostiene, un apostolo interessato e biecamente funzionale di un brutale ordine nascente, contraddistinto dal sopruso e dall’ingiustizia. Adam Smith fu, lo ribadiamo, un acutissimo scienziato sociale, capace di scrutare l’esperienza che gli si parava di fronte con una perspicacia simile a quella con la quale colui che egli annoverata sicuramente fra i suoi maestri, Isaac Newton, scruto’ i fenomeni e comprese le leggi della gravitazione universale. La “Teoria” è proprio questa osservazione dell’agire dell’uomo, del suo comportamento e della fondatezza del vivere associato. 
Nei profondi e talora impervi passaggi di questa analisi, Adam Smith trova il senso per il quale gli uomini trovano certamente una radice del loro essere su questo pianeta nella loro struttura interiore rivolta verso il prossimo, un tutte le manifestazioni che questa relazione comportava, ma anche nelle modalità con le quali i gruppi, gli individui insieme conferivano possibilità di esplicazione al singolo, all’uomo nella sua unità. È da questa reciproca influenza, mediante una serie di notevolissime applicazioni e attraverso un costante rapporto di mutuo riferimento, che il filosofo scozzese illustra tutta una fenomenologia che passa attraverso il senso di appropriatezza e la centralità del concetto di “simpatia”, per definire una teoria precisa delle passioni, il tentavo di comprensione di grandi tematiche come merito e demerito, come giustizia e beneficenza, sui giudizi, la condotta, i sentimenti, il senso del dovere, le regole, l’utilità,  la consuetudine. Ma anche la virtù, la prudenza, la felicità, la bellezza, il senso estetico.

La “Teoria dei sentimenti morali” tratta di tutto questo e molto altro ancora e coerentemente ha potuto presentarsi come il manuale etico che il suo Autore preparò in vista dell’ “Indagine”, così correlata e pur così distinta. Come due facce di una stessa medaglia, infatti, possono essere definite le due opere maggiori d Adam Smith, con la prima in ordine di uscita, la “Teoria”, appunto, che precede di diciassette anni l’apparizione della seconda, ma che ne è così connessa per il contesto analitico che generò entrambe. 

Si potrebbe dire che la “Teoria” sia il vademecum morale che ci aiuta a inquadrare la “Ricchezza”, con l’avvertenza, tuttavia, che un’affermazione come questa rischia di rappresentare una riduzione per la portata, il valore e la molteplicità di spunti presenti in essa. Farne, perciò, un’ancella è farle un torto. Ciò che questo testo ci può dare è la multiforme testimonianza di un pensatore dal talento smisurato nel conoscere i suoi simili e il suo tempo.

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