In occasione del nostro centottesimo evento abbiamo presentato il quarto classico del pensiero liberale di questa stagione, ossia “Conquista e usurpazione” di Benjamin Constant, insieme a Luigi Marco Bassani (Professore di Storia delle Dottrine Politiche all’Università degli Studi di Milano), Stefano De Luca (Professore di Storia delle Dottrine Politiche all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli) e Paolo Luca Bernardini (Professore di Storia Moderna all’Università degli Studi dell’Insubria).
Dopo Bruno Leoni, Alexis De Tocqueville e Milton Friedman, questa volta il classico che abbiamo scelto è un pamphlet di grande rilevanza di un autore che non gode, immeritatamente, della notorietà e della considerazione che ampiamente meriterebbe. Benjamin Constant, oltre ad essere stato un formidabile scrittore, un autore di grandi romanzi e pièce teatrali al centro dello sviluppo della letteratura francese, è stato anche un grande polemista, un uomo politico impegnato e un filosofo politico da tenere presente nello sviluppo della scienza politica in generale e in quella più specificamente liberale.
Benjamin Constant visse in Francia nella stagione rivoluzionaria e la visse da protagonista. Egli seppe attraversare, tra esili, responsabilità istituzionali, illusioni e delusioni, tutto l’intricato periodo che porterà all’ascesa, all’apogeo e alla caduta di Napoleone Bonaparte. Ebbene, “Conquista e usurpazione” ha al proprio centro proprio la critica spietata, dura e acutissima di Bonaparte e di quanto volle incarnare per il continente, non solo per la Francia. Una critica che viene dall’interno, da un uomo di ingegno e di lettere che non solo lo conobbe, ma che, anche se solo per un breve periodo, si illuse di poter collaborare con lui per poterne piegare la parabola in un senso perlomeno non liberticida. Un’illusione, per l’appunto, che Constant demolisce in questo scritto che ha uno dei suoi grandi punti di forza nell’aver trattato Napoleone in un quadro più ampio, relegando di fatto questo despota all’interno di un’interpretazione dell’andamento storico, politico, ideologico, economico e sociale ben più approfondita rispetto alla vicenda di un tiranno sanguinario. Questa interpretazione potrebbe essere sintetizzata in alcuni punti salienti: secondo il pensatore nato a Losanna, il tempo in cui egli stesso si trova a vivere ha decretato l’affermazione dello spirito del commercio, degli scambi, della pace e il tramonto dello spirito guerresco, espansionistico, brutale, lo spirito, cioè, ispirato alle battaglie, alla violenza, in una parola alla conquista. Di quest’ultimo spirito, Napoleone sarebbe l’ultimo frutto, espressione tarda di un anacronismo irrevocabile, fuori dal tempo e destinato, quindi, a una sconfitta certa. La storia e le nazioni hanno scelto il commercio e hanno rifiutato la guerra, principalmente per motivi utilitaristici. Il tempo che verrà dopo quest’opera sarà il tempo del mercato, delle categorie economiche e quindi il tempo della pace, necessaria per consentire il libero svilupparsi degli scambi. Constant relega Bonaparte e tutti i dittatori tra le anticaglie del tempo passato, nella galleria di coloro che non hanno saputo capire il loro tempo e i loro compatrioti. Napoleone è un uomo di un’altra età, un esempio di incomprensione delle direttive entro le quali si muove la società europea, che vuole libertà e pace. Constant dedica tutta la prima parte del pamphlet a mostrare queste tesi, affidando inoltre alla sua efficacissima penna il catalogo delle conseguenze negative a cui condurrebbe una ripresa di una visione ormai non più adeguata al senso della storia. Nella seconda parte Constant analizza il concetto di “usurpazione” e ne inferisce che ci troviamo di fronte a un concetto opposto a quello di “monarchia”, come pure a quello di “potere legittimo”. L’usurpatore è una personalità nuova, senza storia, che si arroga pretese e prerogative del potere dinastico o legittimo senza averne il titolo. Come nel caso dello spirito di conquista, anche l’usurpazione è un anacronismo, destinato a perdere la partita. È Napoleone l’incarnazione di questo doppio anacronismo, ma per Constant ogni dittatura, ogni usurpazione, ogni violenza nei confronti delle volontà degli individui ormai affrancati da secoli di subordinazioni è destinata, presto o tardi, a connaturarsi come anacronistica e, perciò, a svanire. Constant ha delineato e intuito che il futuro sarebbe stato appannaggio degli scambi, del commercio, dell’individuo, della proprietà e della progressiva affermazione delle libertà. Tutto questo, e molto altro, rendono quest’opera un classico, testimonianza della non facile uscita dell’Europa dalla temperie rivoluzionaria, ma anche viatico per un’epoca improntata a una filosofia politica tanto fruttuosa e benefica per l’umanità.