Lunedì 29 maggio, in occasione degli eventi dedicati agli statisti liberali che hanno segnato la loro epoca e la storia politica del loro paese, abbiamo presentato “Lo scrittoio del Presidente”, di Luigi Einaudi. Erano con noi Domenico Siniscalco, presidente della Fondazione Einaudi di Torino, Paolo Soddu, professore di Storia contemporanea presso l’Università di Torino e Giulio Salerno, professore di Istituzioni di diritto pubblico presso l’Università degli Studi di Macerata.
Questo corposo scritto rappresenta il punto di vista dell’Autore durante gli anni del settennato come Presidente della Repubblica italiana (1948-1956), sulla maggior parte dei più importanti temi che hanno pervaso la vita politica, parlamentare e pubblica della giovane repubblica. E’ opportuno dire che, pur essendo nominalmente il secondo Presidente dopo Luigi De Nicola, Einaudi, di fatto e di diritto, può essere considerato il primo, e questo per una molteplicità di motivi.
Il più importante è che Einaudi è il primo ad essere espressione di una situazione costituzionale, legislativa e parlamentare finalmente definita, dopo il Referendum tra Monarchia e Repubblica, dopo la fase costituente e dopo le prime elezioni politiche repubblicane. Dopo tutto questo, e dopo i governi che gestirono le emergenze immediatamente successive al secondo conflitto mondiale, le prime fasi della ricostruzione, le alleanze nello scacchiere internazionale e il complesso di decisioni necessarie per avviare il paese sulla strada non facile della democrazia rappresentativa, governi e istituzioni che videro in Luigi Einaudi un assoluto protagonista, in virtù del suo prestigio e della sua riconosciuta capacità, il Parlamento, riunito nei suoi due rami, elegge proprio questo grande economista, apprezzato da tutti gli schieramenti, come Presidente.
Un anziano professore, già stimato editorialista e corsivista, un oppositore del regime fascista costretto all’esilio in Svizzera, un famoso liberale classico che, al termine della guerra, presta se stesso e il suo carisma alle fasi che hanno posto le fondamenta economiche ed istituzionali che ci caratterizzeranno per lungo tempo. Un uomo dalla dirittura morale e dalla competenza in tanti settori da costituirne una risorsa basilare per il nostro Paese, che, non è avventato dirlo, se seppe vivere una fase eroica e formidabile con gli anni del cosiddetto “Boom economico”, ciò lo dovette in larga parte anche all’opera di quest’uomo alieno dai fronzoli e dalle esteriorità dei palazzi politici.
Luigi Einaudi fu anche vicepresidente del Consiglio, ministro del Bilancio e Governatore della Banca d’Italia, ed in tutti gli ambiti in cui si trovò ad operare, il suo influsso fu determinante per spingere l’Italia fuori dall’emergenza e dalle macerie nelle strade per avviare un percorso di crescita, di libero mercato, di rigore, di attenzione alla spesa pubblica, di sana gestione dei conti pubblici. Un percorso che porterà la nostra valuta ad essere tra le più competitive al mondo, che ci permetterà di sedere nel novero delle grandi potenze industriali, che avvierà una stagione di benessere mai tanto ampio e profondo, che consentirà di far uscire larghe zone ed intere regioni da situazioni di arretratezza ataviche.
Non furono i suoi unici meriti e, certamente, non furono meriti ascrivibili unicamente a Luigi Einaudi, ma è certo che le sue decisioni e il complesso di elementi che lo connotano anche nell’immaginario collettivo (il Presidente galantuomo, dal portamento e dall’eleganza ottocenteschi, capace, tuttavia, di comprendere e risolvere problematiche di alto profilo e anche di più umile portata) ce lo hanno consegnato come un protagonista indiscutibile di quella stagione eroica che fu l’alba della Repubblica italiana.
E se altri grandi personaggi sono stati altrettanto importanti in questa costruzione delle fondamenta, basti pensare ad Alcide de Gasperi, ciò non di meno Luigi Einaudi fu colui che seppe approntare i contesti e gli scenari economici e di mercato che trassero l’Italia dai disastri di una Guerra Mondiale perduta.
Luigi Einaudi fu anche il Presidente della Repubblica che seppe dare a questa carica le connotazioni e le impronte che la dirigeranno in seguito, confermandosi anche sotto questo rispetto un formidabile organizzatore oltre che una persona capace di capire alla perfezione ambiti e confini del proprio ruolo, che seppe svolgere con la chiarezza di intenti e con la prontezza delle decisioni di cui il Paese aveva bisogno.
Sono molti gli argomenti che ancora oggi mantengono inalterata la loro carica di interesse e che videro gli interventi del Presidente Einaudi come una bussola con la quale orientare un cammino non ancora rischiarato : dagli scenari che precedono la Guerra fredda alle problematiche del mantenimento della pace mondiale, dalla prospettiva di una federazione europea ai tradizionali cavalli di battaglia liberoscambisti, dalle questioni fiscali e impositive ai monopoli, dalle tensioni sociali alle tematiche riguardanti la proprietà.
Potremmo proseguire, indicando uno a caso dei molti punti di cui è composta la necessariamente limitata compilazione. Vogliamo concentrare la nostra attenzione su poche, commoventi pagine, che, a parere di chi scrive, rivelano molto anche della sensibilità di questo statista tanto decisivo per il nostro Paese quanto dimenticato : la questione intorno ad un bosco secolare, sul quale il Presidente Einaudi chiede una tutela, una protezione, in ragione della preziosità ambientale delle essenze in esso contenute e del delicato ecosistema messo a repentaglio da acclarate compravendite di legnami a fini poco chiari.
Ecco, un Presidente della Repubblica che si preoccupa del mantenimento di alberi ultracentenari non è solo il segnale di una sensibilità verso ciò che di grande ha l’Italia, ma un monito fornito a chi non è in grado di darsi dei limiti.