Lunedì 6 febbraio abbiamo presentato, nell’ambito della rassegna dedicata ai classici del pensiero liberale e libertario, “Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia”, di Edmund Burke. Erano con noi Marco Gervasoni, professore di Storia contemporanea presso l’Università del Molise, Daniele Francesconi, professore di Storia del pensiero politico presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Giacomo Maria Arrigo, assegnista di ricerca in Filosofia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Il libro, che si presenta come un pamphlet di altissimo livello, ottenne, al momento dell’uscita, un formidabile successo, anche in virtù della sua caratteristica di instant book scritto e pubblicato a ridosso degli avvenimenti del 1789 in Francia.
La data di uscita, infatti, è precisamente il 1790, ossia appena un anno dopo. Si può dire, senza timore di esagerare, che esso, nella sua dimensione di critica radicale, di reazione profonda e di opposizione su tutta la linea agli avvenimenti, ai significati ed alle conseguenze di tutto il complesso di eventi del 1789, ha rappresentato fin da subito il manifesto del pensiero anti-rivoluzionario. Come pure, per scivolamento inevitabile, si è configurato fin da subito come quello che viene ritenuto come uno dei testi alla base della prima riflessione conservatrice in Europa.
E’ un testo, pertanto, che si è legato agli avvenimenti che ha criticato dalle fondamenta, ma è anche un testo che ha condizionato buona parte della storiografia e delle interpretazioni sull’evento. Se, infatti, la Rivoluzione Francese ha assunto quell’aura di “rivoluzionarietà” (sia consentita la ripetizione per meglio cercare di far comprendere come l’insieme degli avvenimenti che hanno preceduto e seguito questo complesso di fatti epocali abbia rivestito un ruolo tanto nodale come snodo fra la storia moderna e quella contemporanea) lo si dovette anche allo scritto di Edmund Burke contro di essa.
Tanto più che l’opera, proprio nei mesi immediatamente susseguenti,, contraddistinti da un coro pressoché unanime di lodi e di favori, ha il coraggio di porsi “di traverso”, in un’opposizione che è un programma articolato per la salvaguardia di una civiltà ritenuta in pericolo. In queste brevi note, ci limiteremo ad un’analisi molto sommaria del merito e del contenuto del denso quanto influente componimento ed eviteremo di evocare altre sezioni, pure interessantissime, della cospicua quanto stimolante produzione del nostro autore.
Basti sapere che le “Riflessioni” non rappresentano certo una parte slegata ed incongrua rispetto al pensiero ed alle idee precedenti e successive di Burke, quanto un inevitabile coronamento, per certi versi, ed una sicura continuità, per altri. Leggere Burke in genere e leggere le “Réflexions” in particolare, è di per sé un’esperienza linguistica, stilistica e contenutistica di immenso valore. La critica alla Rivoluzione Francese non poteva che essere prodotta che da un raffinato difensore della Costituzione e delle istituzioni tradizionali della libertà britannica oltre che da un radicale avversario dell’Illuminismo e del giacobinismo quale Edmund Burke.
Lo scritto riporta anche una serie di “profezie” sui crimini e le scelleratezze di cui si macchierà la deriva rivoluzionaria, con il regicidio, il Terrore, il Direttorio, il consolato e l’Impero, vale a dire l’approdo dittatoriale dell’intera parabola. Ed, inoltre, esso si aggancia, per la sua comprensione, al background filosofico ed intellettuale che ha preceduto gli avvenimenti, ossia il complesso contesto illuminista europeo. L’analisi compiuta da Burke, per usare un’espressione icastica, ha configurato definitivamente la Rivoluzione nella sua portata rivoluzionaria, come eversione, come spartiacque ed antagonismo fra civiltà contrapposte.
Il letterato e deputato di origine irlandese ha contribuito a definire in maniera decisiva uno dei grandi momenti della storia contemporanea, il luogo culturale definibile come blocco di proto-progressismo razionalista ed anti religioso da cui sono derivate le tendenze future e tutti gli sviluppi politici ed istituzionali che caratterizzeranno, in maniera preponderante, i secoli XIX e XX. L’occhio con il quale Burke giudica la Rivoluzione è un occhio spietato e disincantato, alieno dalla indulgenza o da vaghe speranze utopistiche.
L’Autore delle “Reflections” mette in guardia l’Europa ed il mondo, in quanto vede nel ribollire di istanze rivoluzionari prima di tutto un pericolo per la civiltà e per il tessuto interiore dell’Occidente, almeno per come fino ad allora erano comunemente recepiti. E se la cesura con il mondo anglosassone ed il divario con la grande eredità delle cosiddette “libertà inglesi” non potrebbe che essere amplissimo, è all’Europa continentale ed alle problematiche della fine di un’epoca che Burke ritiene decisivo porre attenzione.
Nel libro si trovano idee originalissime e, insieme, folgoranti intuizioni espresse in pensieri dalla forma limpida e chiara, a testimonianza di un nitore nelle riflessioni e di una capacità di analisi impareggiabile.
Lasciamo al lettore l’indubbio piacere di affrontare una lettura dal valore alto, ma, al contempo, gli sia di intimo stimolo la sorpresa di scoprire non solo una diversa visione sui fatti rivoluzionari, ma anche una voce limpida sulle difficoltà e sui rimedi per la contemporaneità. Un occhio che non dimentica i valori della tradizione, il senso delle lezioni del passato capaci di farci da trampolino per l’avvenire. Ciò che si originò da quel fatidico 1789 costituisce, per Edmund Burke, una ferita aperta nell’Europa che è necessario medicare.
