Il populismo si cura solo con democrazie funzionanti

Martedì 17 gennaio abbiamo presentato il libro di Lorenzo Castellani “Il potere vuoto” insieme all’autore (Ricercatore in Storia delle Istituzioni Politiche alla LUISS di Roma) e a Ferruccio de Bortoli. Il volume si prefigge di essere “un’arte del governo democratico”, ossia un programma che, con una metodologia riecheggiante il realismo pragmatico machiavelliano, individui delle ipotesi di uscita dalla crisi in cui si dibattono le democrazie liberali occidentali. Prima di fornire queste vie, condensate nelle conclusioni dell’agile ancorché denso saggio, vengono evidenziati gli stati delle cose, cioè vengono manifestate sia le criticità che le tendenze già in atto nelle forme democratiche di questo primo ventennio di XXI secolo.

Un convincimento che innerva le molti parti che compongono l’opera è l’opposizione a ogni visione universalistica della democrazia, ossia la critica alla tendenza che considera assolute e ovunque esportabili le forme e le istituzioni democratiche occidentali, connettendo ad esse e solo ad esse la precondizione per ogni successo economico e ogni eccellenza di risultati. La fattualità storica ha invece dimostrato e continua a dimostrare il contrario. Provare ad esportare, o peggio ancora impiantare a forza, la democrazia in contesti non preparati o non adeguati è stato un tragico fallimento del quale si deve essere coscienti. Inoltre, il mondo è pervaso dagli altrettanto indubitabili successi economici e finanziari di quelli che si possono chiamare i paesi del capitalismo autoritario: Singapore, Hong Kong, la Cina, la Russia, la Turchia.

La metodologia realistico-pragmatica si riverbera anche sull’approccio con cui viene illustrato tutto il complesso intreccio di problematiche che le democrazie liberali hanno dovuto affrontare in questo ultimo trentennio, a partire dall’affermarsi progressivo della globalizzazione. Allo stesso modo, dall’analisi di questa massa di difficoltà spesso irrisolte si è cercato di enucleare uno schema di superamento che tenga conto delle sfide della post-modernità e se ne serva con profitto piuttosto che convivervi in un rapporto di mutuo conflitto. Ciò che viene auspicata è un’azione incisiva sul potere, ossia un rafforzamento dell’esecutivo che, in senso esplicitamente maggioritario, segua la linea tendenziale della verticalizzazione del potere richiesta dalla crisi dei partiti e dal parallelo trionfo della leadership. Il tutto in un quadro di regole chiare, che sappiano gestire e regolamentare anche il finanziamento della politica e il lobbismo, ma soprattutto che semplifichino al massimo i livelli istituzionali, sopprimendo le ridondanze e gli sprechi.

Tuttavia il focus deve ruotare intorno alla garanzia assicurata per l’economia di mercato, oltre che all’estensione della concorrenza a tutti gli ambiti, compreso in primis quello pubblico. Senza timore di assumersi le proprie responsabilità, ma, al contempo, in un contesto di norme e obiettivi semplici e possibili, che tutelino governati e governanti. Devono essere assicurate delle effettive liberalizzazioni, piene e complete, senza vincoli o strade preordinate. Si deve rompere la logica del monopolio, sia esso pubblico o privato, per innescare finalmente un’attenzione esclusiva verso il contribuente e il consumatore. Di fronte alla crescente, e per certi versi inopinata, influenza di tecnocrati e giudici e al loro sempre più frequente sconfinamento, vanno ripensate e ridisegnate le mappe degli ambiti e dei confini, per evitare pericolose uscite dalla strada stessa della legge.

Le derive populiste in atto si curano solo con democrazie che funzionino, che evitino l’accorpamento amministrativo centralizzatore e che trasformino la burocrazia in una risorsa sotto l’occhio e sotto il giudizio del pubblico, al di là di posizioni inamovibili e al di là della critica.

La democrazia liberale del XXI secolo deve infine poter vincere la sua incapacità di gestire le situazioni di conflitto e deve, se necessario, mostrarsi pronta per la guerra per la propria sopravvivenza almeno tanto quanto lo sono altre entità, molto ben decise ad attentare alle sue prerogative a qualsiasi costo.

Rimandiamo, per una rassegna più esauriente del dettaglio delle argomentazioni, al piacere della lettura completa. Essa si rivelerà, indubbiamente, uno strumento conforme a fornire molte linee direttive per questa confusa ma interessante fase politica.

Crediamo sia utile concludere con una citazione del libro, che ne condensa lo spirito e insieme la tesi: “[…] la democrazia va salvata continuamente da se stessa perché il rischio che il popolo sia utilizzato contro se stesso risiede nella natura della politica democratica”.

Commenta l'articolo

commenti